I cristiani e le persone omosessuali. Mettiamo il dito nella piaga
Riflessioni di José Luis Cortés Salinas (Madrid) tratte da ciberiglesia.net del 16 dicembre 2004, liberamente tradotte da Franco Morelli
“Tus amigos no te olvidan” (PPC editorial, Madrid 2004) è, tra i libri editi nella collana de la Biblioteca Cortés (PPC), una proposta di riflessione sulla Chiesa (o meglio sulla comunità di Gesù) analizzata a partire dagli Atti degli Apostoli.
Una comunità cristiana che è cresciuta proprio perché non si è chiusa in sé stessa, ma si è aperta comprendendo, grazie al dono dello Spirito, che c’è molta ricchezza e molti dei doni di Dio in quelli che sono diversi, in quelli che la pensano diversamente (samaritani, eterodossi), in quelli che sentono in modo diverso (l’eunuco, gli omosessuali), nelle donne (robusta colonna della nuova comunità), nei non religiosi (Cornelio, gli atei)… E con tutti costoro, senza esclusioni, che si realizza il Regno.
Riportiamo un brano tratto da questo libro, intitolato “Lettera a Teofilo”, che chiude il capitolo dedicato episodio dell’eunuco che incontra Filippo (Atti 8, vv.26-40) mentre andava da Gerusalemme a Gaza (un tema che la gerarchia cattolica ha contribuito a rendere attuale).
Coloro che sentono in modo diverso*
Ebbene, Teofilo, credo che con la questione degli eunuchi tu abbiamo messo il dito nella piaga, siamo giunti ad un punto sensibile, per quello che riguarda i destinatari del messaggio di Gesù. Perché sembra che se oggigiorno ci sia qualcuno che viene escluso dalla propria comunità della “buona notizia” (la comunità del vangelo), qualcuno “impuro” per antonomasia, si tratta proprio di loro: quelli e quelle che non si sentono come la media statistica, che non si innamorano come la media, che non praticano il sesso secondo le statistiche.
Che io sappia, nella storia del cristianesimo non ci fu mai tanto interesse, né si sono impiegate tante armi contro una gruppo di persone sulla base esclusiva dei suoi sentimenti peculiari.
Mi pesa scrivere intorno a questo tema, non perché lo consideri scabroso, ma perché sono incapace di comprendere gli argomenti dell’altra sponda, quella degli accusatori.
Mi risulta difficile capire come qualcuno possa negare la realtà, l’esistenza di diverse sensibilità, di inclinazioni sessuali diverse, dal momento che non si tratta di opinioni, ma di un fatto, forse minoritario (davvero minoritario?), ma reale tanto quanta l’altra realtà, quella della maggioranza. Mi risulta difficile capire perché ci sia gente che si mette a parlare del giorno e della notte, dimenticando l’imbrunire, la penombra, il calar delle tenebre, la notte profonda, l’albeggiare, l’aurora, il primo raggio di sole, il rischiararsi del cielo, il mattino, la metà mattina, il mezzogiorno, il pomeriggio… Il fiore è maschile in italiano, in francese è maschile la sera, in tedesco la luna è maschile… E’ così e nessuno si scandalizza per questo, per quanto ci sembri strano andare contro le abitudini “di tutta la (nostra) vita”. E’ così, è semplicemente così.
Si dice che questo manicheismo sessuale, questo dover situarsi necessariamente da una parte o dall’altra, si basa sulla natura stessa, che ci ha fatti maschi o femmine.
In effetti mi sembra un postulato poco intelligente, del quale bisognerebbe vergognarsi, perché riduce l’essenza dell’uomo e della donna alla genitalità, mentre, se l’essere umano è caratterizzato da qualcosa di veramente specifico, qualcosa che lo distingue dagli animali, questo qualcosa non è determinato dal sesso, nel quale siamo assolutamente simili, ma nella propria capacità di superare i propri limiti fisiologici con le proprie qualità tipicamente umane (il cervello, l’intelligenza, il cuore).
D’accordo, ci sono solo due tipi di apparati genitali, ma, con un cervello umano che ha cento milioni di neuroni, ognuno dei quali è capace di stabilire diecimila sinapsi, risulta evidente che ci sono migliaia di forme differenti di “normalità”.
Cosa ne sarebbe stato di tutta la cultura umana se donne e uomini si fossero limitati a seguire i propri istinti primari (rispettabilissimi, ma primari)? Qualcuno è arrivato a scrivere, a proposito di ciò, che il meglio che l’essere umano ha dato di se stesso lo ha fatto sempre “contra naturam”, anche se effettivamente il seguire la nostra natura ci avrebbe portato ad ottenere la sopravvivenza, accoppiandoci sessualmente, quando non ci ammazzavamo fra di noi o dominandoci con violenza gli uni sugli altri: cosa che non capita raramente, ma che tuttavia non può essere presentata come il massimo dell’umanità, né tanto meno di realizzazione evangelica.
Si dice che solo nelle famiglie eterosessuali i figli hanno la garanzia dei referenti di base: il padre e la madre.
Questo significa dare per scontato innanzitutto che lo scopo principale di qualunque coppia sia la riproduzione, argomento privilegiato presso taluni che non si sono mai riprodotti, ma abbastanza “animali” da ignorare o sottovalutare tutti gli aspetti dell’arricchimento personale, delle manifestazioni dell’amore, di mutuo sostegno e di compagnia… e che riduce questa questione alla prima e cioè si ritorna a considerare ogni relazione tra esseri umani in chiave sessuale o, parlando in soldoni, a considerare la coppia come uno strumento per la produzione di figli.
Sappiamo quanto questa opinione sia dovuta alla mentalità tipica di una mentalità agricola, nella quale i figli (quelli che sopravvivevano alle varie malattie) erano la sola ricchezza dei proletari, la loro prole, oltre ad essere riserva di fedeli per la Chiesa e vivaio di vocazioni religiose.
Il fatto è che non sarei in grado di difendere questa posizione di fronte a nessun pubblico mediamente civilizzato. Per non tirare in ballo il triste esempio che buona parte delle coppie rigorosamente eterosessuali costituisce per i propri figli; e non mi riferisco solo ai casi evidenti di violenza domestica, un fenomeno che c’è sempre stato e che ora affiora in spaventosa progressione. Per ogni esempio di coppia eterosessuale armoniosa e ben riuscita, quante incomprensioni, quanta freddezza, quanto odio accumulato, quanto disprezzo, quanto consumismo offerto ai figli come unico ideale di vita! Sarebbe questo l’esempio da proporre ai figli affinché i figli si realizzino “come Dio comanda”?
Si continua a considerare imprescindibile e non negoziabile il fatto che ogni bambino ed ogni bambina abbia i due referenti, quello maschile e quello femminile.
Ma è proprio così? E’ più importante il referente sessuale dell’amore fra i genitori, di qualunque sesso siano, più di quanto non lo sia il donarsi e rispettarsi reciprocamente, più del dedicare se stessi ai figli?
I referenti di sesso non li trova già il bambino nella società a maggioranza eterosessuale, nella quale si muove? Cosa significa essere “madre”? Non può un maschio omosessuale essere “madre”? Forse tutti i padri sono per i propri figli referenti modello di virilità e tutte le madri di femminilità?
Caro Teofilo, ho paura che, come in tanti altri campi, anche in questo qui ci troviamo piuttosto di fronte al frutto del costume, della routine, della pigrizia del pensiero piuttosto che ad un autentico e profondo convincimento.
E ciò che in nessun caso mi sembra giusto è il voler parlare di un modello perfetto di coppia quando si parla di eterosessualità, mentre nell’altro cielo si preferisce addensare solo minacciose nubi nere. Io credo che, quando in una famiglia non si cerchi di salvare le sole forme esteriori e giuridiche, ma l’amore, la dedizione, la capacità di sacrificio…, la differenza fra i sessi, per quanto continui ad essere abituale, non sarà la cosa principale da far valere nella famiglia.
Si dice che le coppie omosessuali sono instabili. Ma lo sono sempre meno e lo sarebbero ancora meno, credo, se la società collaborasse alla loro stabilità, invece di costruire continui impedimenti e rendere il più difficile possibile l’edificazione di una relazione che venga accettata da parte dei propri membri. Senza fare paragoni con la stabilità delle coppie eterosessuali, che hanno una percentuale di divorzi che presto supererà quella di solidità.
Si dice che gli omosessuali vivono in promiscuità, che pensano solo al sesso… No comment. Questo argomento l’ho sentito porre da menti veramente sordide, se non frustrate o invidiose. E, se anche fosse (ma non lo è), non si dovrebbe difendere, come dicevo prima, le coppie eterosessuali nelle quali sembra essere principale solo la relazione sessuale, fino al punto di stabilirla come norma sine qua non?
Sessualmente cristiani
Ma non vorrei, caro amico, fermarmi su questo argomentare che potremmo utilizzare parlando con qualunque gruppo di persone; perché qui non stiamo considerando il caso degli omosessuali in sé o delle coppie, ma degli omosessuali nella comunità di Gesù.
Ha fatto bene Filippo, nonostante le sue reticenze iniziali, ad ammettere un eunuco nella comunità? (so già che non tutti li esegeti accetteranno questa identificazione fra eunuco ed omosessuale, ma, in ogni modo, si trattava di persone con una sessualità peculiare, certamente non nella norma. E, si tratti di eunuco o no, il problema degli omosessuali nella Chiesa esiste ed è reale).
Nel vangelo non c’è una sola condanna per motivi sessuali (anzi: si consideri il posto dato alle prostitute) e neppure per motivi omosessuali (Gesù mostra la sua ammirazione per la fede del centurione che aveva un servo “che amava molto” – “In tutta Israele non ho trovato una fede come questa” -; e ama apertamente il giovane che aveva osservato la legge fin da bambino, fra l’altro). Certamente il vangelo ci presenta una normativa morale (non sempre allo stesso modo), ma queste norme non trovano il loro fondamento esattamente in mezzo alle gambe, bensì molto più in profondità.
Nell’amore fra omosessuali, per esempio, è molto più decisivo, secondo questa norma, l’elemento amore che non l’elemento omosessuale. E per valorizzare questo amore bisognerà prendere in considerazione la qualità dell’amore e non l’aggettivo.
Nonostante ciò i nostri benedetti guardiani della fede continuano sospettosamente e con impegno a perseguitare tutto ciò che abbia a che vedere con il sesso, tanto più se si tratta del sesso “deviato”, negando loro tanto “il pane quanto il sale” all’interno della Chiesa.
E naturalmente affermano, con ipocrisia tipica e sibillina, che quello che condannano non sono le persone, ma la loro deviazione: come se la sessualità fosse separabile dall’essenza più intima di una persona! Mentre la Chiesa continua a pensare che l’omosessualità sia questione di sesso, non capirà nulla. Così come non capisce niente quando suppone che il sesso, qualunque sesso, si questione di genitalità.
Quando (e non manca molto) l’omosessualità sarà vista come un’opzione perfettamente naturale (perché è perfettamente naturale), ci meraviglieremo al pensiero che in altri tempi fosse considerata in altro modo e che qualcuno potesse condannarla con tanta sicurezza, così come oggi facciamo fatica a credere che ci fu un tempo nel quale si mandava al rogo la gente perché affermava che ci fosse la circolazione sanguigna.
Ed è triste che, dopo millenni di persecuzione dell’omosessualità, attualmente la Chiesa si trovi praticamente da sola a condannarla. Proprio così: come sempre, sicura di se stessa, anche se in opposizione ad un consenso mondiale, anche se in opposizione di quanto ci sia di più umano nell’umanità, anche se è contro il vangelo stesso.
Mentre il più svergognato capitalismo vegeta e cresce, mentre il Terzo Mondo è sceso già dal 3° al 7° posto, mentre siamo impegolati in un confronto fra civiltà, tutto ciò che alla Chiesa interessa, all’inizio del XXI secolo, è lanciare una crociata contro i matrimoni omosessuali. Quanti secoli persi! Quale mancanza di prospettiva storica! Quale mancanza di responsabilità!
Se dunque non trovavo argomenti per escludere gli omosessuali dalla società, che argomenti posso trovare, come cristiano, per escluderli dalla nostra comunità o, peggio ancora, per obbligarli ad entrare in questa rinnegando il loro modo più intimo di essere? Infatti non si tratta semplicemente di accettare coloro che sentono in modo diverso, “tollerarli”, come a volte si fa, ma di sfruttare positivamente il dono che Dio ci ha dato facendoci differenti: i carismi di tutti, la sensibilità propria di ciascuno.
Benedetta ambiguità
Credo, Teofilo, che anche qui noi cristiani dovremo essere annunciatori di un mondo nuovo, più intelligente e più umano. E quanto di meglio c’è negli esseri umani è il fatto di non rispondere a degli schemi semplicistici caratterizzati da un pezzo di carne, è il fatto di essere capaci di emozioni differenti, di complessità e sottigliezze molto varie, di un ventaglio enorme di sentimenti, e tutti della stessa onorabilità.
Il semplicismo è proprio di mentalità pigre e il manicheismo sessuale è altrettanto condannabile quanto l’altro, perché non esiste un regno di Dio e un regno del diavolo. Anche se a qualcuno può dispiacere, il sesso è uno dei più bei regali che Dio ha fatto alla creazione. Chi giudica con criteri semplicistici, si tratti anche della Chiesa stessa, non capirà mai l’essere umano; accusa ben grave dal momento che si tratta della casa di Dio fra gli uomini.
Ognuno è come Dio lo ha fatto, e per questo è chiamato ad essere in se stesso il colmo della perfezione. E se uno è stato creato omosessuale ha tutti i diritti di sentire come tale e di vivere come tale fino in fondo. Non saremo giudicati con criteri standard. L’omosessuale sarà criticato se non ha vissuto a fondo la propria sessualità, dono di Dio; se ha ingannato se stesso o altri; se si è vergognato della propria condizione; se non è stato omosessuale fino in fondo, così come l’eterosessuale nella sua condizione.
La pluralità di sentimenti, come quella di opinioni, arricchisce la comunità, che ha fra le sue peculiarità il poter beneficiare con gioia della diversità di doni e di carismi. Nel caso concreto degli omosessuali, il loro modo diverso di sentire dà loro una particolare acutezza che impedisce loro di cadere in qualsivoglia classificazione rigida, tanto da metterli in grado di mettere in dubbio ogni ordine precipitosamente stabilito, facendo loro sognare mondi nuovi, come da tempo stanno facendo con la moda, gli stili, l’arte, tanto da indurci a considerare sospetta quella che è una eccessiva cerebralizzazione del mondo, rivendicando il ruolo del sentimento, che ci rende tanto simili a Dio, Padre misericordioso.
Fosse anche solo per prudenza, la Chiesa dovrebbe essere molto più misurata nelle sue condanne agli omosessuali, perché senza di loro, come tutto il mondo sa, sarebbe rimasta senza i suoi artisti migliori, senza molti ed eccellenti musicisti, senza molti letterati, una pleiade di presbiteri e perfino qualche papa (almeno nel periodo del Rinascimento).
Benedetta sia dunque la complessità perché è chiaro che la crescita per l’uomo avviene per mezzo dell’accettazione della più ampia diversità, della quale possa essere capace, con naturalezza. La grande conquista dei nostri progenitori fu quella di capire cosa sia il bene e il male e soprattutto il bene e il male che c’è in ogni cosa: la ambiguità.
Benedetta sia la moltitudine di impulsi che Dio ha posto dentro ognuno di noi, omo ed etero. Quando verrà il giorno nel quale riconosceremo apertamente tutto quello che siamo e che sentiamo, senza vergogna, smettendo di dare nomi vergognosi ad inclinazioni affettive che non si incastrano nei modelli politicamente corretti!
Lo ripeto, la comunità cristiana dovrebbe prendersi carico di questa profonda liberazione sessuale: non come uno stupido incitamento alla promiscuità, ma come una rispettosa celebrazione di qualcosa alla quale Dio, nella sua creazione, ha dato così tanta importanza, che sarebbe semplicemente impossibile poterne fare a meno.
Dove ti porta il cuore
Alla fine, caro Teofilo, il dilemma è sempre lo stesso, si tratti di samaritani, eunuchi, lebbrosi, prostitute o pubblicani: la questione è se affermiamo che, accostandoci a Dio e alla causa del suo regno, le cose importanti sono quelle superficiali (come uno si veste, come pensa, come pratica il sesso) o quelle più profonde, in quanto sono dentro il suo cuore.
Mi sembra che Gesù non avesse nessun dubbio in proposito e che gli fosse chiaro che, quando si tratta della cosa più intima di ognuno (la sua relazione con Dio), quello che importa è proprio l’intimo stesso di ciascuno. Quello che è inspiegabile è che ci siano cristiani che danno ancora retta ai nostri pastori, quando ci invitano a restare nell’ovile, invece di andare in cerca della pecorella “smarrita”. Possa non essere così nelle nostre comunità.
Proprio perché mi sento fin nelle viscere figlio della Chiesa di Gesù ed erede del suo buon annuncio, proprio perché mi sento a ragione fra quelli che hanno dei diritti, mi irrita che, in questo come in altri temi, la posizione ufficiale sia tanto cieca e che gli esseri umani non ricevano da noi, sempre ed ovunque, dei messaggi entusiasmanti.
Il sesso, in tutte le sue manifestazioni, è qualcosa di molto importante, che ci fa tremare, che ci pone in contatto con energie cosmiche. Come si può liquidarlo in due condanne ed un elenco di minacce? Non potrebbe la Chiesa, almeno una volta, avere una dottrina piacevole e allegra sul sesso? Proprio solo il serpente deve essere quello che si prende la parte migliore? No, grazie a Dio. No, fintanto che la nostra luce sarà Gesù.
* CORTÉS José Luis, Tus amigos no te olvidan, PPC editorial; Madrid 2004; pag. 191-198.
Testo originale: Hemos tocado en la llaga