Le lesbiche, i gay e la chiesa cattolica
Riflessioni di Orlando Contreras tratte da elmorrocotudo.cl, liberamente tradotte da Dino
Altri sono meno severi nei propri commenti e si limitano a dire che omosessuali e lesbiche vivono nel peccato. Questi dimenticano che per la Chiesa tutti commettiamo peccati con i pensieri, le parole, le opere e le omissioni. Dimenticano che l’atteggiamento di Gesù, nei confronti di quelli che vivono facendo notare il peccato altrui, è di dir loro “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Un segno dei tempi è che quello che prima si teneva nascosto ora viene mostrato apertamente. E’ il caso delle lesbiche e degli omosessuali. Così ad esempio tra i conduttori di programmi di intrattenimento ci sono degli omosessuali riconosciuti che commentano la vita delle celebrità; anche nel mondo letterario ci sono degli omosessuali dichiarati che ci sorprendono con romanzi di profondo contenuto umano e sociale; nel mondo sindacale, uno dei principali dirigenti dei lavoratori del rame, il quale lotta contro le ingiuste situazioni che riguardano i suoi colleghi, ha riconosciuto la sua condizione di omosessuale.
Che dire di tutto ciò? Come si pone la Chiesa di fronte a queste persone? L’atteggiamento di Dio, per mezzo della Chiesa, è simile a quello di una mamma che ha il proprio figlio in carcere. Sulla stampa – e nei commenti dei vicini – i titoli sono: “Assassino! Ladro! Stupratore!”.
La mamma, leggendo questi titoli o ascoltando i commenti, senza negare la verità, dice: “E’ mio figlio! Soltanto io so quello che mi è costato! L’ho portato nelle mie viscere! Quello che ora è in carcere è carne della mia carne e sangue del mio sangue”.
E per questo ogni domenica si prepara ad andare alla prigione per abbracciare suo figlio e dargli un bacio, dicendogli: “Figlio mio, tutto questo finirà! Presto uscirai di qui! Io non ti abbandonerò!”.
Non c’è dubbio che nel corso della sua storia la Chiesa, come ogni madre, ha commesso degli errori nei confronti delle lesbiche e degli omosessuali, ma la sua essenza più profonda e la verità della sua dottrina vanno nella direzione di quanto ho ora affermato.
La maggior parte delle lesbiche e degli omosessuali non si trovano in carcere per qualche delitto che hanno commesso. Ma, senza essere prigionieri, vivono un carcere molto peggiore e che li fa molto soffrire.
Essi vivono e soffrono sentendo che il corpo fisico che hanno non corrisponde alla loro psicologia e al comportamento che naturalmente scaturisce in loro; vivono e soffrono la frustrazione provocata nei loro padri dalla loro condizione poichè “non sei come ci aspettavamo”; vivono e soffrono la derisione e la discriminazione fin dalla prima infanzia in collegio; vivono e soffrono in una società che, solo per il fatto di essere fatti in questo modo li discrimina, li rifiuta e li fa oggetto di ogni tipo di scherno chiudendo loro molte porte ad esempio quella di potersi realizzare come qualsiasi altra persona.
Per questo ci sembra che, se oggi fanno conoscere apertamente la loro condizione, va loro riconosciuto un grande merito e questo è molto positivo dato che ci invitano a guardarli e a relazionarsi con loro in un modo molto diverso da come facciamo attualmente.
Per quanto riguarda la vita religiosa, in rapporto a Dio e alla Chiesa, la lesbica e l’omosessuale, come lo è anche l’eterosessuale, è prima di tutto un figlio di Dio; è il soggetto dell’amore gratuito di Dio; per loro, come per tutti gli uomini e le donne dell’umanità, Dio Padre, in Gesù, morì inchiodato sulla croce per i loro peccati e per la loro salvezza.
La Chiesa, con la saggezza di una madre, non si pronuncia sulle cause dell’omosessualità nè del lesbismo. Si limita a constatare che ci sono persone che hanno questa condizione e percepisce il dolore e la sofferenza che c’è dietro ognuno di loro.
Come gli eterosessuali, la Chiesa proclama che essi sono figli di Dio, senza che siano battezzati, sono figli identici a quelli che ama con affettuoso amore di madre. Insegna anche che, come qualsiasi essere umano, anch’essi sono chiamati e invitati a vivere in santità. Cosa significa essere santo per un omosessuale o una lesbica?
La stessa cosa che per un eterosessuale: con la grazia e l’aiuto di Dio, riprodurre nella vita quotidiana, la maniera di essere di Gesù, che non cercò il piacere per se stesso, ma visse piuttosto donando se stesso agli altri e cercando il bene degli altri, in particolare di coloro che soffrono; seguendo Gesù, con la luce e la forza dello Spirito Santo, la santità consiste nel vivere impegnando la propria vita per una società più giusta, più umana e più solidale; la santità è vivere un processo nel quale di continuo, essi come gli eterosessuali, lasciano che il loro cuore venga riempito da Dio in modo che emerga e si diffonda il meglio di se stessi al servizio degli altri.
Qualcuno pensa e dice che gli omosessuali e le lesbiche hanno un comportamento che è aberrante. Chi pensa così dimentica, o non vuol riconoscere, che le aberrazioni più grandi registrate dalla storia dell’umanità sono state commesse da eterosessuali.
Altri sono meno severi nei propri commenti e si limitano a dire che omosessuali e lesbiche vivono nel peccato. Questi dimenticano che per la Chiesa tutti commettiamo peccati con i pensieri, le parole, le opere e le omissioni.
Il peccato di ogni essere umano, nel suo contesto storico, è in relazione con la sua condizione e le sue possibilità di concretizzarlo come danno agli altri e offesa a Dio. Dimenticano anche che l’atteggiamento di Gesù nei confronti di quelli che vivono facendo notare il peccato altrui è di dir loro “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
L’atteggiamento di Gesù verso qualsiasi uomo o donna che vive nel peccato, è di andare ad incontrarlo proprio lì dove sta peccando; lì lo guarda con amore e gli fa un invito: “Esci di lì. Vieni e seguimi”.
Testo originale
Homosexuales, Lesbianas e Iglesia