I gay uccisi in Iran. Noi credenti e il nostro complice silenzio
Riflessioni di fratel Carlo tratte dal blog confrancesco.it
Le notizie sono frammentarie e vestite di rabbia, di costernazione, di stupore o del rischio di farne, alla fine, solo una battaglia sociale per “prendere voti” o far passare leggi che non sta a noi qui giudicare. Il fatto, nudo e crudo, è che due ragazzi (forse di 18 e 16 anni) sono stati accusati, imprigionati, torturati e pubblicamente giustiziati, mentre il mondo continua a tessere le sue ragnatele a favore del progresso e della giustizia sociale, della libertà e della pace nel mondo, mentre si discute se l’eutanasia sia un sollievo per il morto o per i parenti, se abbiamo il diritto di far nascere un bimbo fuori dall’amoroso rapporto di coppia o eliminarne un altro solo perchè non ha ancora il cuore perfettamente formato e non può difendersi avendo solo “poche ore” di vita e non essendo ancora fisicamente apparso nella nostra accogliente Terra.
E poi non ci si preoccupa più di tanto se due creature, due persone, due ragazzi piccoli come i tuoi figli, lasciano la loro vita appesa a una corda nella pubblica piazza. L’accusa, ormai si sa, l’unica accusa che si è mossa a questi due ragazzi, è che la loro “identità sessuale praticata”è oggetto di morte. Niente altro che questa lapidaria informazione che arriva a noi dall’Inghilterra, da un sito di studenti, attoniti e arrabbiati.
Poi più nulla. Silenzio e rassegnazione? Silenzio e fare finta di niente per non svegliare il cane che dorme? Silenzio per stare tranquilli o per farci i fatti nostri? Silenzio e compiacimento? Chi scrive sente che non si può fare silenzio, di nessun genere. E chi scrive è un religioso consapevole di esserlo e senza pentimenti nè sviolinate progressiste a favore di tutto nuovo purché sia nuovo. Il problema è che quando, deposti i sacchi dell’umanità fuori della porta, entro nella mia cappella ai margini del bosco, non mi sento nè sereno nè fiero del fatto che due gay abbiano smesso di peccare e che ora possono espiare in Cielo, semmai c’è un Cielo per loro, islamici e sessualmente deviati.
Sento che il fatto clamoroso è che qualcuno possa decidere che “la giusta condanna per il peccato è la morte del peccatore“. E il fatto clamoroso è poi che si può accettare che si mettano quintali di esplosivo in una metropolitana o si lancino aerei contro palazzi abitati da uomini e donne, e per questo si è considerati martiri ed eroi; ma riesce impossibile accettare chi, forse, la bomba ce l’ha sempre sotto il sedere, chi con la bomba ci convive, con la bomba fatta della paura di essere “scoperto”, di essere “eliminato” a causa della propria “natura diversa” e peraltro non scelta ma forse a fatica accettata e offerta.
Ma questi sono fatti che riguardano Paesi lontani e Religioni estreme e per estremisti. E noi? Noi occidentali, noi religiosi di un’altra Religione che condanna il peccato e non il peccatore, noi “sessualmente normali” e neanche sempre, noi che facciamo due o tre mesi di carcere per violenze a bambini di cinque anni, noi che ci nascondiamo dietro i muri di pietra delle nostre chiese e dentro il buio silenzioso dei nostri confessionili, noi come ci sentiamo? Noi che abbiamo fatto tanto giusto rumore per evitare ai bambini adottati di avere due mamme e nessun papà, o due papà e nessuna mamma. Noi che combattiamo perchè il vangelo dell’Amore e del Perdono germogli in tutto il mondo senza confini. Dobbiamo pensare che Dio ha fatto giustizia e punito giustamente il peccatore?
Dobbiamo parlare, come qualcuno ha fatto, di “purificazione dalla peste dell’omosessualità che dilaga nel mondo” e che muoia Sodoma con tutti i Sodomiti?
Se così è io non voglio entrare nel coro e cantare queste canzoni. E questo senza neanche addentrarmi troppo nei meandri esegetici dell’episodio genesiaco. E senza neanche voler assurgere a ruoli magisteriali che non mi competono. Ognuno faccia ciò che sente giusto (o sarebbe meglio fare ciò che Dio ritiene giusto?).
Possiamo fare tutto quello che vogliamo, comunque, ove coscienza non obblighi. Ma tacere no! Perchè giustizia e verità ci impongono di promuovere il bene (o comunque prendere una posizione) e combattere il male (o comunque non tacerlo). E così come abbiamo fatto manifesti perchè le coppie di soli uomini o sole donne non fossero considerate normali, così dobbiamo farne ancora di manifesti, per gridare che la giustizia è nelle mani di Dio e la vita umana ancor di più.
E così, come abbiamo chiamato terroristi gli autori dei crimini contro l’uomo perpetrati senza battere ciglio, così dobbiamo dare un nome a chi opera la giustizia “eliminando” quelli che sono diversi da noi. E non dimentichiamo che è già successo, che in tutte le piazze e le feste di partito, e in tutte le sinagoghe e le città, non si riesce a dimenticare, nè si vuole, chi ha sterminato i diversi nel nome di Dio o della “purezza” di razza, di religione, di costumi. Ebrei o zingari, polacchi o palestinesi. O gay.
E così come abbiamo “liberato”(ma con la guerra) uomini e donne del Medio Oriente dal terrore e dalla schiavitù, così bisognerebbe liberare (ma con la pace) uomini e donne di tutto il mondo che hanno diritto di non morire a causa della loro identità sessuale. E come abbiamo gridato da tutti i pulpiti e applaudito ai signori del mondo che hanno manifestato il loro dissenso contro chi “ha tolto la spina” a una persona considerata morta, così dobbiamo gridare dai nostri pulpiti che non si può “staccare la spina” a chi in vita c’è ancora e vuole restarci e ne ha pieno diritto.
Perchè il peccato, qualunque sia, non dà a nessuno il diritto di prendere pietre per fare sommaria giustizia. Perchè Gesù ha perdonato, pur esortando a non ricommettere il peccato. E ha, anzi, insistito perchè guardassimo bene nelle proprie coscienze, prima di lanciare la fatidica prima pietra. E non ha fatto silenzio. E’ intervenuto a suo rischio. Ha detto la sua. Si è fatto amico del peccatore, lo ha amato, per lui è morto.
E noi continuiamo a fare silenzio. Questa è la misura del grande delitto: il silenzio. Un silenzio gravido di responsabilità come le mani di Pilato che si purificano da un delitto che si sta ancora commettendo. Come possiamo fare silenzio sapendo che da qualche parte del mondo qualcuno si sente delegato da Dio a considerare eroi gli assassini e giustiziare chi già sta pagando forse a troppo caro prezzo la sua diversità e il suo peccato, proprio con la consapevolezza di essere “escluso” dalla normalità dei tanti, “escluso” di per sè dalla possibilità di essere padre e madre, “escluso” anche dalla serenità di sentirsi a posto con la coscienza quando si mette davanti al suo Dio e fa fatica a sentirsi a sua immagine e somiglianza?
Come sarebbe giusto, e bello, e santo chinarsi su uomini e donne che noi reputiamo miserie umane e raccogliere sui nostri piedi le loro lacrime e annunciare che “molto ti è perdonato, perchè molto hai amato”. Essere considerati per l’amore che abbiamo potuto e saputo dare e non per il peccato che abbiamo commesso o per il sesso praticato.
E vivere insieme, peccatori tutti, l’uno accanto all’altro, davanti allo stesso altare, ricchi della nostra diversità, agnelli e lupi sotto lo stesso cielo. O almeno metterci da parte e non farci come “colui che accusa i propri fratelli”. Perchè altro nome non si può dare a questi ragazzi che sono stati appesi in piazza: Fratelli e niente altro.
Dio abbia pietà di noi prima ancora che di loro.