I Vescovi seguiranno seriamente l’invito di Papa Francesco ad ascoltare le persone LGBT?
Articolo di John Gehring pubblicato sul sito Religion News Service (Stati Uniti) il 29 giugno 2016, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Papa Francesco ha nuovamente fatto parlare di sé in tutto il mondo dicendo che i vertici cattolici dovrebbero chiedere scusa alle persone omosessuali e cercare il perdono per il modo in cui la Chiesa le ha ferite. Le parole accoglienti e guaritrici del Papa dovrebbero non solo sollecitare una sobria riflessione ma anche delle azioni tangibili nelle diocesi cattoliche del Paese. Non bastano le parole per guarire le ferite inferte a molte persone LGBT cattoliche, vittime dell’indifferenza e dell’esclusione. L’onestà del Papa è un’opportunità unica per il clero cattolico per cominciare tutto da capo.
I sondaggi affermano che la maggior parte dei cattolici approva il matrimonio omosessuale e la Chiesa non deve necessariamente cambiare il suo insegnamento sul matrimonio per dimostrare la sua buona volontà di costruire un ponte con la comunità LGBT. Alcune parrocchie di San Francisco, Boston e New York hanno da tempo spazi accoglienti per gay e lesbiche. Ma ancora in molte parrocchie sono tollerati, ma non bene accetti, si parla con loro ma non li si ascolta.
I vescovi cattolici possono prendere sul serio le parole di solidarietà del Papa creando vere opportunità di “accompagnamento” e “incontro”, per dirla con Francesco. I sacerdoti delle 195 diocesi cattoliche degli Stati Uniti e potrebbero per prima cosa incontrare e ascoltare i cattolici omosessuali e i leader LGBT. Emergerebbero disaccordi, ci sarebbe spazio per un civile dibattito, ma un tale atteggiamento di umiltà e rispetto manderebbe il segnale potente che la più grande Chiesa americana vuole imparare qualcosa dalle diverse esperienze di gay, lesbiche e transgender.
Di solito si riceve più volentieri una mano tesa che un dito puntato. I leader cattolici potrebbero fare di più che denunciare le discriminazioni sul lavoro e nel mercato immobiliare. Gay e lesbiche ora possono sposarsi legalmente, ma in più di metà degli Stati si può legalmente discriminare una persona omosessuale. Una disparata varietà di leggi nei vari Stati fa di milioni di persone LGBT dei cittadini di seconda classe. I cattolici dovrebbero essere in prima fila nel combattere queste ingiustizie. Quando il Senato nel 2013 approvò un provvedimento bipartisan per combattere la discriminazione sul lavoro, la Conferenza episcopale affermò di voler “lavorare con tutti i leader e le persone di buona volontà per mettere fine a ogni forma di ingiusta discriminazione”, ma poi si oppose alla legge perché secondo i vescovi avrebbe minato alla base il matrimonio e messo in pericolo la libertà religiosa. I leader cattolici statunitensi possono e devono fare di più.
Esiste un legittimo disaccordo tra le istituzioni cattoliche e il governo americano su come bilanciare al meglio i diritti della coscienza e i diritti LGBT; spesso è un dibattito che cerca di bilanciare due beni, non una lotta epocale tra bene e male. I vescovi dovrebbero abbassare i toni della polemica e comportarsi da pastori, non da avvocati. Che si tratti di biasimare il provvedimento di Obama del 2014 che proibisce agli appaltatori federali di discriminare sulla base dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere (bollato come “estremista”) o di condannare la sentenza della Corte Suprema che autorizza il matrimonio omosessuale (un “tragico errore”), l’atteggiamento dei vescovi ha persuaso ben poche persone e non ha fatto che mettere sale su vecchie ferite.
Francesco non vuole buttare all’aria l’insegnamento tradizionale cattolico sul matrimonio e la sessualità; vuole però rendere più umana la discussione e non ha paura di dare degli scossoni. “Papa Francesco sta parlando di gay e lesbiche in un modo che, se qualcuno l’avesse fatto dieci anni fa, sarebbe stato punito, censurato o zittito” ha twittato padre James Martin, importante scrittore gesuita e redattore del settimanale America.
Il compianto cardinale Joseph Bernardin, arcivescovo di Chicago, addolorato dalle divisioni all’interno della Chiesa cattolica statunitense, concepì negli anni ’90 un progetto mirante a trovare un terreno comune e a incoraggiare il dialogo tra conservatori e progressisti su una serie di argomenti scottanti. Lo sforzo del cardinale andò avanti zoppicando negli anni successivi alla sua morte, senza molto successo. In un momento in cui infuriano nuove battaglie che contrappongono la libertà religiosa e i diritti LGBT, c’è bisogno più che mai di rafforzare l’impegno per un terreno comune e un bene comune.
Nei suoi commenti sulle prime pagine Francesco ha citato il Catechismo della Chiesa cattolica, secondo il quale gay e lesbiche “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza” e “a loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Sono parole prive di ambiguità. Ma saranno solo parole su una pagina se la Chiesa non le metterà in pratica.
Testo originale: What Pope Francis can teach US bishops about reaching out to LGBT community