Identità trans e spiritualità: la testimonianza di Isabelle
Testimonianza di Isabelle pubblicata sul sito dell’associazione di cristiani LGBT David et Jonathan (Francia) nell’aprile 2014, liberamente tradotta da Dino
1. Breve biografia. Dall’età di dieci anni ho avvertito il crescente bisogno di vestirmi e di vivere come una donna. Con gli anni questo bisogno si è fatto sempre più pressante. Ma, durante i miei dieci anni di vita religiosa come salesiano, e in seguito nei primi sette anni del mio matrimonio (la mia ex-moglie è stata la prima persona informata, precedentemente ai nostri dissidi coniugali, e all’inizio ha anche collaborato), questa “anormalità” non mi ha (e nemmeno a lei) posto particolari problemi. Forse non abbiamo valutato correttamente le difficoltà o le nostre capacità di gestirle? O pensavamo, più o meno coscientemente, che il matrimonio, cioè il sacramento, facesse scomparire questo mio bisogno? Fatto sta che questo bisogno non ha fatto altro che crescere. Dopo la nascita di due bambini nei nostri sette anni di vita coniugale, mia moglie ha dovuto essere ricoverata con urgenza in psichiatria. È stato in occasione della sua ricaduta, un anno più tardi, che mi ha ritenuto responsabile della sua malattia. Per fortuna il suo psichiatra non ha confermato questa mia responsabilità, e questo mi ha in parte evitato una tremenda colpevolizzazione, dalla quale sto con difficoltà uscendo. Lei dunque mi ha chiesto di farmi curare, altrimenti ci sarebbe stato il divorzio.
È stato allora che questo mio bisogno è diventato un vero peso, dato che volevo salvaguardare la salute di mia moglie e la coppia che formavamo. Purtroppo, nonostante vari e numerosi percorsi psicoterapeutici e spirituali, non è cambiato niente, salvo una riconciliazione con mio padre e con un Dio Padre, pieno di misericordia e tenerezza, che non è poco! Ci furono allora il divorzio e anni di forte depressione, provocata da un duplice senso di colpa: la malattia di mia moglie e in seguito quella di nostro figlio maggiore diventato quasi schizofrenico 15 anni più tardi, e poi anche il fallimento della nostra coppia.
Dopo 18 anni di galera, di lotte, di solitudine, di situazioni di stallo, di psicoterapie e di inutili percorsi di “guarigione” spirituale, ho alla fine deciso, non senza rimpianti, di rinunciare a voler “guarire” ad ogni costo.
Ma guarire da cosa? Si trattava davvero di una malattia? Se sì, sarebbe un giorno stato possibile guarirla? Se no, che altro fare se non accettare questa realtà, questa diversità non scelta? E poi, in fondo, io chi ero? Una persona fragile, un malato, uno squilibrato, un pervertito, un mostro? O semplicemente forse uno “diverso” tra altri “anormali”. E allora! E poi, chi stabilisce queste norme? Sarei a tal punto pericoloso o contagioso (un prete mi ha detto così!) che mi dovrebbe essere proibito vivere alla luce del sole e in pienezza, avere finalmente il coraggio di essere me stesso, Quello Che Sono, libero e… Felice?… Anzi Felicissimo…!
Da quattro anni ho quindi deciso di accogliere progressivamente, concretamente e umilmente questa realtà, questa diversità non scelta e di gestirla al meglio nel rispetto di me stesso e degli altri. Ho anche preso la decisione di uscire da questi falsi sensi di colpa, per finalmente VIVERE ed ESISTERE pienamente e nella Verità, senza maschere. Cosa non facile, dato che a volte risulta pesante sopportare gli sguardi degli altri e il senso di colpa…
Ma col sostegno, tra gli altri, di un’amica risposata, di due associazioni cristiane ecumeniche che accolgono gli omosessuali e le persone trans: Devenir Un En Christ (Divenire Uno in Cristo) e Carrefour des Chrétiens Inclusifs (Incrocio dei Cristiani Inclusivi), ma anche di preti aperti, di un’associazione non confessionale (l’ABC) che raggruppa persone transgender, e di uno psichiatra specializzato, ho potuto fare questo cammino e questa scelta. Scelta impensabile e paradossale, ma “le strade e i pensieri di Dio non sono i nostri” ed Egli scrive dritto conlinee curve, così sembra…! Ringrazio tutti loro e Lui.
Scelta della VITA, di VIVERE, di RIVIVERE, di “nascere di nuovo”, “Per me stesso”, “di “diventare quello che sono”, “Uno in Cristo”… “Scegli la vita” ci dice Dio nella Bibbia, “Vivi” mi diceva questa donna, “Tu vivi in economia” mi suggeriva questo prete… Nel crepuscolo della mia vita, era ormai tempo di fare questa scelta…! Così è soltanto dal primo aprile 2010 che vivo in ogni momento e dovunque, o quasi, al femminile, sempre più felice e libera, anzi innamorata, nonostante gli ostacoli.
2. Transidentità e diritto di vivere (“Osiamo uscire dai nostri armadi” e “Giù le maschere”)
Sì, abbiamo il diritto, anzi il dovere, come ogni persona, di ESISTERE, di VIVERE, di AMARE e di ESSERE AMATI… Ma anche di amare noi stessi e di lasciarci amare così come siamo, in tutta umiltà…, e gli altri ugualmente, così come sono. Ci sono due proverbi che dicono: “Per vivere felici, viviamo nascosti” e “L’abito non fa il monaco”. E invece no, per me, per le persone transgender, è vero il contrario. Dobbiamo avere il coraggio di uscire dagli armadi, di “gettare la maschera” e anche voi, forse per altre ragioni e in altri modi…
Come hanno fatto 20 anni fa le persone affette da trisomia o più di recente gli omosessuali. Noi abbiamo il diritto di esistere e di vivere alla luce del sole, senza vergogna né orgoglio, senza rinnegare noi stessi e anche senza narcisismo, ma con una giusta autostima, con la nostra “diversità”, la nostra “realtà”, la nostra “unicità” (e non malattia, né fragilità…). Realtà non scelta, che sia essa di origine genetica o psico-socio-transgenerazionale oppure no…
Diversità che troppo spesso è fonte di grandi sofferenze: solitudine, divorzi, depressione fino al suicidio, pazzia, riduzione allo stato di senzatetto (tre sbocchi inevitabili, secondo gli psichiatri), diversità che è fonte di indifferenza, di scherno, addirittura di rifiuto, di esclusione e di aggressioni fisiche, come è successo anche a me qualche mese fa nel mio quartiere. Tutto ciò spesso avviene per ignoranza, mancanza di dialogo o di tolleranza, paura della diversità o di ciò che non si conosce, paura dell’altro… L’altro, il diverso, lo straniero strano… È l’inferno o il paradiso? Sartre o sorella Emmanuelle? Una ricchezza o un impoverimento?
Sì, poter finalmente Vivere, Esistere, Essere noi stessi, Amare ed Essere Amati… apertamente, quando, dove e con chi vogliamo, come lo desideriamo, nel rispetto di noi stessi e degli altri (a ciascuno i suoi limiti, le sue fragilità, le sue differenze…), in una reciproca tolleranza, ma senza lassismo né intransigenza.
“È la misericordia che sono venuto ad annunciare e non la condanna” ci ha detto un certo Gesù. L’abbiamo forse troppo spesso dimenticato? Sì, mi sembra che il nostro diritto e il nostro dovere debba essere proprio quello di accogliere questo messaggio! Dobbiamo osare essere Noi stessi e dire Sì alla Vita.
3. Transidentità e cammino spirituale
Non colpevole e quasi inguaribile, accogliendo questa realtà, questa donna presente in me, questa Isabelle, io dico Sì alla Vita… e dunque a Dio. Non devo dunque colpevolizzarmi o colpevolizzare la mia ex-moglie, i mie genitori, gli educatori o la Chiesa… È una realtà, un limite, un’imperfezione, una fragilità, un handicap, che ne so… tra molti altri, legati essenzialmente alla nostra limitatezza, alla nostra situazione di creatura limitata… Dio, il Creatore non ci chiama alla perfezione, ma alla santità, attraverso ciò che siamo: ricchezze e povertà.
Così, in questo cammino di LUI verso LEI, verso Quello che Sono, ho potuto constatare che man mano che progredivo sul piano psicologico, progredivo anche su quello spirituale, parallelamente. Per sintetizzare questo percorso evolutivo, posso affermare che: Passare da LUI a LEI significa essere invitati a vivere in ogni momento il Passaggio Pasquale: Morte, Notte e Resurrezione. Così, dicendo Sì ad Isabelle, io dico Sì alla Vita, all’Amore, al Cristo, a Dio… e divento sempre più Viva, resuscitata, risollevata, liberata, Felice. E in più mi riconcilio con Maria, che diventa il mio ideale femminile.
Buon viaggio, cammino, passaggi di valichi, Resurrezione a tutte e a tutti, nella verità e nell’umiltà, fedeli a voi stessi e al Totalmente Altro.
* Testimonianza raccolta in occasione del Raduno del Réseau des Parvis tenutosi nel novembre 2010 a Lione.
Testo originale (PDF): Transidentité et spiritualité, ou comment ne pas discriminer sans normaliser