Il biblista Mazzinghi sulla lettera fiorentina su ‘chiesa e omosessualità’: “Discutiamone”
Articolo di Maria Cristina Carratù tratto da La Repubblica – edizione di Firenze, 8 Settembre 2012
«E’ una lettera dai toni ragionati, su cui si può discutere, e ogni discussione sul tema, purché ri- spettosa e pacata, è legittima. E però, da qui a dire che la Bibbia legittima le unioni gay, ce ne corre…». Don Luca Mazzinghi è uno dei più importanti biblisti italiani, presidente dell’Associazione biblica italiana e teologo.
Secondo lei, la lettura della Bibbia che viene proposta è corretta?
«Dire che gli autori della Bibbia sono condizionati dalla loro cultura e dal loro ambiente è ovvio. Ma questo vale per l’intera Scrittura, e ciò indebolisce l’argomento dei firmatari della lettera; il credente sa che nella Bibbia la parola di Dio passa sempre attraverso la parola degli uomini».
E allora, come leggere i problemi di oggi in modo corretto, alla luce del testo sacro?
«I criteri sono i due indicati nel recente documento della Pontificia Commissione Biblica ‘Bibbia e morale’. Il primo: ogni principio etico deve essere conforme alla visione dell’uomo della Bibbia. Che è abbastanza chiara: l’essere umano è immagine di Dio in quanto coppia, uomo e donna. Oggettivamente, non c’è molto spazio per la giustificazione di una coppia omosessuale».
E l’altro criterio?
«E’ di considerare eticamente valido ciò che è conforme all’agire di Gesù. Il che cambia le cose: Gesù ha infatti accolto ogni persona, a qualunque categoria appartenesse, cercando la fede, prima di ogni altra appartenenza».
Due principi apparentemente in conflitto…
«La soluzione va trovata proprio entro questi due spazi: i paletti posti dalla Scrittura sull’uomo e sulla donna, e l’accoglienza senza limiti di tutti. In campo etico, raramente esiste una soluzione precostituita».
Dunque, che fare?
«Non si può aggrapparsi alla Bibbia per trovare una soluzione netta del problema, in un senso o nell’altro. La Bibbia offre possibili aperture in entrambe le dire- zioni, perché mette limiti che non derivano solo da condizionamenti storico-culturali, ma da una precisa visione dell’essere umano. E però, e in questo la lettera ha ragione, invita anche ad accogliere ogni uomo nella sua libertà, nella sua relazione con gli altri e con Dio».
Forse i preti obiettano alla Chiesa di parlare di dogmi, più che di criteri.
«Indico solo un metodo: la Chiesa si senta chiamata, oggi più che mai, a dialogare, a capire come applicare i criteri biblici nelle situazioni concrete, come l’omosessualità, e coinvolgendo la comunità cristiana, di solito al margine. Un ‘metodo’ che ha un nome: discernimento. Nasce dal Concilio e privilegia il valore primario della coscienza. E anche qui ha ragione la lettera: le soluzioni dogmatiche non servono. Né serve chiudere di fatto la porta alle persone senza cercare di comprenderle».