Il cammino di suor Derouen con le persone transgender
Reportage di David Van Biema* pubblicato sul sito di Outreach (USA) il 19 agosto 2024 e liberamente tradotto da Luigi, Valeria e Ilaria de La Tenda di Gionata, ottava parte
Poi si verificò uno di quegli eventi su scala globale che hanno migliaia, se non milioni, di impercettibili conseguenze. Alla fine del 2012 papa Benedetto sembrava pienamente impegnato nel suo ruolo di papa e a Natale aveva nuovamente attaccato la “teoria gender”.
Tuttavia, due mesi dopo, portando come giustificazione la sua fragilità fisica e la sua stanchezza, fu il primo pontefice dopo 598 anni a dare le dimissioni. Il suo successore fu il cardinale argentino Jorge Bergoglio, che prese il nome di Francesco. Francesco non condivideva la propensione di Benedetto per le inquisizioni dottrinali e lasciò perdere l’indagine sulle suore americane.
Essendo venuta meno la tensione dell’indagine, i vertici dell’ordine religioso di suor Derouen le dissero che poteva scrivere della sua pastorale con le persone transgender e che altri potevano scrivere di lei. L’unica condizione era di non indicare il suo vero nome e quello dell’ordine religioso.
Derouen ne parlò subito con Nathan Schneider, un giornalista che aveva conosciuto a Tucson. Il suo articolo su di lei, pieno di ammirazione e ricco di dettagli, apparve nel 2014 sul sito web di Al Jazeera. «Suor Monica», scrisse il giornalista, utilizzando il suo nome da suora, «ha fatto sì che cattolici che si erano da tempo allontanati dalla Chiesa ricominciassero ad andare a messa e ritrovassero la fede».
Questa fu la descrizione che Maureen Rasmussen trovò con la sua disperata ricerca su Google. Anche altri la trovarono. Ben presto la NPR, l’Huffington Post e molti giornali online pubblicarono articoli su «Suor Monica».
Derouen fu inizialmente felice di avere Monica come pseudonimo. Nell’articolo, Schneider la paragonava a suor Jeannine Gramick, che aveva aperto una strada in difesa dei gay e delle lesbiche cattolici. Nel 1999 il Vaticano ordinò alla Gramick di tacere e il suo ordine religioso le proibì di parlare di omosessualità. Piuttosto che «collaborare alla mia stessa oppressione», Gramick preferì cambiare ordine e continuare la sua opera. Schneider nell’articolo disse che «mentre Gramick ha scelto la strada della difesa pubblica, Monica ha preferito la via dell’accompagnamento e del supporto interiore».
Fu quindi ironico (o forse solo prevedibile) che Gramick avesse in qualche modo indotto ciò che accadde successivamente a suor Derouen. Nel 2017, Gramick pubblicò un articolo sulle religiose che supportavano le persone LGBT+ per il sito Global Sisters Report, nel quale alludeva a Derouen senza usare il suo vero nome. In seguito, Gramick propose a Derouen di fare un incontro-intervista che l’avrebbe resa nota.
Si trattava, ancora una volta, di una prospettiva rischiosa. Gli anni dal 2009 al 2016 furono decisamente positivi per i sostenitori delle persone transgender negli Stati Uniti. Nel 2013 l’Associazione Psichiatrica Americana modificò la definizione della disforia di genere da patologia a semplice «variante della persona umana», come l’orientamento sessuale.
Nell’amministrazione Obama erano state assunte persone transgender ed era stata eliminata l’esclusione degli interventi chirurgici di riaffermazione di genere dalle procedure coperte dall’assicurazione sanitaria. Il numero di ospedali universitari che offrivano la possibilità di interventi chirurgici di affermazione di genere per gli adulti passò da otto a decine e aumentò anche il numero di strutture sanitarie che somministravano i farmaci bloccanti della pubertà a partire dai 14 anni per le persone minorenni con disforia di genere.
Ma nel 2017 arrivò un nuovo presidente degli Stati Uniti. E una combinazione di allarme per la somministrazione di farmaci ad azione ormonale nei bambini, di preoccupazioni tra i conservatori per l’aumento degli adolescenti che si definivano come non-binari (quelli che si identificano come transgender sono un gruppo molto più piccolo) e di opportunismo politico alimentò un movimento socioculturale di segno contrario.
A dicembre 2017 venti esponenti della gerarchia ecclesiastica pubblicarono una dichiarazione intitolata “Creati maschio e femmina” che di fatto trasformò la questione dell’identità di genere in una vera e propria guerra ideologica nazionale, sostenendo che «lo Stato stesso» doveva combatterla (da allora numerosi Stati americani accolsero l’invito). Anche quattro vescovi cattolici firmarono la lettera, compreso l’allora arcivescovo di Louisville, dove si trovava il convento di Derouen delle Suore Domenicane della Pace.
Le superiore di Derouen, pur riaffermandole il loro sostegno, ritennero che non fosse «il momento giusto» per rendere pubblica la sua attività. Derouen, che aveva imparato fin dai tempi di New Orleans che l’espressione “il momento giusto” poteva indicare un tempo indeterminato, si chiedeva se il momento giusto sarebbe mai arrivato. La risposta le fu data da avvocati canonisti e da ex superiore di comunità religiose femminili che aveva consultato. Poiché la responsabilità principale della gerarchia dell’ordine religioso era la sicurezza e il benessere dell’intera congregazione, era difficile che potesse ottenere il permesso di lavorare allo scoperto.
«Lo potevo comprendere», dice oggi Derouen, «ma guardavo anche alla comunità transgender, dove le persone venivano uccise. E ora persone in tutto il Paese che non sapevano nulla di loro stavano dicendo cose che potevano solo peggiorare la situazione».
Continuò a pregare su questo terribile dilemma per settimane, impiegando infine una tecnica di discernimento spirituale che prevede di immaginarsi sul letto di morte e di rivedere con Dio le decisioni della propria vita. Si ritrovò a piangere a dirotto, dicendo: «Oh Dio, non voglio morire nel nascondimento!». Decise allora di prendersi la responsabilità della decisione. Come scrisse in seguito, «per quanto una persona cisgender possa sperimentare ciò che le persone transgender provano, ora lo stavo vivendo io! Stavo per scivolare giù dall’orlo del precipizio».
L’articolo-intervista di domande e risposte del Global Sisters Report, nel giugno 2018, fu una sorta di consacrazione. suor Gramick, l’apripista, definì Derouen «una pioniera della lettera ‘T’ della pastorale LGBT», in un momento «in cui la maggior parte dei cattolici stava appena arrivando a comprendere e accettare le lettere ‘L’ e ‘G’».
La voce che emerse quel giorno non era più quella di una suora anonima impegnata in un lavoro pastorale da qualche parte «là fuori», ma della più importante operatrice pastorale cattolica per persone transgender della nazione. Era la parola autorevole del servo che va per le strade e lungo le siepi, che riferiva al re dei nuovi invitati al suo banchetto di nozze. Ed era una voce che si alzava come testimonianza e riconoscimento delle persone transgender, mentre la Chiesa, agli occhi di alcuni, continuava a screditare persone innocenti. Derouen fece notare a Gramick che due diocesi avevano recentemente promosso dei seminari per i dipendenti riguardanti la realtà transgender, ma «in entrambi i casi le informazioni fornite erano obsolete, imprecise e poco rispettose».
Con grande sorpresa di Derouen, le reazioni della gerarchia cattolica furono minime. Ciò potrebbe avere avuto a che fare con una certa confusione iniziale circa le opinioni di papa Francesco sulle questioni transgender. Francesco si è distinto per il suo entusiasmo pastorale, per la sua visione di una Chiesa più orientata ad accompagnare che a condannare. Si è molto preoccupato delle persone ai margini, identificandosi come un peccatore al servizio di altri peccatori.
Questo valeva anche per le persone omosessuali in cerca di Cristo, a proposito dei quali disse la famosa frase: «Chi sono io per giudicare?» e, a quanto pare, anche per le persone transgender. Passerà alla storia per aver salutato i gruppi transgender in piazza San Pietro, incontrandoli nel suo ufficio e facendo in modo che un gruppo di persone transgender romane fosse vaccinato durante il COVID. (Lo scorso ottobre, il Papa è andato anche oltre, confermando in un documento ufficiale che le persone transgender possono essere battezzate e svolgere il ruolo di padrini/madrine di battesimo e di testimoni di nozze).
Ma, come per molte altre questioni, la sua accoglienza pastorale a questo gruppo di persone marginalizzate nella chiesa tradizionale non è arrivata a determinare la modifica della dottrina ufficiale che aveva reso la loro vita come persone cattoliche e transgender quasi impossibile. Infatti, parlando del concetto di genere, Francesco ha ulteriormente intensificato i toni apocalittici di Benedetto, definendo la teoria del gender un «nuovo peccato contro Dio» e una minaccia simile alle armi nucleari.
Come Benedetto, in teoria stava prendendo di mira un’ideologia, non le persone transgender. Eppure, sembrò che i funzionari del Vaticano non avessero chiara in mente questa distinzione. Una dichiarazione dell’ex Congregazione per l’Educazione Cattolica del 2014, intitolata Maschio e femmina li creò, citazione testuale del Libro della Genesi, metteva in guardia da una «crisi educativa» causata dalla tipica rappresentazione stereotipata del male: l’«ideologia a cui è stato dato il nome di ‘teoria del gender’».
Ma descriveva tale teoria come «nient’altro che un concetto confuso di libertà nell’ambito dei sentimenti e dei desideri, o impulsi transitori provocati da pulsioni emotive e dall’arbitrio dell’individuo, in contrapposizione a qualsiasi decisione basata sulle verità dell’esistenza». Chi potrebbe mai essere questo «individuo» velleitario, emotivo e oppositivo, se non una persona transgender in carne e ossa?
Anche il documento Maschio e femmina presenta il binarismo di genere come scienza consolidata: «Le cellule maschili (che contengono cromosomi XY) differiscono, fin dal momento del concepimento, dalle cellule femminili (con i loro cromosomi XX)». Secondo la logica degli autori, un cambiamento nell’identità di genere non può che essere una situazione occasionale, momentanea e frutto di una scelta; il documento lo accomuna all’identità queer e al poliamore (una relazione che coinvolge più persone). Il documento invita gli educatori cattolici a «fornire una risposta solida» contro queste «antropologie caratterizzate da frammentazione e provvisorietà».
Derouen si oppose con argomentazioni solide al documento Maschio e femmina. Leggere il testo biblico come se fosse contrario alle identità transgender, disse la suora, privilegia la lettura fondamentalista rispetto alla posizione più vera e costruttiva di un credente nei confronti della realtà, che è la continua meraviglia nel progressivo scoprire la gloria di Dio nei dettagli della creazione. L’idea che le persone diventino transgender per capriccio o per una posizione ideologica andava contro tutto ciò di cui lei era stata testimone nei suoi 23 anni di esperienza. Inoltre, riteneva che le affermazioni della Congregazione sullo sviluppo embrionale fossero «troppo semplicistiche».
Sospettava inoltre che, sebbene la destinazione del documento fosse tecnicamente limitata alle scuole e agli educatori cattolici, alcuni vescovi statunitensi lo avrebbero inteso come una chiamata ad un’azione più ampia. Le persone transgender, dice Derouen, erano ora «nel mirino dei vescovi, che sentivano di dover fare qualcosa».
E in effetti, nei nove anni successivi, oltre quaranta diocesi statunitensi hanno rilasciato dichiarazioni e documenti che «limitavano il genere», secondo David Palmieri, fondatore di Without Exception, una rete di educatori che sostengono gli studenti LGBTQ nelle scuole superiori cattoliche. Molti si oppongono all’uso di farmaci che bloccano la pubertà e agli incontri di counseling professionale per l’affermazione del genere per i minori che manifestano disforia. Il vescovo Michael F. Burbidge di Arlington, Va., ha dichiarato che «nessuno ‘è’ transgender».
La diocesi di Fairbanks ha dichiarato che «ogni persona dovrebbe accettare e cercare di vivere in conformità con la propria identità sessuale determinata alla nascita». Dichiarazioni di varie diocesi hanno stabilito che, secondo le parole della diocesi di Lansing, «per tutti gli studenti della scuola e per i loro genitori saranno utilizzati pronomi in accordo con il loro sesso biologico dato da Dio». La diocesi di Marquette, Michigan, ha annunciato che «una persona che si identifica pubblicamente con un genere diverso dal proprio sesso biologico o che ha tentato una ‘transizione di genere’ non può essere battezzata, cresimata o accolta nella piena comunione nella Chiesa, a meno che non si sia pentita».
Outreach ha contattato diversi vescovi che hanno rifiutato, per lo più a causa di impegni concomitanti, di parlare dell’attività pastorale con le persone transgender di suor Derouen o delle sue critiche alle posizioni di vari vescovi. L’eccezione è stata l’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, che ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che «le persone transgender devono essere amate, [ma] l’ideologia transgender è qualcosa di diverso». Ha citato la «differenza tra un’ideologia in sé e la cura delle persone che soffrono a causa di quell’ideologia». In un saggio pubblicato sul sito web dell’arcidiocesi, l’arcivescovo Cordileone, parlando della disforia di genere, scrive che «Si sta ancora discutendo su quale sia il modo migliore per prendersi cura delle persone che soffrono di una dolorosa frattura tra il loro corpo e la loro mente», ma descrive anche le persone transgender come se vivessero «in contrasto» con «gli insegnamenti della Chiesa sul sesso e sul matrimonio», non tenendo conto del «significato relazionale e sponsale del corpo».
*David Van Biema è stato il capo redattore della sezione religione per la rivista Time, dove ha lavorato dal 1993 al 2008. I suoi scritti sono apparsi su The Atlantic, America, Religion News Service e altri.
Testo originario: No Body Now But Yours