Il cardinale McElroy: “tutte le branche della teologia devono occuparsi della realtà concreta della vita”
Riflessioni di monsignor Robert W. McElroy* pubblicate sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 2 marzo 2023, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro, parte seconda e ultima
La tradizione morale secondo cui tutti i peccati sessuali sono peccati gravi è una deduzione astratta che deriva da un concetto mutilato della vita morale cristiana; è una definizione di peccato per nulla coerente con il resto della dottrina morale cattolica, in quanto costrutto puramente intellettuale.
Il grande filosofo francese Henri Bergson vide bene l’inadeguatezza di tale approccio di fronte alla ricchezza della fede cattolica: “Vediamo come l’intelletto, così abile nel trattare l’inerte, sia invece goffo nel momento in cui tocca il vivente. Sia che voglia avere a che fare con la vita del corpo o con la vita della mente, esso procede con il rigore, la rigidità e la brutalità di uno strumento non concepito per tale uso [… ] L’intuizione, al contrario, si adatta alla forma stessa della vita”.
La vocazione alla santità richiede un approccio concettuale e intuitivo che porti alla comprensione del significato del discepolato in Gesù Cristo. Discepolato significa sforzarsi di approfondire la fede e la relazione con Dio, incarnare le Beatitudini, costruire il Regno in grazia di Dio, essere il buon samaritano.
La vocazione alla santità coinvolge tutta la nostra vita, compresi i nostri sforzi per avvicinarci a Dio, la nostra vita sessuale, famigliare e sociale, e anche riconoscere il peccato dove fa capolino, e tentare di sradicarlo. Significa anche riconoscere che ciascuno di noi commette peccati gravi, anche di omissione, e in tali momenti dovremmo ricorrere al sacramento della Penitenza. Tali mancanze, tuttavia, non dovrebbero condurre alla categorica esclusione dall’Eucarestia.
È importante far notare come i miei critici non cerchino mai di dimostrare come tale tradizione morale possa essere corretta, o coerente con il resto della dottrina morale cattolica; non fanno invece che ripetere che questa è una questione dottrinale e non pastorale.
A questo risponderei che papa Francesco ci invita proprio ad apprezzare la relazione vitale tra gli aspetti pastorali e quelli dottrinali della vita della Chiesa, anche su tematiche come questa.
Attraverso il prisma pastorale
Nel suo magistero papa Francesco mette al centro della vita della Chiesa una sostanziosa teologia pastorale, il che significa che, nel dare forma alla dottrina, tutte le branche della teologia devono occuparsi della realtà concreta della vita e della sofferenza umane in modo più efficace che nel passato. L’esperienza vissuta della fragilità e della conversione è cruciale per comprendere l’attributo fondamentale di Dio quando è in relazione con noi, vale a dire la misericordia. La teologia morale deve procedere dai concreti atti pastorali di Gesù Cristo, che non inizia chiedendoci di cambiare vita, ma per prima cosa ci accoglie con l’amore divino.
Secondo la teologia pastorale di papa Francesco, la vita liturgica e sacramentale della Chiesa deve accogliere compassionevolmente le difficoltà, spesso insormontabili, che impediscono alle donne e agli uomini, in certi periodi della loro vita, di conformarsi pienamente alle importanti sfide che propone il Vangelo. Francesco inoltre rifiuta quel concetto di legge che è cieco di fronte all’unicità delle situazioni concrete, delle sofferenze e delle limitazioni che caratterizzano l’essere umano.
Sono tre i princìpi fondamentali di questa teologia pastorale. Il primo è il riconoscimento del fatto che la Chiesa dovrebbe riflettere gli atti pastorali del Signore. Dovremmo incorporare in ogni elemento della vita della Chiesa le tracce lasciate da Gesù Cristo qui sulla terra. Per prima cosa il Signore accoglie la persona, poi la guarisce, e poi la invita a un cambiamento.
Tutti gli elementi di questo incontro di salvezza con il Signore sono essenziali, ma è essenziale anche il loro ordine. Per prima cosa Cristo rivela l’accecante misericordia e l’amore senza limiti di Dio, poi guarisce quella particolare forma di sofferenza da cui la persona è affetta, e solo allora invita a uno specifico cambiamento di vita.
Questo schema deve diventare sempre di più il modello per la proclamazione della fede e dell’azione risanatrice della Chiesa nel mondo, una imitatio Christi per una Chiesa pastorale in un’epoca che rifiuta astrazioni, autorità e tradizioni. Il chiaro riconoscimento del peccato e l’invito al cambiamento di vita in conformità con il Vangelo sono essenziali per la conversione cristiana e per il raggiungimento dell’autentica felicità in questo mondo e nell’altro, ma è una chiamata che va espressa attraverso l’accoglienza tenera e compassionevole di una Chiesa che svolge il suo ministero in tempi lunghi e con pazienza, come ha fatto Cristo.
Il secondo principio della teologia pastorale di papa Francesco è che la Chiesa deve impegnarsi in un autentico accompagnamento. Nella Evangelii gaudium (La gioia del Vangelo) il Pontefice esprime il profondo coinvolgimento e l’apertura che devono impregnare la vita e l’azione pastorale della Chiesa: “La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr Es 3,5)” [n. 169]. La sfida consiste nell’arrivare a vedere gli altri come Dio li vede: anime incredibilmente preziose, dalla natura e dall’identità individuali, ma tutte ugualmente amate dal Signore.
Il terzo fondamento è l’asserzione secondo cui l’identità, la dottrina e l’azione della Chiesa devono essere radicate nelle situazioni di vita che gli uomini e le donne di oggi affrontano nel mondo. Qualsiasi discepolo ha a che fare con circostanze enormemente complesse che gli impediscono di vivere coerentemente e pienamente secondo il magistero della Chiesa, e qui troviamo anche i divorziati risposati e le persone LGBT sessualmente attive.
La teologia e l’accompagnamento pastorali cercano di ricapitolare e replicare l’incontro salvifico di Gesù Cristo con il santo e il peccatore che risiedono in ogni anima umana, toccando ogni dimensione dell’esistenza umana nel mondo reale e invitando ogni discepolo in lotta al banchetto eucaristico in questo mondo e nell’altro.
Chi si oppone alla missione pastorale di papa Francesco spesso afferma che la dottrina non può essere messa in ombra dalla pastorale, ma è ugualmente importante riconoscere che la pastorale non può venire eclissata dalla dottrina, in quanto il ministero pastorale di Gesù Cristo sta al cuore di ogni concezione equilibrata della Chiesa che siamo chiamati ad essere.
L’autenticità pastorale è altrettanto importante dell’autenticità filosofica e dell’autenticità della legge nell’accompagnare la Chiesa a vivere il mandato che il Signore ci ha assegnato. Preghiamo perché nei mesi a venire lo Spirito Santo guidi la Chiesa nel discernere i modi per concretizzare tale visione della fede e della grazia.
* Il cardinale Robert W. McElroy, è un cardinale e vescovo cattolico statunitense, dal 2010 è stato vescovo ausiliario di San Francisco, nel marzo 2015 è diventato vescovo di San Diego.
Testo originale: Cardinal McElroy responds to his critics on sexual sin, the Eucharist, and LGBT and divorced/remarried Catholics