
Riflessioni di Antonio Cammelli tratte da
Castello7 del 5 aprile 2009
Mentre sulla terra si fa buio, pur essendo pieno giorno, sulla scena del Golgota risuona il grido disperato di un Gesù morente Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? (Mc 15, 34) e nel mentre il velo del tempio si squarcia, il centurione (15, 39) esclama: Veramente quest’uomo era figlio di Dio.
Si tratta di una esclamazione assolutamente inimmaginabile perché fatta da un pagano, da un ufficiale dell’odiato esercito romano che nel corso di tutto il racconto della Passione ha sbeffeggiato, insultato, percosso e vilipeso il Cristo sofferente finendo per prendersi anche le sue vesti.
Questo versetto è sicuramente il punto culminante del vangelo di Marco: la piena rivelazione dell’identità di Gesù diventa pubblica. Il centurione dà una risposta di vita alla domanda del sommo sacerdote (Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto? Mc 14, 61-62) che interpreta la risposta affermativa di Gesù come una bestemmia che merita la morte.
Colpisce, ancora una volta, come il cosiddetto mondo religioso sia così chiuso nei confronti di Gesù. Ora, in contrasto con quella incredulità, un pagano fa l’ammissione che era stata lungamente attesa in tutto il vangelo di Marco. Naturalmente dobbiamo chiederci quale senso il centurione romano possa aver dato all’espressione “Figlio di Dio”, e, nel contempo, chiederci quale possa essere il senso ad essa attribuito dall’evangelista che ce lo riferisce.
Ad esempio in Luca (23,47) il centurione riconosce Gesù semplicemente come un giusto, il che potrebbe essere più vicino alla realtà dei fatti. Infine un uomo della sua condizione sociale e cultura potrebbe aver avuto dimestichezza con un titolo romano imperiale indicante nobiltà come divi filius.
Tutto è possibile, anche che si tratti di una ammissione emotiva, tuttavia questo piccolo inciso nel drammatico spettacolo della passione al suo epilogo, ha una sua continuità e coerenza: ancora una volta un pagano, uno straniero riconosce ed accredita Gesù in un momento in cui il messaggio cristiano conosce il suo momento più debole, in cui Gesù è restato drammaticamente solo.
Tornano alla mente i pubblicani, le samaritane, i tanti presunti peccatori che hanno avvicinato Gesù nel corso della sua vita pubblica.
Il centurione romano è davvero il simbolo di tutta una umanità che continua a guardare al crocifisso con la fede nella vita e nella speranza di cambiare se stessa ed il mondo.