Il coming out di mia figlia e la strana chiamata di Gedeone (Giudici 6, 11-24)
Riflessioni di Federica F. Zanoni
“Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita. Gedeone, figlio di Ioas, batteva il grano nel frantoio per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!». Gedeone gli rispose: «Perdona, mio signore: se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: «Il Signore non ci ha fatto forse salire dall’Egitto?». Ma ora il Signore ci ha abbandonato e ci ha consegnato nelle mani di Madian». Allora il Signore si volse a lui e gli disse: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?». Gli rispose: «Perdona, mio signore: come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre».
Il Signore gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo». Gli disse allora: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che proprio tu mi parli. Intanto, non te ne andare di qui prima che io torni da te e porti la mia offerta da presentarti». Rispose: «Resterò fino al tuo ritorno». Allora Gedeone entrò in casa, preparò un capretto e con un’efa di farina fece focacce azzime; mise la carne in un canestro, il brodo in una pentola, gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì. L’angelo di Dio gli disse: «Prendi la carne e le focacce azzime, posale su questa pietra e vèrsavi il brodo». Egli fece così.
Allora l’angelo del Signore stese l’estremità del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; dalla roccia salì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime, e l’angelo del Signore scomparve dai suoi occhi. Gedeone vide che era l’angelo del Signore e disse: «Signore Dio, ho dunque visto l’angelo del Signore faccia a faccia!».
Il Signore gli disse: «La pace sia con te, non temere, non morirai!». Allora Gedeone costruì in quel luogo un altare al Signore e lo chiamò «Il Signore è pace». Esso esiste ancora oggi a Ofra degli Abiezeriti.”
(Giudici 6, 11-24)
Una strana chiamata: così mi è apparsa la sfida con cui il Signore mi ha interpellato, in un giorno qualsiasi, in un’ ordinaria quotidianità, con il devastante coming out di mia figlia: “sono una persona transgender”…
Una chiamata non pianificata, la mia, imprevista, imperscrutabile, nonostante imponderabili segnali avessero fatto volgere lo sguardo sulla vita di mia figlia in altre possibili, auspicabili, direzioni: radicalità in una scelta di clausura? contemplazione in una vita francescana? missionarietà evangelica in terre straniere?
Nulla di tutto questo…
Una chiamata disarmante, la mia, percepita come non commisurata alle mie risorse, ai valori educativi dedicati alla mia famiglia e al suo futuro, immaginato e forse idealizzato come ricco di aspettative, agli occhi di un genitore sempre straordinarie, pur nella loro verosimile banale ordinarietà.
Ma quanto il Signore mi stava chiedendo risultava inaccettabile, incomprensibile, impietoso.
Come Gedeone, che tranquillamente batteva il grano nel frantoio, ho avvertito l’improvviso senso di incredulità, lo smarrimento e l’abbandono, poi sfociati in una prospettiva di riluttanza, di rifiuto e di rabbia: ”Io sono il più piccolo nella casa di mio padre”. “Perché ci è capitato tutto questo?” “Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato?”
Ma ho anche chiaramente avvertito di non essere sola in questa sfida:“Il Signore è con te, uomo forte e valoroso…Va con questa tua forza…non ti mando forse io?…Io sarò con te…”
Si è aperto allora tra me e il Signore un dialogo serrato e incalzante, privo di riserve e senza mezzi termini: come Gedeone, ho dato corpo a una lotta sfibrante sfociata poi in un’ arrendevole risposta di concretezza immediata, in un rimboccarsi di maniche nella prospettiva di una relazione positiva, accogliente e generativa.
“Gedeone entro’ in casa, preparo’ un capretto e con un ‘efa di farina preparo’ focacce azzime, mise la carne in un canestro, il brodo in una pentola…e glielo offri’.”
Se la realtà da accogliere mi è parsa fin da subito dura, cruda, amara, la creatività della vita ha preso il sopravvento nel trasformare i pochi elementi che avevo in una prospettiva di generosità e di nutrimento, nello stile della condivisione. Come in una cucina dinamica sempre in movimento, nulla è rimasto come prima, tutto si è trasformato in accettazione, accoglienza, abbondanza d’amore: precursori di un passaggio esistenziale, di un’offerta eucaristica?
“Dalla roccia salì un fuoco”: questa immagine sintetizza l’ardore, il calore, la luce ma anche la fatica che hanno accompagnato il mio cammino. Accendere un fuoco è come iniziare un progetto ma talora è impresa non facile: solo quando la legna comincia ad ardere veramente prende vita un insieme di mutamenti che coinvolgono tutti quelli che sono vicini: non si può rimanere indifferenti. Solo chi ha vissuto questa esperienza la può rivedere in un legnetto annerito ritrovato dopo anni dimenticato in una tasca.
Allora, dalla lotta, dall’ardore del fuoco, dalla fiducia incondizionata, è scaturita una prospettiva rasserenante, una dimensione provvidente e salvifica: “La pace sia con te, non temere…”
Un punto di partenza per ciascun credente, per ciascun genitore che si trovi a vivere l’inatteso, l’insperato nella vita segreta dei figli, spesso angoli di mistero nelle nostre teste, mai del tutto partoriti.
Una liberazione che offre un’apertura di fronte al futuro: “Il Signore è pace”, la certezza che Dio Padre è presente in un abbraccio di sé con gli altri, in un crescere insieme nel tempo.