Il giubileo ovvero la festa della restituzione

Riflessioni di Alessandro Ludovico Previti
Lunedì sera, 26 maggio 2025, ci siamo ritrovati su Zoom per il primo degli incontri che ci accompagneranno nel cammino verso il pellegrinaggio giubilare (de “La tenda di Gionata e le altre associazioni” che ci porterà sabato 6 settembre ad attraversare la porta Santa di San Pietro).
A guidarci nell’,’incontro è stato don Gian Luca Carrega, con una riflessione intensa e stimolante: “Giubileo, la festa della restituzione”.
È difficile riassumere le tante intuizioni che ci ha regalato, ma chi era presente lo sa: non era una lezione, era un attraversamento. Don Gian Luca ha cominciato con una provocazione, che ci ha accompagnato per tutto l’incontro: e se il Giubileo non fosse tanto un punto di arrivo, quanto il riconoscimento di un limite? Un’occasione per restituire equilibrio là dove anche la Legge, da sola, non riesce?
Il Giubileo, ci ha ricordato, nasce nella Bibbia come correttivo. È la Legge stessa che dichiara la propria insufficienza, perché da sola non basta a fare giustizia. Serve qualcosa di più: un intervento straordinario, un cuore che ascolta, una comunità che si ricorda che tutto, in fondo, appartiene a Dio. In certi casi, ha detto, è meglio una legge imperfetta dell’anarchia. Ma perfino la Torah, che consente la schiavitù per debiti, prevede che questa non possa durare per sempre. Ogni 50 anni, tutto si rimescola.
Ha fatto l’esempio del gioco della Formula 1, quando entra in pista la safety-car: azzera i vantaggi, ma chi ha la macchina più veloce vince lo stesso. Così il Giubileo non cambia le strutture della disuguaglianza, però dà respiro a chi sta indietro. E poi ha citato la nonna con la minestra e il vigile con la multa: qui don Gian Luca ha fatto una distinzione importante. La legge, in senso giuridico, impone e punisce, ma la Legge, con la L maiuscola, come viene intesa in questi testi biblici, ha un altro scopo: cerca di convincere, educare, orientare verso il bene. Non ha strumenti coercitivi, non prevede sanzioni. Si rivolge alla coscienza, non al timore della pena. In questo senso, la Legge cerca di convincere, non di costringere. Ci invita a fare la cosa giusta, non ci punisce se non la facciamo.
Il cuore del messaggio è che tutto appartiene a Dio. Le terre, i beni, anche le persone. “Voi siete miei servi, perché vi ho fatti uscire dall’Egitto”, dice il Signore. E se siamo tutti servi, non ha senso che un servo faccia il bullo con un altro. È qui che torna la parabola del servo che approfitta dell’assenza del padrone. Gesù è molto chiaro: la vera responsabilità è vivere come se il padrone potesse tornare in ogni momento.
A questo punto qualcuno potrebbe stupirsi: ma come, siamo stati liberati per essere ancora servi? Sì, ma non servi di un padrone che impone, punisce o domina. Siamo al servizio del bene, chiamati a una libertà che non è isolamento ma relazione. In questo senso, essere servi significa custodire ciò che non ci appartiene, vivere con cura ciò che Dio affida a ciascuno. È un servizio che libera, non che incatena. Un affidamento, non una sottomissione.
Un altro passaggio toccante è stato quando don Gian Luca ha parlato della differenza tra l’impraticabilità e la mancanza di motivazione. Il problema non è che il Giubileo sia impossibile, ma che spesso non ci crediamo abbastanza. Se tutti credessero nella giustizia, nessuno si azzarderebbe a tirare troppo la corda. C’è una pressione sociale, ha detto, che può funzionare. A patto di sentirsi davvero parte dello stesso popolo.
E poi c’è stato Gesù. Il suo modo di vivere il Giubileo, di liberare gli oppressi, di guarire, di perdonare, di includere chi era ai margini, anche gli ingrati. Gesù non ha liberato schiavi nel senso legale, ma ha guarito, perdonato, liberato da ciò che opprime. Ha dato un senso nuovo alla parola restituzione: non si tratta solo di restituire qualcosa, ma di restituire dignità, verità, relazione.
Anche le guarigioni, anche i miracoli: sono tutti gesti di Giubileo. E spesso senza condizioni: come i dieci lebbrosi guariti, di cui solo uno torna a ringraziare. Nessuno di loro si ammala di nuovo. L’amore, ha detto don Gian Luca, non si ritira se non è ricambiato.
Nella visione di Gesù, ci spiega Carrega, il Giubileo non è più un evento eccezionale: diventa lo stile del Regno. Non si tratta di restaurare un passato ideale, ma di anticipare il futuro promesso. È qui che ha risuonato la Spes non confundit di papa Francesco: la speranza come fermento di cieli nuovi e terra nuova.
E infine, un richiamo forte: il vino nuovo ha bisogno di otri nuovi. Questa visione del Giubileo richiede menti e cuori trasformati. È una rivoluzione, non una riforma. E non è facile. Ma se accettiamo la sfida, può fare bene. A noi, e a chi ci cammina accanto.
Con questo spirito continueremo il nostro cammino, accompagnati da altre voci e testimoni. Intanto, vi invitiamo a rileggere con calma il testo integrale dell’intervento di don Gian Luca, che pubblichiamo grazie all’amicizia tra il team del pellegrinaggio e La Tenda di Gionata.