Il linguaggio inclusivo: perché e come?
Testo redatto dal pastore Cherry Kittredge della Federazione Internazionale delle chiese MCC (Metropolitan Community Churches) nel 1995 e tratto da soulfoodministry.org, liberamente tradotto da Piero
Dai loro inizi, le chiese MCC (Metropolitan Community Churches) si sono impegnate a praticare l’inclusività nella vita e nella fede. Le chiese cristiane nel loro insieme e particolarmente le chiese MCC hanno portato avanti la problematica del linguaggio inclusivo (nei culti, nelle scritture, nelle pubblicazioni e nei discorsi), dagli anni ‘70 e ciò fino ai nostri giorni.
Il Preambolo del rapporto pone il problema: “perché un linguaggio inclusivo?”
“Il bisogno di cercare e di utilizzare un linguaggio inclusivo nella vita quotidiana della chiesa fu capito molto male, tuttavia l’utilizzazione tradizionale di un linguaggio non inclusivo allontanerebbe certe persone dalla chiesa. Perciò, le chiese sono state spesso indotte a utilizzare il linguaggio inclusivo. Come cristiano/a, noi dobbiamo essere attenti agli altri. Se la sola ragione di utilizzare il linguaggio inclusivo fosse di soddisfare certe persone, allora che ne sarebbe di quelli che trovano questo linguaggio fastidioso perché non familiare?
La vita e le pratiche della chiesa non possono essere stabilite in funzione di ciò che va per il meglio al più gran numero ma piuttosto cercando di conoscere la volontà e il disegno di Dio. La ragione di utilizzare il linguaggio inclusivo non è di soddisfare un gruppo in particolare ma di promuovere giustizia, riconciliazione e amore, missione per cui noi, cristiani/e siamo chiamati/e”.
1) Un mondo diviso:
Le mancanze d’amore inerenti alla condizione umana ci fanno vivere in un mondo di divisione e di oppressione. Gruppi, che hanno tradizionalmente sottomesso altri gruppi, cercano inevitabilmente e spesso inconsciamente di preservare la loro posizione di superiorità negando agli altri l’accesso al potere e ai privilegi di cui beneficiano essi stessi. Ciò può esprimersi in maniera evidente con leggi e consuetudini discriminatorie ma anche in modo indiretto, ma non meno violento, sotto la forma di concetti o di abitudini di linguaggio oppressivi nei confronti delle minoranze.
La pratica della lingua può essere insidiosa da quando designa e consacra un gruppo che sarebbe la norma. In questo modo, rinforza l’ascendente e l’importanza di questo gruppo ogni volta che la si pensa o parla. Così, diventa naturale dotare questo gruppo di più peso. Ora, la giustizia, la riconciliazione e l’amore chiedono che combattiamo l’oppressione ogni volta che si presenta e questo compito non può escludere le strutture oppressive del nostro linguaggio.
2) Allarghiamo il nostro cuore
L’utilizzazione del linguaggio inclusivo fa di più che superare gli ostacoli che sbarrano l’accesso all’uguaglianza, ci dà la libertà di apprendere e di comunicare una visione più ampia della verità. Paolo incita i Corinzi ad aprire i loro cuori affinché possano sentire pienamente il Vangelo (1 [in realtà è 2 – N.d.T.] Cor 6,13).
Nello stesso spirito, potrebbe incitarci ad aprire la nostra comprensione affinché cogliamo meglio la ricchezza e la pienezza di Dio, come quelle della nostra umanità. A questo titolo, tocca a noi superare le immagini confortevoli e familiari che ci facciamo di Dio. Il linguaggio inclusivo può servire a far progredire ognuno/a di noi nella nostra relazione con Dio, da cui la sua importanza spirituale.
3) Non così semplice
Il linguaggio non è un “affare” così semplice come ci sembra a prima vista. Il modo in cui parliamo di qualche cosa non descrive solo l’esperienza ma spesso la crea e la modella. Il potere e il significato del linguaggio, delle parole e del verbo erano chiaramente compresi dagli autori delle Scritture che identificavano l’atto di creazione con la parola di Dio (il Verbo). La Parola di Dio o il Verbo sono immagini usate costantemente per esprimere le interazioni di Dio e dell’umanità.
Il divieto che fu fatto di pronunciare il nome di Dio mostra bene il potere dato ai nomi e alle parole. D’altronde, Dio ha dato il potere agli esseri umani di dare il nome a ogni cosa sulla terra, agli uccelli e agli animali. Così, il nostro rapporto con il linguaggio in generale e con la Parola di Dio in particolare è un campo carico di senso profondo ed è importante affrontarlo con cura e precauzione.
4) Il cambiamento è costante
La tradizione biblica come la fede cristiana rivelano che il cambiamento è una costante nel discorso di Dio. E come potrebbe essere altrimenti? Perché è proprio un Dio vivente che noi lodiamo, adoriamo e amiamo e a cui rispondiamo! La nostra comprensione di Dio e la nostra speranza in lui, come individuo o comunità, crescono e ci fanno crescere.
La Bibbia nella sua forma attuale si è evoluta in un periodo di parecchi secoli. All’inizio, è con la tradizione orale che la storia sacra è stata trasmessa, poi questi racconti furono scritti e riuniti.
Numerose generazioni di credenti hanno sentito, interpretato e ripetuto questi racconti alla luce della loro esperienza e comprensione di Dio. Più tardi, altri credenti hanno dibattuto e discusso per scegliere quali racconti e quali versioni sarebbero stati inclusi nel corpus delle Scritture o esclusi.
5) Ripetere questi racconti
Non è dunque sorprendente che, al giorno d’oggi, noi seguiamo le tracce dei nostri fratelli e sorelle nella fede. Così, noi ripetiamo e raccontiamo queste narrazioni alla luce delle nostre esperienze e della nostra comprensione dello stesso Dio vivente. Questa riformulazione è la peculiarità di una pratica profetica poiché Dio ci chiama a una comprensione più grande di verità antiche alla luce di avvenimenti e di esperienze nuove.
In definitiva, fu la riformulazione della fede attraverso i profeti in risposta alla distruzione di Israele che rinnovò e fece rinascere questa stessa fede. Fu grazie alla riformulazione della volontà di Dio nella vita e con gli insegnamenti di Gesù che la legge di Dio fu compiuta. È dalla reinterpretazione della nozione di comunità di fede che Paolo stabilì le fondamenta di una chiesa inclusiva e universale.
6) Dio è senza limite
I cambiamenti proposti da queste linee direttrici hanno come frutto l’allargare la nostra esperienza e la nostra comprensione di Dio. Cessando d’identificare Dio con dei concetti a priori esclusivi e associati a un genere, a una razza, o a un gruppo dominante, testimoniamo ancora più fedelmente la natura di un Dio che non è limitato a un genere, una razza o un gruppo di persone. Il fatto che tali cambiamenti non siano né familiari né comodi per molti di noi non significa che dobbiamo sospendere i nostri sforzi.
Lasciare a Dio il potere di trasformare le nostre vite implica spesso di sottomettersi a cambiamenti a cui resistiamo di primo acchito. Il fatto che tali cambiamenti esigano la trasformazione di formulazioni tradizionali della nostra fede alla luce della parola di Dio attualizzata non è né più né meno di ciò che altri cristiani hanno dovuto fare prima di noi. Prendere parte alla riaffermazione della Parola di Dio non è un fardello ma un privilegio che è sorgente di benedizioni.
7) Definizioni:
La federazione internazionale delle chiese MCC ha deciso sui seguenti punti:
1. Che cos’è l’inclusività?
L’inclusività è un atteggiamento o una posizione di reciprocità e d’apertura verso gli altri, che riconosce ad ognuno/a un diritto e un accesso uguali all’esperienza e alla realizzazione della pienezza. È anche un impegno a eliminare le barriere, tra gli individui e le comunità, che negano questo accesso.
2. Che cos’è il linguaggio inclusivo?
Il linguaggio inclusivo rimanda a un atteggiamento o a una posizione di reciprocità e d’apertura verso gli altri, che riconosce ad ognuno/a un diritto e un accesso uguali all’esperienza e alla realizzazione della pienezza.
Il linguaggio inclusivo è l’espressione della volontà di superare le barriere esistenti tra gli individui o anche tra le comunità in ragione delle caratteristiche come l’identità sessuale e il genere, l’etnia, la classe sociale, l’età, le differenze fisiche, le nazionalità, le credenze religiose, le culture e gli stili di vita.
8) Linee direttrici a proposito del genere:
Sono state adottate le seguenti raccomandazioni concernenti il genere:
a) quando si fa riferimento a persone:
1) Utilizzare termini neutri o includere i due sessi quando si parla di un gruppo formato da persone dei due sessi.
2) Evitare i pronomi personali di un solo genere quando si fa riferimento a un gruppo formato da persone dei due sessi.
3) I termini indicanti dei mestieri o dei ruoli sociali non devono essere unicamente a un solo genere ma al maschile e al femminile.
b) quando si fa riferimento a Dio:
1) Utilizzare termini neutri per Dio ogni volta che ciò non snatura il senso fondamentale. Se si usa un maschile, termini femminili devono essere utilizzati per sollecitudine di equilibrio.
2) Mantenere un equilibrio tra le immagini femminili e le immagini maschili di Dio.
c) quando si fa riferimento a Gesù Cristo:
Benché storicamente, in ragione della sua incarnazione, Gesù sia un uomo, ciò non può significare che Dio ha scelto d’incarnarsi con caratteristiche unicamente maschili, ma che Gesù è pienamente umano e divino. Perché Gesù riunisce l’umanità delle donne e degli uomini, è giusto, evidente e normale sottolineare la piena umanità piuttosto che la mascolinità di Gesù.
9) Il linguaggio inclusivo come strumento contro la discriminazione razziale.
I suggerimenti seguenti aiuteranno ad affrontare le questioni della discriminazione razziale nel linguaggio:
– Per costruire una chiesa inclusiva dobbiamo accettare e riconoscere che siamo il prodotto del nostro passato. Anche in seno alla nostra eredità cristiana si mescola una lunga storia di razzismo (conscio o no). Il razzismo conscio o inconscio è distruttore e deve essere vinto affinché possiamo essere in accordo con la nostra fede cristiana. Di conseguenza, e per restare nel senso dell’inclusività, raccomandiamo l’eliminazione dei termini, delle rappresentazioni, e delle produzioni di immagini a carattere esclusivo e discriminatorio per indicare persone, parlare di Dio, di Gesù Cristo nella liturgia, negli inni, nei canti, nei vari discorsi.
– Il gruppo di lavoro ha avuto difficoltà a separare i concetti di pigmentazione (bianco/nero) e d’illuminazione (luce/oscurità). La società, a causa del suo razzismo latente, ha fatto una mescolanza tra i due concetti, il bene dipenderebbe dalla bianchezza e il cattivo si unirebbe con la nerezza. Da un punto di vista teologico, sono concetti diametralmente distinti, mentre nel linguaggio corrente, sono spesso confusi. Dobbiamo dunque essere estremamente attenti al nostro uso dei termini che si riferiscono a concetti di chiarezza e tenebre.
10) Un impegno di tutta una vita:
Le altre raccomandazioni importanti sono le seguenti:
– l’introduzione del linguaggio inclusivo nelle formazioni iniziali dei nuovi membri.
– un’applicazione di questi principi a tutti i livelli della vita della federazione delle chiese MCC (che sia in documenti scritti, per supporti visivi, o discorsi).
– la sensibilizzazione dei/lle candidati/e ai ministeri a queste questioni.
– sviluppare la sensibilità alle differenze di ognuno/a.
Queste raccomandazioni sono state applicate alla pubblicazione della Professione di Fede della federazione delle chiese MCC nella sua forma attuale. Il clero e le delegazioni laiche della 10ª Conferenza Generale della federazione accettarono queste raccomandazioni. Il modo di adattarle e di utilizzarle è lasciato alla valutazione di ogni chiesa locale.
È stato anche ammesso che il processo di educazione e di presa di coscienza sarebbe un impegno e un lavoro di tutta una vita. Infine, queste raccomandazioni non sono immutabili e fossilizzate perché le nostre comprensioni dell’inclusività e del linguaggio inclusivo continueranno a evolvere.
11) Per approfondire:
Mettiamo a vostra disposizione i seguenti opuscoli:
– Eastman, Donald: Omosessualità. né un peccato né una malattia: ciò che la Bibbia dice e non dice. UFMCC. 1990.
– Truluck, Buddy: La Bibbia come amica: guida per lesbiche e gay. UFMCC. 1991
– Wilson, Nancy: Anche la nostra storia: lesbiche e gay nella Bibbia. UFMCC. 1992
– Cherry Kittredge: La federazione delle chiese MCC oggi. UFMCC.1994
Testo originale