Il mio cammino di fede. Il ministero di una suora tra le persone transgender
Articolo di Nathan Schneider pubblicato sul sito di Al Jazeera America (Stati Uniti) il 2 marzo 2014, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Quando cominciò a lavorare con la comunità trans nella seconda metà degli anni ’90, suor Monica poteva dire fiduciosamente, se interrogata sulla posizione ufficiale cattolica, “Nulla, ancora nulla”. Considerava questo una benedizione. Se la Chiesa avesse dichiarato qualcosa, visti i suoi precedenti con le questioni lesbica e gay, probabilmente non avrebbe reso più facile la vita delle persone transgender. Poi, un mattino del gennaio 2003, suor Monica accese il suo computer e trovò delle email frenetiche spedite dai cattolici trans di sua conoscenza in tutto il paese.
Tutte rimandavano a un articolo apparso sul sito del Catholic News Service: “Il Vaticano afferma che l’operazione per il cambio di sesso non cambia il genere di una persona”. I suoi amici e le sue amiche volevano assolutamente sapere cosa questo significasse per loro.
L’articolo riferiva di un documento prodotto nel 2000 e spedito “sub secretum” (segretamente) ai leader della Chiesa di tutto il mondo che istruiva su come gestire i casi di transizione di sesso. Il documento, secondo l’articolo, consigliava di non cambiare il sesso delle persone trans sui registri di battesimo, nemmeno nel caso fossero state operate.
I transessuali non possono validamente sposarsi. Essendo mentalmente instabili, non devono essere ammessi negli ordini religiosi. La loro condizione deve essere curata più che altro come una specie di psicosi; tuttavia si concede che l’intervento di riassegnamento del genere possa essere moralmente lecito se necessario per curare un paziente particolarmente grave.
Suor Monica si mise a cercare il documento. Chiese a tutte le sue conoscenze, ma deve ancora trovarlo. Nemmeno il vescovo di una grande città, che incoraggia discretamente la sua opera, ne possedeva una copia.
Il massimo che poté fare fu rintracciare la versione in latino dell’articolo di un periodico di diritto canonico sul quale si basava il documento e che un suo amico tradusse con grande cura in inglese. L’autore del testo era Urbano Navarrete, un sacerdote gesuita spagnolo, ex rettore della elitaria Pontificia Università Gregoriana di Roma.
Quando nel 1997 comparve il documento, il gesuita aveva 77 anni. Navarrete morì nel 2010, tre anni dopo essere nominato cardinale da papa Benedetto XVI, che spedì un telegramma di condoglianze e predicò al suo funerale.
Il cattolicesimo viene spesso accusato di dimenticare il materiale per lo spirituale, ma non è questo il caso. Navarrete accetta solamente l’evidenza più semplice, quella visibile e genetica della nascita, per determinare il sesso di una persona – una “realtà oggettiva” in contrasto con ogni mera “sensazione” o “percezione” di un adulto o un bambino conscio.
Per i laici che percepiscono un’identità di genere diversa da quella presunta dalla nascita l’articolo nega drasticamente il diritto al matrimonio o al sacerdozio; per quanto riguarda il clero, perlomeno, è alquanto più morbido e consiglia una soluzione “che, per quanto possibile, guarisca”. Suor Monica di solito non fa leggere questo testo alle persone che cerca di aiutare.
Un colpo più duro alla comunità trans cattolica arrivò qualche anno dopo, poco prima del Natale 2008. Nel bel mezzo di una riflessione festiva sui fatti salienti del suo anno e sulla natura dello Spirito Santo, papa Benedetto denunciò ciò che chiamò la “manipolazione” della sessualità umana. Paragonò coloro che negano il paradigma di genere strettamente binario a coloro che distruggono le foreste pluviali.
Nel 2012 poi, sempre a Natale, Benedetto tornò di nuovo sull’argomento. “La gente mette in discussione l’idea di avere una natura data dalla loro identità corporea” disse. I media annunciarono un altro attacco alla comunità trans, anche se sono le persone trans quelle che lottano più di tutti per vivere secondo quella che considerano la natura a loro assegnata. Sempre Benedetto ha paragonato la sua percezione della “nuova filosofia della sessualità” con la distruzione dell’ambiente.
In quel periodo Mateo Williamson era appena arrivato in Florida per sottoporsi all’intervento di riassegnamento. È uno studente universitario (interpretariato in lingua spagnola e microbiologia) che ha effettuato la transizione due anni fa e poco dopo ha incontrato suor Monica. Mateo è cresciuto in una famiglia strenuamente cattolica e fin dall’età di otto anni ha servito come chierichetto.
Ama la sua fede e vuole continuare ad amarla nonostante i suoi genitori e i preti non gli abbiano sempre reso la vita facile. Gli hanno insegnato che voler prendere in mano un pallone da football non è solo poco femminile, è un grave peccato. La notizia del discorso di Benedetto lo ha inondato con i vecchi orrori dell’infanzia. “Mi spezzò il cuore” ricorda Mateo, che si è chiesto “Perché adesso? Perché proprio prima di Natale?” Un altro degli amici trans di suor Monica, un ingegnere elettrico quarantenne, vede nelle parole di Benedetto la ragione per cui ha abbandonato il cattolicesimo.
Papa Francesco I ha in qualche modo cambiato l’atteggiamento vaticano sulla diversità sessuale; sarà improbabile sentire da lui altre condanne natalizie. “Chi sono io per giudicare?” è la sua famosa domanda, parlando dei gay di buona volontà. La chiesa madre romana del suo ordine gesuita ha celebrato lo scorso gennaio un funerale, molto pubblicizzato, di una donna trans senzatetto che è stata uccisa, anche se Francesco non ha ancora pronunciato parole specifiche sulle persone transgender in vita.
C’è molto di più nella Chiesa Cattolica delle riflessioni che emana il Vaticano. Mateo dice, rifacendosi alla sua esperienza, che “la Chiesa Cattolica è uno dei gruppi più accoglienti nei confronti delle persone LGBT”; intende dire tra i banchi, non nella gerarchia.
Uno studio del Public Religion Research Institute (Pubblico Istituto di Ricerca sulla Religione) afferma che i cattolici statunitensi approvano una dichiarazione piuttosto vaga sui diritti transgender in una percentuale in qualche modo più elevata della media nazionale. James Whitehead è un teologo che insegna alla Loyola University di Chicago.
Negli ultimi anni, assieme a sua moglie Evelyn, psicologa, ha impiegato le sue forze per comprendere l’esperienza transgender con una lente cattolica. Da anni studiavano le tematiche lesbiche e gay e più facevano ricerche sulle persone trans, più rimanevano colpiti da quanto suonavano famigliari le loro storie di vita. “È la stessa vecchia storia” dice James “Il tipo di transizione di cui parlano le persone trans è molto simile al cammino della fede attraverso l’oscurità e il deserto che viene compiuto da migliaia di anni.”
Ha scoperto, nella sua attività di insegnante e scrittore, che, quando descrive ai cattolici l’esperienza trans in termini di viaggio spirituale, una luce si accende e loro possono comprendere.
Accenni ed echi di ciò che oggi chiamiamo transizione di genere li troviamo sparsi in tutta la tradizione cristiana. Un eunuco etiope è la prima persona battezzata nel libro degli Atti e il teologo del terzo secolo Origene si castrò dopo aver letto la frase di Gesù su coloro “che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli”. Le storie degli antichi asceti raccontano di donne che “sorpassano” il loro genere attraverso l’avanzamento spirituale o semplicemente travestendosi da uomini. Nel Medioevo santa Giovanna d’Arco venne giustiziata per essersi travestita; circolavano le leggende relative a una papessa, anch’essa di nome Giovanna, che venne uccisa per essersi spacciata per uomo.
I mistici medievali si riferivano talvolta a Gesù come a una madre e avevano visioni di latte che sprizzava dal suo seno. La Chiesa Cattolica nel suo complesso, guidata da una gerarchia di uomini vestiti da donna, è tradizionalmente vista come una donna e come la Sposa di Cristo. Le risonanze vanno oltre le apparenze.
“La tradizione cattolica riguarda interamente la dignità della persona umana” afferma Edward Poliandro, un difensore dei cattolici LGBT e delle loro famiglie di New York. “Le persone transgender hanno una particolare missione profetica da vivere, per sfidare la società dicendo semplicemente ‘Sono una persona’”.
Tuttavia, come ha affermato padre Navarrete nel suo articolo, l’esperienza transgender come è concepita oggi è qualcosa “non ancora previsto” nella Chiesa. Importanti voci cattoliche sono spesso molto dure.
Il medico Paul McHugh, per esempio, quando era primario di psichiatria dell’ospedale Johns Hopkins chiuse la sua clinica per il riassegnamento di genere, una decisione che ha sempre difeso. Un articolo del 2009 del National Catholic Bioethics Quarterly (Trimestrale Nazionale Cattolico di Bioetica) denunciò la chirurgia di riassegnamento del genere come un “errore di categoria”. Ma non c’è ancora una dichiarazione della gerarchia definitiva e pubblica che serva da dogma. “La cosa interessante della Chiesa Cattolica è che non ha una politica ufficiale sull’argomento” afferma Elizabeth Bucar, professoressa di studi religiosi alla Northeastern University, che ha intervistato alcuni gerarchi del Vaticano a Roma sul loro pensiero riguardo al genere. Aspettano e guardano.
Non sarebbe la prima volta che potenti istituzioni religiose si schierano in difesa delle comunità trans. L’ayatollah Khomeini, il padre fondatore della teocrazia iraniana, nel 1983 fu spinto a emanare un decreto in favore del riassegnamento chirurgico dopo che una donna trans irruppe nel suo studio e si scoprì i seni testimoniando “Sono una donna, sono una donna!”.
Oggi l’attività omosessuale può essere punita con la morte ma il riassegnamento chirurgico viene sovvenzionato dal governo iraniano. Ma Elizabeth Bucar consiglia ai difensori della causa trans di non insistere nel chiedere chiare affermazioni da parte della gerarchia cattolica: “Se insistete sull’argomento potreste ritrovarvi con una decisione problematica”.
Testo originale: A nun’s secret ministry brings hope to the transgender community