Il mio cammino di sacerdote con i cattolici omosessuali
Riflessioni di Don Goffredo Crema
II gruppo ”La Goccia” nasce a Cremona nel settembre del 1990. Ero allora parroco alla periferia di Cremona. I miei parrocchiani hanno subito saputo – perché da me informati – dell’esistenza di tale gruppo. Nessuna difficoltà ad accettare.
Venivo da un’esperienza quinquennale come animatore sul piano spirituale del gruppo II Guado di Milano. Mi é stato abbastanza facile organizzare un gruppo analogo a quello di Milano. Che cosa é e, soprattutto, che cosa é stato il gruppo La Goccia?
In breve. E’ stato ed é tuttora una proposta offerta alle persone omosessuali credenti e non, che erano alla ricerca di uno spazio per creare una profonda comunione umana, persone che desideravano incontrarsi con altri allo scopo di vivere una esperienza di amicizia e di amore fraterno e di sostenersi a vicenda nel proprio cammino di vita e di fede.
Le finalità erano molto semplici: servizio alla persona, cioè sostenere la persona sul piano spirituale, morale, affettivo e se, necessario, anche materiale. impegnarsi a promuovere il loro pieno sviluppo in ogni dimensione umana e cristiana.
Secondo: accompagnare i propri membri mediante il dialogo e la comune ricerca, nell’approfondimento delle grandi realtà relative al perché della esistenza umana, aiutando in particolare i credenti nel loro cammino di fede e nella esperienza religiosa.
Si é trattato di affrontare un problema molto sentito: come conciliare la fede con la propria realtà omosessuale.
Uno dei motivi che si é cercato di evidenziare e di vivere nei nostri incontri è quello della gioia di ritrovarsi insieme fra persone che si riconoscono nella stessa fede, che si capiscono e si vogliono bene.
E’ stato abbastanza facile trovare modi appropriati per creare un clima di amicizia e di serenità.
Tali sentimenti, belli, legittimi, hanno tuttavia rappresentato anche aspetti negativi. Si sono creati comportamenti settari, di chiusura a chi – per motivi che non spettava a noi valutare e tanto meno condannare – non erano sulla nostra lunghezza d’onda.
A volte ci sono stati disagi di fronte a persone nuove e forse diverse da quelle che abitualmente incontravamo.
La gioia del nostro ritrovarsi, la serenità che volevamo esprimere, dovevano essere sempre accompagnate dalla consapevolezza di una piena apertura ad accogliere tutti.
Aprirsi agli altri significava cercare di farsi un cuore a somiglianza di Dio, colmo di amore verso ogni persona. II nostro gruppo era nato proprio per accogliere persone che erano rifiutate o mal sopportate in altri gruppi, in altre aggregazioni, civili e soprattutto ecclesiali.
Nelle finalité del gruppo era chiaramente indicata questa apertura, soprattutto a chi era più solo.
C’e da ricordare a questo proposito che abbiamo registrato in questi anni fallimenti, alcuni non ci hanno trovati sufficientemente accoglienti e purtroppo ci hanno lasciato.
Quello che abbiamo sempre sottolineato é che nel nostro gruppo ognuno di noi doveva essere accettato e accolto come un fratello, che tutti dovevano essere accolti nella loro dignità di persone. ‘
A volte si sono verificati atteggiamenti di insofferenza, di antipatia nei confronti di alcuni componenti. Si e cercato di superare.
ll nostro gruppo e nato per rispondere a questa sete di rapporti interpersonali autentici, sete di comunione a misura d’uomo. Abbiamo sempre insistito in questa ricerca di comunione.
Ci sono stati dei momenti di tensione, in cui le vedute dei problemi potevano trovare soluzioni diverse. Abbiamo allora attivato il dialogo, dialogo franco, non la diatriba, non le polemiche, per trovare la strada giusta da percorrere.
Non dimentichiamo che le tensioni erano presenti anche nelle prime comunità cristiane. Ne sono testimonianza episodi del Nuovo Testamento.
Tutto questo ci ha liberati dalle facili illusioni di poterne noi essere esentati. Una vita di gruppo sembra fatta apposta per scatenare tensioni, creare difficoltà, fomentare gelosie.
Allora abbiamo accettato con umiltà i nostri limiti umani, abbiamo preso coscienza dei nostri difetti e si e tentato di maturare un atteggiamento più adulto di accettazione degli altri, di rispetto della loro personalità, delle diversità da noi.
Si é cercato di superare le gelosie, le antipatie inconsce per potere amare le persone cosi come sono non come noi desideriamo che siano.
Si e insistito molto perché il gruppo diventasse una vera e autentica scuola di amore, una scuola che ci ha insegnato ad amare sempre di più il fratello.
Un amore il nostro che si é manifestato concretamente nel|’attenzione e nell’aiuto che si poteva portare all’altro. Abbiamo stimolato la nostra creatività per fare scaturire forme di attenzione, di delicatezza, di tenerezza, di solidarietà, di servizio. II nostro amore si è espresso anche in altre forme nella fiducia reciproca, sul dialogo, preoccupati di rispettare la liberta di ognuno.
Che cosa fare per l’avvenire? Niente di straordinario. Si tratta di avere traguardi molto concreti, sempre finalizzati alla persona. Cercare di togliere quegli ostacoli e quelle difficoltà che finora abbiamo incontrato. Nulla di più. E’ questo a grandi linee il nostro gruppo.
* Don Goffredo Crema si è occupato sin dagli anni ’70 di pastorale per le persone omosessuali. Nel 1986 ha guidato, per una decina d’anni, il gruppo di criasstiani omosessuali “Il Guado” di Milano che, nell’Ottobre 1993, lascierà per fondare il gruppo di omosessuali cristiani «La Goccia» a Cremona dopo essere stato obbligato, nel 1992, a sospendere la rubrica “Gay e Fede” tenuta sul mensile gay Babilonia.
Una sua testimonianza intitolata “Il bisogno di ascolto”, sul suo cammino di prete in ascolto delle persone omosessuali, è stata pubblicata su AAVV. Il Posto dell’altro.Le persone omosessuali nelle chiese cristiane, edizioni Meridiana, 2000, pp.75-81.