Il mio incontro con un vecchio amico, Dio
Testimonianza di Ventmauvais
Ho 27 anni e da sempre praticante. “attivista cattolico”, si direbbe. Già quand’ero piccolo, molti pensavano che sarei diventato sacerdote, o comunque un pezzo grosso nella Chiesa.
A me non interessava. Credo semplicemente di aver incontrato Dio, e questo forse rendeva agli occhi degli altri la mia “partecipazione” una cosa un po’ stravagante, forse eccessiva (tipo sentire l’esigenza di andare tutti i giorni a Messa, etc).
Per anni e anni, l’unica cosa che andavo a confessarmi era il mio essere omosessuale, i miei atti omosessuali, come se tutta la mia vita si risolvesse solo e soltanto in quello.
Mi sono progressivamente allontanato dalla Chiesa, anche dopo alcune esperienze allucinanti (preti che volevano farmi andare a puttane per dimostrare che ero etero o quanto meno bisex, preti psicologi che alla fine della seduta ci provavano con me, preti che leggevano il passo evangelico della Maddalena e si mettevano a condannare i gay, i DICO, etc…).
Ma in fondo al cuore sentivo una nostalgia di Dio. Come ho scritto prima, credo di aver conosciuto Dio, di averlo incontrato, così come si può conoscere una persona qualunque. E se si conosce qualcuno di persona, non si può negare a se stessi di conoscerlo.
Per cui questo mio allontamento dalla Chiesa, dai sacramenti, mi faceva sentire lontano da un caro amico, che si è incolpato dei propri problemi, ma che non ha alcuna colpa. Spesso mi sono chiesto: “Se Dio è perfetto, possibile che ci sia un ‘errore di produzione’ così grosso, un ‘bug’ nel suo pensiero, tanto da aver creato me e tanti altri come me omosessuali?”.
Ogni volta, poi, che avevo una relazione con un ragazzo invece di saltare di fiore in fiore, al posto di sentirmi bene avevo la sensazione di “condizione STABILE di peccato” secondo la Chiesa e il relativo divieto ad accostarsi all’Eucarestia.
In “teoria” avrei potuto, confessandomi e riproponendomi di non peccare più. Ma sussistevano due problemi: il primo era che non riuscivo a ritenere peccato amare una persona, il secondo era che non avevo alcuna intenzione di troncare il rapporto col mio ragazzo.
Per cui mi accontentavo di partecipare alla Messa, ma senza fare la Comunione. E va bene che non è la “manducazione” fisica dell’Eucarestia ad assicurare di essere un discepolo di Gesù (“Fior fiore di truffaldini, di assassini e di delinquenti come Francisco Franco o Pinochet, e altri camuffati da difensori della civiltà cristiana anche vicino a noi, sono dei leccabalaustra”, dice don Franco Barbero), però a me la cosa rodeva. E non poco. E non per una pura questione di diritti o di filosofia.
Ogni volta che vado a Messa senza fare la Comunione, mi sembra di essere invitato ad una cena senza toccare cibo, un vero e proprio controsenso…
Il processo di riavvicinamento è cominciato qualche mese fa, il giorno della Pentecoste prima (legato molto alla mia spiritualità) e del Corpus Domini poi. Quel giorno, come ogni volta che viene celebrata l’Eucarestia, il sacerdote aveva pronunciato le parole: “Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi, in remissione dei peccati”.
E’ proprio quel TUTTI che non mi dava pace, perché mi sentivo escluso da quella mensa. Durante quella Messa il sacerdote (anziano, ma di quelli veri) citando addirittura il concilio di Trento, aveva detto che è l’Eucaristia stessa a liberarci dal peccato (ammettendo che peccato sia), e che è l’Eucarestia che cancella i peccati anche se gravi e anche se tanti.
Allora mi sono chiesto: perché questa ostinazione a porre dei paletti per chi deve fare o non fare la Comunione? Perché non aggiungere: “prendete e mangiatene quasi tutti”?
A questo punto la domanda era: essere in peccato mortale per la mia condizione stabile e basta, oppure aggiungere a questo il peccato di fare la comunione essendo in peccato mortale?
Pian piano, anche sentendo l’esperienza di altre persone, mi sono reso conto che tutte queste erano sovrastrutture inutili. E proprio l’incontro al Cassero del 20 giugno (2008) è stata la ciliegina finale sulla torta.
Tutti gli interventi sono stati molto belli, ma mi ha colpito in particolare quello di Gianni Geraci, soprattutto dopo la domanda specifica di uno dei ragazzi presenti proprio in riferimento alla questione: accostarsi all’Eucarestia sì o no? E la sua risposta (“se uno sente il desiderio di accostarsi all’Eucarestia, non può che essere in grazia di Dio”) è stato il mio take home message della serata.
Certo il cammino non è ancora finito ed è ancora in salita, ma il fatto di aver partecipato per la prima volta ad un incontro in cui si parlava sia dell’omosessualità che del cristianesimo ha come definitivamente unito le mie due vite parallele.