Il perdono delle Ceneri è per tutti. Dall’oppressione alla liberazione delle persone omosessuali
Riflessioni bibliche di Randall Jacki Belile, Valerie Bridgeman e Tat-Siong Benny Liew tratte da About Out in Scripture (Stati Uniti), liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Il Mercoledì delle Ceneri è un giorno significativo, anche se non certo il solo giorno appropriato, per pensare al pentimento.
In questo giorno, noi speriamo che prenderete del tempo per riflettere sul pentimento, sia sul suo significato in generale, sia, in particolare, come possa essere valido per le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Il pentimento è necessario non solo per chi ci ha offesi, ma anche per noi.
Tutti i passi per il Mercoledì delle Ceneri (Gioele 2,1-2: 12-17 o Isaia 58,1-12; Salmo 51,1-17; 2 Corinzi 5,20b-6: 10; Matteo 6,1-6: 16-21) parlano dell’accettazione di Dio, del perdono e del nostro pentimento.
Abbiamo cominciato la nostra conversazione insieme mettendo in evidenza come il pentimento sia una buona notizia perché ci rende aperti alle buone notizie. Che cosa pensate del concetto di “pentimento”? A una prima occhiata, cosa sembrano dire le lezioni di oggi sul pentimento?
Nonostante il Salmo 51,1-17 enfatizzi il fatto che il pentimento richieda un cambiamento personale interiore, suggerito dal “cuore contrito” e dallo “spirito afflitto”, Isaia 58 (specialmente i versetti 6-7) indica che il pentimento comporta atti esteriori di giustizia.
Questo ci conduce all’importante realtà che il pentimento non riguarda semplicemente il sentirsi a disagio ma il fare ammenda.
Se seguiamo la tradizione che collega il Salmo 51 con la “storia” tra l’antico governante Davide e la donna sposata Betsabea, dobbiamo opporci e rifiutare l’affermazione del salmista che Davide peccò solo contro Dio (versetto 4).
È una scusa per negare, cancellare o coprire quello che è stato fatto a Betsabea o a suo marito, Uria l’Ittita.
In questo Mercoledì delle Ceneri dobbiamo smascherare e rifiutare questa propensione a non prenderci la responsabilità per le implicazioni delle nostre azioni, quando chiniamo la testa pregando Dio senza nessuna intenzione di riparare il male fatto.
2 Corinzi 6,3 chiarisce che liberare gli altri dall’oppressione significa “non porre ostacoli sulla via di nessuno”. In altre parole, l’oppressione è per molti versi un problema di impedimento.
Forse potremmo allora esprimere il pentimento in termini ancora più positivi, vale a dire, dare il benvenuto con qualche tipo di saluto stravagante. Ecco cosa significa “rettitudine” o avere un “rapporto corretto”.
Le persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT) hanno conosciuto fin troppo bene e fin troppo a lungo l’oppressione di essere tagliati fuori dalla società in generale e dalla chiesa in particolare.
Queste esperienze reali, che continuano tutt’ora, rendono problematico il tema della sopportazione che si trova in 2 Corinzi 6. Il riferimento alle “percosse” (versetto 5), per esempio, viene compreso in maniera diversa quando molti di noi hanno appena ricordato il decimo anniversario delle “percosse” di Mathew Shepard [uno studente americano pestato e ucciso a causa della sua omosessualità n.d.t.].
Mentre alcuni di noi hanno rischiato la vita per vivere autenticamente, altri hanno pagato caro, con la perdita della vita, letteralmente. In questo senso, l’affermazione di Paolo che noi siamo “moribondi” e “puniti”, ma “viventi” e “eppure non messi a morte” può suonare alquanto falsa.
Ci sono dei limiti nel subire l’ingiusta violenza degli altri? A quali azioni Dio chiama?
Allo stesso tempo, la frase di Paolo che precede immediatamente quel passo – “considerati come impostori, eppure veritieri” – tocca un tasto doloroso ma salutare a molte persone della comunità lesbica, gay, bisex e trans .
Forse è la nostra esperienza di oppressione, di impedimento, di oppressione come impedimento che ha fatto fare a molte persone della comunità lesbica, gay, bisex e trans vari tipi di sacrifici “necessari” ma “falsi”.
Questo sembra particolarmente vero quando la retorica della sopportazione – come quella di 2 Corinzi 6 – viene predicata senza nessuna attenzione, o analisi sociale, delle differenze di potere.
Così il Mercoledì delle Ceneri potrebbe essere, sotto molti aspetti, un tempo di lutto per le comunità lesbica, gay, bisex e trans proprio perché il pentimento non è stato capito o abbracciato dai loro oppressori, o perché dobbiamo ancora stabilire rapporti corretti tra noi stessi e coloro che ci opprimono.
L’oppressione e l’impedimento che viviamo conducono inoltre a ogni tipo di relazioni danneggiate o perfino perse – famiglia, amici, lavoro e/o l’incapacità di affezionarsi veramente alla persona amata.
Per esempio, conosciamo tutti dei partner tagliati fuori dalle decisioni cruciali in un ospedale, dopo essere stati presenti nei momenti più difficili, gli ultimi momenti del partner. Al loro posto può subentrare una famiglia “legale” che prende decisioni antitetiche alla vita del partner morente.
Attraverso l’esperienza delle persone lesbiche, gay, bisex e trans di esercitare la propria apertura e ospitalità verso chi è rifiutato, possiamo arrivare a comprendere come l’accettazione o l’espiazione di Dio, o quello che Paolo descrive come “Dio lo [Cristo] ha fatto diventare peccato” (2 Corinzi 5,21) verte più sulla solidarietà che sulla sofferenza.
Cristo – nell’affermare un rapporto corretto nella solidarietà con coloro che vengono spesso ritenuti vulnerabili o superflui – diventa letteralmente, agli occhi dei suoi oppositori, una incarnazione del peccato o di ciò che deve essere evitato o distrutto.
Essere accusati di essere “peccatori” semplicemente a causa del genere o dell’orientamento sessuale può rendere il pentimento un boccone duro da digerire.
In quali modi, tuttavia, Dio può chiamare le persone lesbiche, gay, bisex e trans a una fede e a una azione più profonde e rinnovate?
Stabilire il lutto per il Mercoledì delle Ceneri non deve diventare, come dice Isaia, “il dito accusatore” (Isaia 58,9). Dobbiamo evitare la tentazione di guardare solo i peccati degli altri.
Certo, l’omofobia e l’eterosessismo sono dei peccati contro di noi. Se però pensiamo senza sosta agli altri e cessiamo di riflettere su noi stessi ed esercitare il pentimento per i nostri peccati, trattiamo noi stessi come degli oggetti.
Questo è un argomento infido e difficile per le persone lesbiche, gay, bisex e trans , perché molti di noi sono stati indotti a pensare o credere che il nostro stesso essere è un peccato o una trasgressione.
Sappiamo che quello che la società dominante ama chiamare “peccato” può essere discutibile e problematico, e speriamo che sempre più persone tra noi abbiano imparato a non peccare contro se stesse bevendosi quella bugia.
Allo stesso tempo dovremmo essere onesti e ammettere che non siamo immuni dal peccare o dal fare del male agli altri. Alcuni di noi, tuttavia, temono che riconoscere tali peccati rafforzerebbe le immagini stereotipate che la società dominate ci ha cucite addosso.
Risultato, potremmo essere tentati di nascondere i nostri peccati. Per uscire da questo dilemma, i credenti lesbiche, gay, bisex e trans devono investire del tempo in oneste e concrete conversazioni su cosa costituisce “peccato”.
Mentre pensiamo al “peccato” questo Mercoledì delle Ceneri, è importante ricordare a noi stessi che il peccato non si svolge solo intorno all’asse della sessualità ma anche intorno all’asse della razza, dell’etnia, del genere, del ceto sociale, della disabilità, e intorno alle loro intersezioni.
Molti passi di oggi come Isaia 58,7 e Matteo 6,19-21 in effetti evidenziano la necessità della giustizia economica. Diventa allora imperativo per noi esaminare cuore e mente in questa stagione, e riconoscere i modi in cui abbiamo partecipato all’oppressione e all’impedimento, così che, con le parole di Paolo, “il nostro servizio non sia biasimato” (2 Corinzi 6,3).
Le persone lesbiche, gay, bisex e trans si sono lasciate a lungo dire dagli altri chi dovremmo essere o cos’è la nostra storia. Matteo 6,1-6: 16-21 parla della tentazione di dipendere dal modo in cui gli altri vedono le nostre azioni.
Piuttosto di negare enfaticamente quelle voci negative e combattere per la giustizia, magari potremmo chiedere, il Mercoledì delle Ceneri, come i nostri sforzi per far avanzare la giustizia – con un’enfasi sui progressi misurabili – possano o meno finire per farci fare troppo affidamento sui giudizi esterni.
Forse alcune lesbiche, gay, bisex e trans hanno prematuramente associato la spiritualità e la disciplina spirituale con una forma di Cristianesimo conservatrice o oppressiva che ci siamo lasciati alle spalle.
C’è differenza tra lavorare per la giustizia per il desiderio di essere accettati o farlo da un luogo di grazia e pienezza? C’è liberazione nel praticare la fede e la giustizia senza badare al riconoscimento o alla denigrazione degli altri?
Forse la spiritualità profonda e sostenibile a cui ci chiama Matteo 6,1-6: 16-21 è proprio una spiritualità che ci permette di lavorare per non frapporre ostacoli di fronte agli altri e per mantenere i nostri cuori aperti e allargati (2 Corinzi 6,3,11) – anche in risposta a chi si chiude di fronte a noi.
Dopo tutto, il loro bisogno di denigrarci è davvero un problema loro, non nostro. Forse, più che puntare il dito sui peccati degli altri e di noi stessi, possiamo unirci all’opera di Dio di “cancellare i misfatti” (Salmo 51,1).
Fare questo richiederebbe un diverso tipo di liberazione, al di là della nostra, per far sì che le persone – anche coloro che ci opprimono e ci ostacolano – si pentano e cambino.
Se la lettura del lezionario da 2 Corinzi 6 continuasse, vedremmo come Paolo descrive questo “diverso tipo di liberazione” ai Corinzi. Nei versetti 11-12 Paolo ribadisce la sua apertura ai Corinzi nonostante loro si rifiutino di essere aperti con lui.
Per questa ospitalità Paolo indica la separazione che esiste tra i Corinzi e fa un appello a una fede rinnovata, uniti in Cristo (2 Corinzi 6,11-18). Qui l’ospitalità e la grazia conducono al pentimento e a una risposta piena di fede – “allargate il cuore anche voi” (versetto 13).
Forse in questo mercoledì delle Ceneri ci viene chiesto di pentirci e di sviluppare una spiritualità che non tratta nessuno come un oggetto, nemmeno i nostri “nemici”.
Questa spiritualità “ritirata” allora non è mai privata o individualistica, ma una spiritualità di solidarietà, profonda e ampia.
Dopo aver riflettuto sui passi di oggi sul pentimento, che cosa sentite dire da Dio? Quale appello?
Preghiera
Dio di Trasformazione,
Tocca oggi i nostri cuori in modo nuovo
con giudizi benevoli.
Maestro di Giustizia,
Mostraci il digiuno che nutre la vita,
e non il conflitto o la lite.
Spirito di Potenza,
proteggici dall’amarezza
e suscita in noi durevole umiltà.
Mostraci la tua volontà che ama il mondo,
Mostraci le gioie della giustizia,
Mostraci le profondità dei nostri cuori,
Mostraci la via del deserto.
Testo originale: Repentance Is For Everyone