Il silenzio di Gesù sull’omosessualità
Riflessione di Gabriella Lettini tratta dal libro Omosessualità, Claudiana editrice, 1999, pp.32-33
Nei Vangeli non troviamo nessuna forma di condanna nei confronti dell’omosessualità.
Secondo il vescovo episcopale statunitense John Shelby Spong, che molto ha scritto e molto si è battuto per portare la sua chiesa a sviluppare un nuovo atteggiamento nei confronti dell’omosessualità, questo silenzio sarebbe già il segno che questo per Gesù non costituiva un problema fondamentale, e forse non era affatto un problema.
Secondo alcuni esegeti, tuttavia, almeno un racconto neotestamentario metterebbe Gesù in contatto con una persona che era, molto probabilmente, omosessuale: è il racconto della guarigione del servo del centurione romano (Matteo 8,5-13, Luca 7,1-10).
I due Vangeli usano due termini greci diversi per parlare del servitore: per Matteo è un “pais”, un ragazzo, per Luca un “doulos”, un servo.
In entrambi i casi, il termine potrebbe riferirsi al costume, abbastanza diffuso nella società romana, di avere al proprio seguito un giovane che era al tempo stesso compagno e servitore.
Il testo di Luca (Luca 7,2) sottolinea che questo servitore era «molto caro» al centurione romano, usando il termine “entimos”, che si traduce con prezioso, caro, importante.
L’ufficiale romano era dunque «molto affezionato» (così la Traduzione interconfessionale in lingua corrente) a quest’uomo ora in punto di morte, tanto da andare da Gesù e chiedergli di guarirlo. Se tale interpretazione è corretta, il comportamento di Gesù assume per la nostra riflessione una valenza particolare.
Gesù non giudica in nessun modo la relazione dei due come «sospetta», ma loda anzi il centurione. un pagano, per la sua fede. Infine, guarisce l’infermo.
Questa è una storia di fede, amore e compassione, non di condanna e durezza di cuore.