Il tavolo, il cuore, la sedia. Quante persone fanno famiglia?
Riflessioni di Alessandro Previti
Vivevo in una famiglia. Tre adulti, una casa, progetti comuni, i piccoli gesti quotidiani. Non ci si pensava più di tanto, era ovvio, eravamo famiglia.
Poi è arrivata la domanda, sempre la stessa: “Ma come definisci famiglia?” oppure, ancora più filosofico, “La famiglia è un’idea obsoleta e sfuggente, non esiste una vera definizione”. Ecco, posso capire il desiderio di lasciare le cose fluide, ma se non posso definirlr famiglia, perdonatemi, perdo le parole per dire qualcosa di prezioso, un pezzo di me. Perdo la possibilità di raccontare un’esperienza che mi ha segnato, cambiato, dato gioia, un’esperienza di amore, affetto e condivisione che non è intercambiabile con qualunque altra forma di relazione.
E quando perdiamo i nomi per dare memoria alle nostre storie, perdiamo la capacità di raccontarci agli altri. E diventiamo soli.
Mi seggo su una sedia per pensare, ma cosa la definisce tale? Quattro gambe? Ma esistono sedie con tre gambe. Deve essere libera di muoversi? Eppure ci sono sedie fissate al pavimento. Se non ha le gambe, è ancora una sedia? Una cassa su cui sedersi è una sedia? E il ripiano della cucina? Può reggere una persona seduta, ma nessuno lo chiama sedia. Perché? “Perché è troppo alto!”, “non è pratico”, “perché la funzione non è quella, poi li ci devi cucinare!”.
Allora esistono dei valori che ci fanno riconoscere una sedia? Mobilità, funzionalità d’uso, misure adeguate. E così il tavolo, e così il cibo. Dopotutto, si può mangiare di tutto… ma alcune cose solo una volta, e quindi non le chiamiamo cibo; altre non nutrono, e nemmeno quelle sono cibo.
Ecco, la famiglia è simile. Può essere tre persone? Certo. Allora perché non cinque, non dieci, non mille? Deve fare tutto insieme? No. Allora perché potrebbe non fare nulla insieme? Una polifamiglia non è gelosa di più corpi? No. Allora perché dovrebbe esserlo in altre circostanze?
Non ho, non avevo, non avrò la misura esatta per definire la famiglia. Non so pesarla in chili, misurarla in centimetri, quantificarla in decibel. Ma la natura di una sedia non si misura, si capisce. La natura di un tavolo non si misura, si capisce.
E così, quando eravamo in tre al tavolo da pranzo, innamorati, quando uno lavava i piatti e gli altri aiutavano i bambini a mettere in ordine i libri di scuola, quando ognuno usciva per le proprie faccende sognando di tornare a casa, quando litigavamo e sentivamo la voglia di perdonare o essere perdonati, quando sognavamo il futuro insieme, quando eravamo un po’ gelosi del mondo fuori, quando dicevamo “questa è casa nostra”, sapevo che eravamo famiglia.