Il vescovo di Memphis scrive ai gay e alle lesbiche “anche voi siete di casa”
Testo tratto da Adista Notizie N. 55 del 23 Luglio 2005
Era il 19 maggio 2005 quando mons. J. Terry Steib , vescovo della diocesi di Memphis (USA) scriveva ai suoi fedeli della sua diocesi questa lettera con cui dava inizio ad una pastorale per l’accoglienza delle persone omosessuali, “per essere certi di non lasciarci nessuno alle spalle, per essere certi che tutti siano accolti nella loro casa, e per essere certi di promuovere una genuina gratitudine e riverenza per il dono che ognuno di noi rappresenta per la Chiesa, abbiamo cominciato a gettare le basi di un ministero diocesano con gay e lesbiche cattolici”. Un cammino che continua ancora oggi e che sarebbe bello che altri Vescovi sappiano riprendere e fare proprio.
Un ministero dedicato alla cura pastorale di gay e lesbiche perché, se la Chiesa è una “casa” che riunisce una comunità di fedeli, tanti sono i fedeli che in questa “casa” non si sentono a loro agio, “accolti ed amati”.
E’ questa la proposta-appello che un vescovo statunitense, mons. J. Terry Steib di Memphis, ha pubblicato sul settimanale della sua diocesi, “The West Tennessee Catholic“, e che è leggibile sul sito Internet della diocesi stessa. La pubblichiamo integralmente in una nostra traduzione dall’inglese.
Negli ultimi mesi, ho riflettuto molto sulla Chiesa come “casa”. In quanto “casa”, la Chiesa non è solo un edificio; è anche una comunità di fede, un’assemblea di fedeli, il “popolo di Dio”.
Nel battesimo, noi siamo accolti nella famiglia di Dio e la chiesa rappresenta la casa in cui quella famiglia si riunisce per celebrare l’amore incondizionato di Dio.
Nel corso della nostra vita, la Chiesa è la casa in cui insieme viviamo i momenti solenni, quei momenti che ci dicono chi è Dio e chi siamo noi in virtù dell’amore di Dio. Con altri membri della famiglia di Dio siamo come piccioni viaggiatori che ritornano ogni volta a celebrare nascite e morti, battesimi e matrimoni, cresime ed eucaristie.
Questi momenti sacramentali vengono trascorsi insieme accanto alle nostre assemblee “familiari” ordinarie, nelle liturgie domenicali, gli incontri dei consigli pastorali, gli studi sulla Scrittura, le prove del coro, le sessioni per la catechesi degli adulti, i gruppi giovanili, e tante altre parti vitali della nostra vita di cristiani e cattolici.
Ma riflettendo sulla Chiesa come casa, sono diventato sempre più consapevole del numero di persone – del numero di cattolici – che non si sentono più a loro agio nella loro casa.
In realtà, alcuni non sono più certi del fatto che la Chiesa sia la loro casa. In alcuni casi sono le circostanze della vita a far sì che le persone si sentano estraniate o separate. A volte è un fraintendimento del magistero della Chiesa ad allontanare la gente.
Spesso gli individui nascondono un profondo dolore che è radicato nel sapere che, per una qualsiasi ragione, la loro vita non si confà alla vita di altre persone; o peggio, sentono che quello che sono è inaccettabile.
Recentemente ho incontrato queste persone. Molte di loro sono nate all’interno di famiglie cattoliche, sono state battezzate da bambini e hanno frequentato scuole cattoliche. Hanno abbracciato la fede che veniva loro trasmessa.
Altri, grazie all’esempio di amici e sentendosi chiamati da Dio, sono diventati cristiani con il rito dell’iniziazione cristiana degli adulti. Per tutti loro, l’essere cattolici è al centro della loro identità.
Allo stesso tempo, sono persone che non sono sicure del “loro posto” nella loro casa. Sono persone – cattolici meravigliosi e bravi – che sono gay e lesbiche.
Ci siamo trovati ad ascoltarci in due occasioni. Al primo incontro, vi erano persone gay e lesbiche. Al secondo vi erano i genitori cattolici di gay e lesbiche adulti. Tra i genitori vi erano cattolici che avevano trascorso la loro vita come membri attivi della Chiesa, contribuendo a renderla una casa accogliente per tante persone.
Si sono dedicati con generosità, anche se sapevano che i loro figli si sentivano non accettati. Questi genitori di cattolici gay e lesbiche sono estremamente fieri dei loro figli.
Vedono la loro bontà e i loro talenti, ma vedono anche la loro solitudine come nessun’altro.
Mentre ascoltavo, non ho potuto fare a meno di chiedermi: quanto è profondo il fiume della nostra fede se non ci impegniamo attivamente per far sì che tutti siano ben accetti nella propria casa, la casa data a ciascuno di noi quando siamo diventati membri della famiglia di Dio tramite il battesimo? In che misura riusciremo a garantire che tutti siano valorizzati per il dono che ciascuno rappresenta?
Quanto si dilateranno i nostri cuori, mi sono chiesto, solo nel lasciare da parte nozioni preconcette riguardo a chi appartiene e a chi non appartiene alla Chiesa?
E infine, mi sono chiesto: quanto grande sarà l’amore di Dio in ognuno di noi se seguiremo l’esempio di Gesù che ci ha amati tutti, ha vissuto per tutti ed è morto per tutti? Siamo chiamati ad essere Chiesa l’uno per l’altro. Donandoci la sua Chiesa, Dio ci ha dato una dimora spirituale qui sulla terra.
Questa dimora spirituale deve precorrere la dimora che avremo per l’eternità quando tutti i muri saranno crollati e saremo veramente e completamente uniti a Dio e tra di noi. Il nostro compito in questa casa terrena è fare tutto ciò che possiamo per aiutarci a vicenda a crescere nella casa che condivideremo nei cieli.
Per essere certi di non lasciarci nessuno alle spalle, per essere certi che tutti siano accolti nella loro casa, e per essere certi di promuovere una genuina gratitudine e riverenza per il dono che ognuno di noi rappresenta per la Chiesa, abbiamo cominciato a gettare le basi di un ministero diocesano con gay e lesbiche cattolici.
Un breve sguardo alla storia – dalla schiavitù alla “marcia delle lacrime” delle nostre sorelle e dei nostri fratelli nativi americani agli scioperi degli agricoltori in California – ci ricorda che l’opera di Dio è sempre ostacolata quando gli esseri umani temono le differenze che vedono nell’altro.
Un nuovo ministero con persone gay e lesbiche aprirà ancora di più la porta alla promozione della comprensione e della compassione tra tutti noi. Aprirà la porta di “casa” a molti che sono parte importante di ciò che siamo, e ad un segmento della nostra famiglia che è stata tenuta separata da noi per troppo tempo.
Il messaggio di Gesù è chiaro: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Nei miei incontri con cattolici gay e lesbiche, ho detto loro che Gesù non ritira il suo amore da nessuno di noi. Credo questo di tutto cuore. L’amore di Dio è senza condizioni ed è il dono che Dio ci offre in Cristo Gesù: il dono dell’amore reciproco con quello stesso amore divino e incondizionato.
Vi chiedo di pregare per questo ministero. Partecipate all’impegno di accogliere l’intera famiglia nella casa che è la nostra Chiesa, dove tutti sono abbracciati dall’amore incondizionato di Dio.
Abbiamo tutti il coraggio di amare come Dio ama!