Il Vescovo Lafranconi di Cremona e il gruppo ‘Alle querce di Mamre’. Come è iniziata la pastorale con le persone omosessuali
Riflessioni di Sergio di Alle querce di Mamre, gruppo per la pastorale con le persone omosessuali della diocesi di Cremona, tratte da Acqua di Fonte n.46 del Febbraio 2008, pp.3-5
Settembre 2004: incuriosito da quanto leggo sul sito internet della Fonte, mi avvicino al mondo dei gruppi di omosessuali credenti.
Mi trovo subito a mio agio, mi rendo conto che si tratta di realtà importanti, lì trovo parte di quanto avevo già maturato per conto mio. Ho modo di conoscere altri gruppi partecipando agli incontri del Coordinamento (ndr dei cristiani omosessuali italiani a Roma e poi Catania, l’ultimo).
Primavera 2005: inizia il mio dialogo personale col vescovo di Cremona, un po’ casualmente. Non sono uno di quelli che “sbavano” dietro le tonache, se ci vado è perché lui, il vescovo, per ben due volte mi ha chiesto un colloquio.
Una volta sola, in occasione dell’ingresso del nuovo parroco, non m’è bastata! Gli ho detto di sì, ma poi ho pensato: “Che ci vado a fare?”, sicuramente è stato un invito di cortesia, visto che avevo curato l’ingresso del parroco, sicuramente con tutti gli impegni che ha, figurati se gli va veramente di parlare con me!”.
Decido di non andarci. Poi lo rivedo, alcuni mesi dopo, a una veglia di preghiera con i giovani. Mi avvicino, al termine, per salutarlo e con tutta la semplicità che lo contraddistingue mi dice: “non mi avevi detto che saresti venuto a trovarmi?”… imbarazzatissimo rispondo: “ehmm sì veramente” (una delle poche volte in vita mia in cui mi sono mancate le parole!)
“Ha ragione signor vescovo (non ci riesco proprio a chiamarlo “eccellenza”, ma lui non si offende per queste cose!), mi scuso, ma non pensavo che fosse importante comunque le prometto che la prossima settimana prenderò appuntamento con il suo se-gretario”.
Stavolta non ci scappo più! Una domanda mi attanaglia: “ma perché proprio me? E non una, ma ben due volte?”
Qualche giorno dopo vado in vescovado; ci sono già entrato altre volte, ma è la prima in cui ci vado la sera, quando il portone è chiuso. Chiamo al numero a cui mi ha risposto il segretario del vescovo, mi risponde il vescovo in persona e mi dice: “aspetta che ti apro” mentre si spalanca il cancello elettronico lo vedo scendere dalle scale; questo per rendere un po’ l’idea della persona: con la semplicità dei grandi uomini, con l’attenzione di chi sa riconoscere il tuo volto in mezzo a una folla, con la cultura e l’intelligenza che non vengono esibite, ma che traspaiono ad ogni parola.
Subito capisco che il suo invito era finalizzato a conoscere come mai, uno impegnato come me in parrocchia e nel volontariato, non avesse mai preso in considerazione una proposta vocazionale.
Sgombro subito il campo da ogni suo pio desiderio,con i miei modi un po’ bruschi e diretti: “Sono già stato in seminario e ne sono uscito anni fa, ora ho una relazione con un altro ragazzo e sono felice così”.
Senza fare una piega, mi chiede di raccontargli di me. Parliamo per circa due ore e al termine mi dice che gli pia-cerebbe capire perché, secondo quanto gli ho detto, c’è urgente bisogno nella chiesa di dialogo con il mondo omoses-suale.
Mi invita una seconda volta e poi altre 5 o 6 volte fino all’autunno 2006, sempre per una discussione via via più approfondita e franca, non sull’omosessualità o sulla teologia mo-rale della chiesa, ma sul mio modo di essere omosessuale e cristiano, con un’attenzione sempre puntata sulla mia persona e alla mia vicenda personale e, attraverso la realtà filtrata dalla mia e-sperienza, arrivare poi a parlare anche di morale e sessualità. Questo mi ha già insegnato qualcosa: se vuoi parlare ve-ramente con qualcuno, fallo parlare di sé stesso e non fargli discorsi astratti!
Ottobre 2006: muore mio papà. Il vescovo mi manda un biglietto di condoglianze. Ringrazio di cuore e con tono un po’ provocatorio, quel tono che ti viene quando tocchi la morte da vicino e ti rendi conto di quanto siano importanti i brevi giorni della vita, gli scrivo: “Perché non un gruppo diocesano di omosessuali credenti? Perché la chiesa lascia alla buona volontà di singoli pastori o laici l’iniziativa nei con-fronti delle persone omosessuali? Perché non si vuole il dialogo con questa realtà?
Io mi sono sentito un privilegiato in un certo senso, ho avuto modo di parlare con Lei, ma quanti non hanno non dico un Vescovo, ma neppure un prete o un amico cristiano o un luogo dove potersi confrontare su questi problemi?”.
Giugno 2007: pellegrinaggio diocesano a Fatima. Sei giorni a contatto col vescovo. Il dialogo è continuo, intensificato non solo dal fatto che si è gomito a gomito tutto il giorno, ma anche dalla preghiera in comune, dalla suggestione del luogo e da quella pre-senza dolce e forte, rispettosa e pervasi-va, piccola nella sua nicchia di vetro, ma pesante sulle mie spalle durante la processione, della Madonna.
Il 28 giugno (2007) la Fonte e gli altri gruppi italiani avrebbero celebrato una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia. Io mi trovo a Lisbona, nella chiesa costruita sulla casa natale di Sant’Antonio da Padova (che lì naturalmente chiamano Sant’Antonio da Lisbona!). Ho tanta voglia di partecipare in qualche modo a quella preghiera.
Non so se è il caso… il pellegrinaggio è costituito per la maggior parte da persone piuttosto su con l’età… Capiranno? Darò solo motivo di scandalo e di mormorazioni? Mi esporrò troppo? Non so che fare.
Chiedo consiglio al vescovo che ben lungi da tutti i miei scrupoli mi dice: “Perché no!? È giusto pregare per qualsiasi defunto, ancor più se si tratta di persone morte o che hanno sofferto per una causa così ignobile e ingiusta come l’omofobia. Sono sicuro che nessuno si farà problemi per questo”. E così è stato!
Il pellegrinaggio termina, sto scendendo dal pullman e il vescovo, sorprendendomi come sempre, mi chiede di andare da lui nella seconda metà di luglio: è giunto il momento di parlare di un gruppo diocesano a Cremona.
Tra luglio e settembre 2007: contatto alcuni amici della mia diocesi. Ne conosco molti, ma alcuni non se la sentono di sottoscrivere con nome e cognome una proposta scritta al vescovo, altri non se la sentono di partecipare alla “fondazione” ma si aggiungeranno in seguito, altri ancora non sono interessati, punto!
La diocesi è piccola, penso che le circa duecento parrocchie messe insieme facciano più o meno gli abitanti di Monza. Alla fine siamo in cinque che ci troviamo per stendere la proposta da inviare al vescovo.
Ecco un estratto della lettera contenente la proposta:
“Eccellenza, siamo un piccolo gruppo di fedeli laici della Chiesa di Cremona, vorremmo sottoporre alla Sua attenzione una proposta per la cura pastorale delle persone omosessuali.
La nostra proposta scaturisce dalla riflessione che la Chiesa italiana ha svolto a Verona, nel convegno dello scorso mese di ottobre 2006, dal titolo “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”.
Sappiamo bene che la Chiesa è chiamata ad affrontare sfide enormi, ben più importanti e in ambiti davvero impegnativi; ma siamo anche consapevoli che nel mondo attuale, una fetta non marginale di persone si trova a doversi confrontare con problemi legati al proprio orientamento sessuale (…)
Le chiediamo con animo fiducioso, di voler considerare la nostra proposta: che la chiesa di Cremona favorisca la nascita di un gruppo di cristiani laici che possano mettere la propria esperienza personale, la propria fede e il proprio accorato e gioioso senso di appartenenza alla Chiesa, al servizio di quanti non sanno trovare, nei difficili percorsi della vita, lo stesso amore per la propria condizione omosessuale, la stessa serena acco-glienza e accettazione di questa come dono di Dio, lo stesso senso di comunione e apparte-nenza ad una comunità che non discrimina, non allontana, non dubita di loro e che li aiuti a mettere a frutto i doni che pure ad essi sono elargiti in abbondanza dal Padre celeste.
Nei nostri intendimenti, un gruppo siffatto esprimerebbe più pienamente la carità e la cura della Chiesa (…) In questo gruppo, le persone dovrebbero avere modo di aprirsi alla speranza che nasce dal sentirsi amati e accolti e dal vedere il proprio cammino utile e proficuo anche per altri (…).
La fede, e non l’omosessualità, dovrebbe costituire il collante di questo gruppo (…) Gli incontri del gruppo avranno al centro la preghiera, con attenzione sempre viva e parte-cipazione alle altre iniziative pastorali dio-cesane, al fine di creare canali di dialogo con chi si occupa di famiglia, di educazione, di giovani, di marginalità e disagio, e di non creare una “monade” o, peggio un “ghetto”, ma in modo da costituire una pietra viva di quell’edificio che è la pastorale ordinaria della diocesi di Cremona.
Il contatto con altri gruppi simili esistenti nelle diocesi vicine, e significativamente con l’esperienza del gruppo “La Fonte” di Milano, di cui alcuni di noi già fanno parte, dovrebbe poi garantire lo scambio e l’arricchimento verso un orizzonte più ampio della diocesi e in prospettiva uni-versale.
Concretamente proponiamo:
– Un gruppo di laici cattolici, assistiti da un pastore, sotto la guida del vescovo, che si riuniscano per pregare, per discutere e per trovare occasioni di fattiva partecipazione alla vita della diocesi, al fine di offrire un punto di riferimento a quanti vivono la con-dizione di cristiani omosessuali (anche all’interno del matrimonio o della vita con-sacrata) per un sereno accoglimento di se stessi nella propria totalità di esseri umani amati, voluti e redenti da Cristo, membra vive della sua Chiesa.
– Un punto di riferimento per quei pastori che, trovandosi a contatto con persone omosessuali, per esempio durante la confessione, possano indicare questo gruppo, nella più assoluta discrezione e anonimato, per un dialogo sereno e pacato, lontano da rivendicazioni e malintesi sensi di “orgoglio”.
– Non un luogo per “guarire” come da una malattia o per trovare aiuto psicologico (in senso medi-co del temine) ma un luogo dove trovare altri fratelli che vivono la stessa esperienza, per confrontarsi con essi.
– Un luogo di ritrovo e di riflessione con incontri regolari per noi stessi che sottoscriviamo questa lettera, e che abbiamo già ini-ziato da tempo un cammino di vita alla ricerca del “disegno” del Padre su di noi, che non può prescindere e ignorare il grande dono della sessualità, anche nella forma omosessuale.
– Un luogo aperto a tutti, non solo agli omosessuali, auspicabilmente anche a coppie e persone eterosessuali che vogliano avvicinarsi e conoscere questa realtà e partecipare fatti-vamente a creare quello spirito di amore, accoglienza e fratellanza verso tutti, insegnatoci da Cristo, all’interno delle comunità di appartenenza.
– Un luogo dove anche i genitori o familiari di persone omosessuali, che spesso vivono in maniera drammatica la scoperta dell’omosessualità del figlio/a, possano rivol-gersi per trovare conforto, consiglio e aiuto.
Perché ciò si realizzi noi ci impegniamo fin d’ora a mettere la nostra preghiera, le nostre energie, il nostro tempo e tutta la no-stra esperienza, disponibili ad accogliere ogni Sua osservazione, consiglio e contributo. Tut-tavia ci stanno a cuore due punti che ci sem-brano essenziali:
Il gruppo dovrebbe essere il più possibile inserito nelle iniziative pastorali della diocesi (…) Come gruppo ci impegniamo a studiare e approfondire gli insegnamenti della Chiesa in tema di sessualità.
Chiediamo però di essere accolti, amati e accettati come omosessuali, di non dover dissimulare la nostra condizione e di non dover accogliere alcuna “terapia riparativa” (…)
La nostra fede e la nostra gioia poggiano sulla certezza di essere amati e voluti da Dio così come siamo. Per questo non accetteremmo alcuna guida che ci facesse percorrere un cammino opposto.
A Lei chiediamo di indicarci:
Un luogo ove poterci incontrare; Un pastore per l’assistenza e la guida spirituale; L’aiuto e le indicazioni perché quest’iniziativa possa essere accolta fra le attività pastorali della diocesi (…)
Con filiale gratitudine chiediamo la Sua preghiera e la Sua paterna benedizione.” . Seguono 5 firme
E siamo a oggi: il vescovo ha accolto la nostra proposta, ha incaricato don Antonio di farci da guida, ci ha assegnato una sede (definitiva?): una bellissima vecchia canonica appena ristrutturata poco fuori Cremona.
Abbiamo avuto un primo incontro di conoscenza reciproca lo scorso 20 gennaio (2008), ancora solo “per pochi intimi”. Il prossimo probabilmente all’uscita di questo numero di Acqua di Fonte… (ndr Febbraio 2008)
Quello che ho raccontato brevemente è solo l’antefatto. Come avrete potuto intuire, si tratta di un’esperienza un po’ diversa da quelle di altri nostri gruppi, almeno nelle premesse.
Sono però convinto che questa è l’unica strada: la ricerca costante e paziente di dialogo. Il dialogo richiede stima e rispetto per l’altro, richiede apertura per capirne le ragioni, richiede la disposizione a poter cambiare idea nel caso ci si accorga di essere in fallo; richiede soprattutto la consapevolezza che la Verità, per un cristiano, è Cristo stesso, che è sempre oltre, aldilà e al di sopra delle nostre piccole verità e che la nostra meta è Lui.
Noi, piccolo gregge, ci siamo incamminati, senza paura, con tanta speranza. Il resto lo lasciamo alla Provvidenza.