In cerca di una spiritualità omosessuale. Come trovarla?
Riflessioni di Carlos Osma tratte da Lupa Protestante (Spagna) del 2 febbraio 2010, liberamente tradotte da Alessandra C.
Non esiste comportamento più distruttivo per qualsiasi spiritualità omosessuale della passività e del rancore. È certo che i cristiani omosessuali imparano a disprezzarci, guardandoci attraverso gli occhi del dio della etero-normativa, e che i seguaci di questo dio ignorante e crudele ci offrono in sacrificio per difendere il loro sistema di potere eterosessuale.
Noi lesbiche e gay cristiani non possiamo eliminare tutto questo dal nostro passato né tantomeno dal nostro presente. Ma se pensiamo che le cose non possano cambiare, non possano evolvere, diventiamo complici e ugualmente responsabili del sistema oppressore. Di fronte alla passività rispondiamo con la libertà. Nei due precedenti articoli sul tema, l’esodo degli schiavi d’Egitto ci ha aiutati a riflettere sul Dio che ci rende liberi.
Alcuni commenti ci hanno permesso di intuire che probabilmente era più appropriato parlare di liberazione piuttosto che di libertà. Personalmente opino che esiste un momento in cui la persona omosessuale fa esperienza di un Dio che la ama così com’è; in tale istante le catene psicologiche, religiose e sociali si sciolgono, e si riconosce se stessi come una persona libera.
Questo è il punto di partenza per una spiritualità omosessuale sana, l’essere consapevoli della libertà a cui Dio ci chiama. Questa chiamata in sé è sufficiente a trasformarci in persone libere. Tuttavia, come mi hanno indicato in alcuni commenti, per spiegare tutto quello che avviene dopo è più opportuno utilizzare il termine liberazione.
Calza meglio alla nostra esperienza, posto che si sappia di intraprendere la strada verso una terra promessa, strada in cui mano a mano ci liberiamo dai vecchi pregiudizi che si sono radicati in noi, e strada che ci permetterà di conoscere meglio Dio, nella misura in cui ci impegniamo nella totale liberazione dell’essere umano.
La liberazione dai pregiudizi che ci sono stati insegnati, non crea di per sé una spiritualità positiva se viene mantenuto il rancore. La spiritualità omosessuale deve esser cosciente che l’amore è l’unica risposta soddisfacente, se davvero vuole seguire le orme di colui che ci ha salvati.
La vita, la crocifissione e la resurrezione di Gesù Cristo, fulcro del cristianesimo, sono il punto da cui iniziare ad interpretare il senso e l’avvicinamento dell’ amore a cui siamo chiamati. La vita di Gesù ci dimostra una prassi continua di liberazione di uomini e donne che sapevano di essere amati da Dio.
Un Dio che non era giudice, né il responsabile della nostra sofferenza, che non rispettava le assurde esclusioni umane e che si comportava con tutti come un padre affettuoso. Questo modo di comportarsi di Gesù, di mostrarsi libero di amare ogni essere umano in ogni momento, generò una sorta di timore tra le persone del suo tempo.
Quel Dio che lui presentava non era il Dio della religione, ma dell’amore e della libertà. I religiosi si sentirono minacciati e si resero conto che il loro potere, la loro capacità di decidere che cosa fosse giusto e che cosa non lo era, la visione del mondo che proponevano veniva messa in dubbio da quell’uomo “affamato e assetato, amico di gente di cattiva fama”.
Potremmo dire che Gesù abbia avuto con la religione del suo tempo lo stesso rapporto che hanno avuto gli omosessuali nel corso della storia, e che tutto ciò non fece cambiare in alcun modo la sua spiritualità e la sua consapevolezza di essere l’amato figlio di Dio.
Di fatto ci insegnò che la strada per vivere l’amore sconfinato di Dio inizia dall’amore per gli uomini poveri e per le donne di fede che, come noi a volte, non avevano idea di chi fosse Dio e che cosa volesse dire seguirlo. Non possiamo vivere una spiritualità omosessuale cristiana se rinunciamo ad amarci, se non ci sentiamo amati da Dio, e se non comprendiamo la necessità di amare chi ci discrimina.
Il potere religioso si unì a quello politico per poi assassinare Gesù sulla croce. La croce può essere vista come il simbolo di un amore conseguente, dell’amore di Gesù che non si fece indietro, pur sapendo ciò che i dirigenti politici e religiosi sarebbero arrivati a fargli. Gesù Cristo amò e ne assunse le conseguenze, se non l’avesse fatto il suo amore non sarebbe stato reale.
Amare solo a parole non è amare; noi omosessuali sappiamo che quel “Dio ama gli omosessuali ma…amò gli omosessuali però…” è solo uno stupido giro di parole. Nell’amore che Dio ci ha insegnato non esistono ma né condizioni, esiste amore profondo e desiderio di una relazione vera con l’essere umano.
Dunque, nell’amore che illumina una spiritualità omosessuale liberata non devono esserci ma per amare chi ingiustamente ci condanna. La croce ci insegna, inoltre, che Gesù non scelse di evitare il conflitto. Il conflitto è inevitabilmente unito alla comunità dei seguaci del crocifisso. Non potremo raggiungere il regno di Dio senza resistenze e scontri, né senza dolore e sofferenza.
L’amore a cui Dio ci chiama sa dove vuole arrivare, e le difficoltà che tale percorso richiede. Ciò nonostante, è un amore che si assume i rischi e si mette in cammino. Con la speranza che proprio come Dio non abbandonò Gesù Cristo e lo resuscitò dai morti, a conferma del proprio messaggio, così non abbandonerà nemmeno noi. Quel Dio che ci ama resta al nostro fianco, e risponderà con giustizia alle ingiustizie del sistema etero-normativo che ci opprime.
La resurrezione ci spinge a confidare e a sperare, a vivere una spiritualità omosessuale impregnata dell’amore di Dio, partendo dal presupposto che riponendo fiducia in colui che ci amò per primo, resusciteremo proprio come lui a una vita più giusta. La resurrezione è possibile per noi, per le chiese che ci rifiutano e per il mondo in cui viviamo.
Se ci convinciamo di poter cambiare le cose, le cose cambieranno per mano di Dio attraverso di noi. E tale cambiamento non giungerà fino a quando continueremo a non essere chi siamo per accomodarci alle esigenze etero sessiste che dicono di venire dal cielo, ma solo quando saremo capaci di vivere una spiritualità omosessuale impregnata d’amore per la nostra realtà e per tutto quello che ci circonda.
L’amore verso persone dello stesso sesso ha messo in luce quanto possa essere destabilizzante un amore non normativo nella società in cui viviamo. Non è difficile dunque dedurre che la spiritualità omosessuale che vive impregnata di tale amore genererà più di un conflitto.
Ma il conflitto non è il suo senso né il suo scopo, e come qualsiasi spiritualità cristiana ben intesa, quella che si incarna in un’esperienza omosessuale aspira unicamente a seguire Gesù Cristo.
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Testo originale: En busca de una espiritualidad homosexual (III)