In Egitto alla polizia basta il sospetto che sei gay per incarcerarti
Dossier “Egypt: Security Forces Abuse, Torture LGBT People” pubblicato sul sito dell’associazione internazionale Human Rights Watch (Stati Uniti) il 1 ottobre 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte settima
“Adham”, 22 anni. Siamo nell’agosto 2018, e Adham sta aspettando il suo amico al Cairo, quando due uomini in borghese lo circondano: “Dissero di essere investigatori della polizia, mi afferrarono per le braccia, presero la mia carta d’identità e controllarono se c’erano app di incontri omosessuali nel mio cellulare. Mi picchiarono e insultarono, poi mi obbligarono a far vedere loro le mie foto personali”.
I poliziotti trovano uno screenshot di una conversazione tra Adham e un amico, e lo registrano nel loro computer portatile perché è “una conversazione sessuale inappropriata”. Quando il giovane tenta di spiegare, uno dei due poliziotti fa una mossa come per soffocarlo, mentre l’altro lo pesta e gli rivolge “gli insulti più spaventosi”, poi lo sbattono su un autobus:
“Mi portarono alla stazione di polizia di Abdeen e dissero che mi avrebbero lasciato andare una volta controllati i miei documenti, ma poi mi lasciarono per due ore in una stanza, un luogo disumano. Mi picchiarono in maniera così violenta che caddi a terra e mi umiliarono. Uno dei poliziotti vide che portavo una croce, [allora] mi ordinò di toglierla e mi fece una foto mentre tenevo un pezzo di carta con scritto il mio nome e la parola ‘debosciato’”.
I poliziotti obbligano Adham a firmare una dichiarazione che non ha mai scritto, che contiene ammissioni di “immoralità e incitamento alla debosciatezza”, “commercio sessuale” e “tentativi di soddisfare desideri sessuali proibiti con uomini in cambio di denaro”.
Adham si rifiuta, così i poliziotti lo aggrediscono da dietro e cominciano a prenderlo a pugni, schiaffi e a pedate con gli scarponi, su tutto il corpo: “Mi trascinarono per i vestiti fino a una cella con altri detenuti, e uno di loro disse ‘Ora ti faremo scopare da loro, frocio schifoso’. Gli altri detenuti mi aggredirono verbalmente e sessualmente”.
Il giorno dopo Adham viene portato nell’ufficio del procuratore a Qasr El-Nil, nel centro del Cairo, dove le forze di sicurezza ricevono l’ordine di rilasciarlo. I poliziotti però non obbediscono e lo riportano alla stazione di polizia di Abdeen: “Quando tornai in cella uno dei poliziotti mi molestò sessualmente e quando lo respinsi lui minacciò di mettere foto false nel mio telefonino, per mettermi nei guai”.
Il 23 settembre 2018 un tribunale del Cairo condanna Adham a sei mesi di carcere e a sei mesi di libertà vigilata per “debosciatezza”.
Il giovane è stato assolto in appello, anche se le accuse a suo carico sono rimaste sulla sua fedina penale fino all’aprile del 2019, impedendogli così di viaggiare e di trovare lavoro.
Testo originale: Egypt: Security Forces Abuse, Torture LGBT People