Innamorato di Dio e degli uomini. Un prete omosessuale si confessa
Articolo di Alain Dubois tratto da Fugues.com, tradotto da Domenico Afiero
José Mantero è il primo prete spagnolo che ha voluto fare pubblicamente coming-out ed ha rivendicato la sua omosessualità dicendo semplicemente di “amare la Chiesa e il sacerdozio”. “Non so proprio cosa diventerò e di cosa vivrò” in futuro, dice oggi Mantero, ridotto ormai allo stato laicale. Questo è il racconto della sua storia.
“Non so proprio cosa diventerò e di cosa vivrò”. La voce di José Mantero prende un accento leggero prima di perdersi in una risata schietta, torrenziale e contagiosa Da quando ha rivelato pubblicamente la sua omosessualità, il suo nome (ndr in Spagna) sa di scandalo e i mass media lo braccano per farlo parlare.
L’altro giorno, lo staff di un canale televisivo è persino entrato, con un’effrazione, a casa dei suoi genitori. Sfinito da questo tallonamento, ha trovato rifugio qualche giorno a Madrid, conservando l’anonimato. Eppure, la sera della nostra intervista, sembra disteso, sorridente, fresco e disponibile.
Lo incontriamo negli uffici della rivista gay ZERO. La stessa rivista che nel numero del febbraio (2002), lo mise in copertina, in maniera provocatoria, presentandolo in abito talare e con il titolo esplosivo: ”Ringrazio Dio di essere gay!”.
Il prete, in questa occasione, ignora le formalità: si siede disinvolto; indossa una t-shirt nera; barba curata e orecchino all’orecchio sinistro.
José Mantero è il primo prete spagnolo a fare pubblicamente coming-out, un esempio tanto più sorprendente perché rivendica un’omosessualità attiva, dicendo semplicemente di amare la Chiesa e il sacerdozio.
“Dopo l’incontro con la rivista ZERO, ero consapevole di aver lanciato una sfida alla Chiesa e mi aspettavo forti reazioni, ma non sino a questo punto…”. In questo paese dove il peso della Chiesa rimane schiacciante, il potere religioso l’ha condannato alle pene dell’inferno. Un vescovo ha sentenziato che la sua condizione di omosessuale ne faceva un malato. L’episcopato ha usato l’espressione ‘disordine morale’.
Certi mass media l’hanno accusato di essere manipolato dalla lobby gay. E il 6 febbraio (2002), José Mantero è stato sospeso dalle sue funzioni: interdetto dall’officiare messa e dallì’amministrazione dei sacramenti. Gli hanno ritirato anche lo stipendio.
“Molte comunità di credenti gay e di associazioni cattoliche mi hanno sostenuto. Ma la gerarchia ecclesiastica spagnola è chiusa nelle sue rigidità. La sua apertura al mondo è inesistente”. Il prete andaluso ha l’eloquenza di un predicatore agguerrito. Ostenta serenità e fiducia in sé. Eppure la sua vita è stata a lungo un calvario.
A dodici anni, José guardando una seria televisiva con gli amici, si occorse che mentre i più impazzivano per “un gran pezzo di figa”, ma i suoi occhi invece erano attratti da “un gran pezzo di camionista” .
“Per settimane intere, mi sono chiesto cosa mi stesse capitando. Così, ho capito che ero gay. Il che mi fece un effetto strano”. Una volta adolescente, la vocazione pastorale crescerà in cuor suo senza impedirgli numerose esperienze omosessuali.
Ma dalla sua ordinazione, cioè a ventiquattro anni, José Mantero aderisce completamente alla morale cattolica e abbraccia, con fervore, soggiorni missionari ai Carabi, azioni sociali nella sua regione e periodi di formazione in Francia, rispettando a pieno ‘una scrupolosa astinenza ’.
Ma trentun anni, le certezze vacillano. Il prete andaluso, allora sacerdote nel suo paese natale, s’innamora di un uomo. “Mi sono innamorato follemente. Per la prima volta, ho conosciuto una sessualità carica di sentimento”.
José Mantero fu assalito dal senso di colpa e dal rimorso, quasi sul punto di gettare la tonaca. Il suo compagno, però, lo convinse a “lottare dall’interno”.
“Durante tutti questi anni ho capito che la sessualità era molto presente all’interno della Chiesa. Certi la praticano come una vergogna, altri la reprimono architettando fantasie perverse. Un giorno, in confessione, una suora mi rivelò le sue inclinazioni omosessuali. Le indicai un’associazione cattolica gay che poteva aiutarla. Ma la suora s’infuriò e diede in escandescenze.
Un’altra volta poi, un mio superiore, capendo la mia tendenza omosessuale, mi disse: “Sei gay, vero? Fai quello che ti pare, ma che non si sappia in giro!”. La chiesa, in certo qual modo, è il regno della santa ipocrisia. E dopo un po, ne ho avuto abbastanza di questa ipocrisia. Avevo bisogno di fare coming-out pubblicamente”.
José Mantero racconta di aver superato le sue contraddizioni e di “essere in pace” con sé stesso e questa confessione pubblica nasce dopo una lunga riflessione, nutrita da innumerevoli letture e accese discussioni.
Nel suo paese natale, José rimane popolarissimo per i suoi parrocchiani è Don Peppone, l’amico di tutti, il prete che denuncia da anni lo sfruttamento e i salari da fame degli operai.
Dall’inizio delle sue difficoltà la gente l’ha sostenuto davvero. “Ho voluto un dibattito pubblico. Questa volta è l’opinione pubblica che ha giudicato la Chiesa e non l’inverso, come capita sempre” .
Mantero ha vari progetti: scrivere un libro, ravvivare il dibattito, canalizzare le frustrazioni di cui si è fatto ambasciatore. “Ieri, ho ricevuto 388 e-mail di preti solidali e credenti gay che vogliono finalmente fare qualcosa”.
Articolo originale: Aimer Dieu et les hommes