Karen Thompson e Sharon Kowalski. Un amore lesbico più forte di ogni pregiudizio
Articolo di Jeffry J. Iovannone* pubblicato sul sito Medium (Stati Uniti) il 3 luglio 2018, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Karen Thompson non voleva diventare un’attivista, sebbene abbia dato vita ad un profondo cambiamento semplicemente cercando di vivere nel modo da lei ritenuto migliore per sé e per la sua compagna disabile, Sharon Kowalski. I suoi sette anni di battaglia legale per diventare il tutore di Sharon sono diventati una pietra miliare della lotta per il movimento per i diritti dei gay e per quello dei disabili.
Karen Thompson e Sharon Kowalski si conobbero a St. Cloud, nel Minnesota, dove Karen era professoressa di educazione fisica all’università statale di St. Cloud, e Sharon insegnava la stessa materia nel liceo locale. Andate a convivere nel 1979, suggellarono il loro impegno scambiandosi gli anelli durante una cerimonia, considerandosi sposate a tutti gli effetti. Si nominarono anche beneficiarie l’una dell’altra delle loro polizze assicurative.
Non fecero alcun coming out con le loro famiglie, né rivelarono l’esatta natura della loro relazione. Ma andavano d’accordo, fino a quando, nel 1983, Sharon venne investita da un automobilista ubriaco. L’incidente stradale le causò una grave lesione cerebrale, che la lasciò gravemente disabile. Sharon, che all’epoca aveva soltanto ventisette anni, fu confinata su una sedia a rotelle, la sua capacità di parlare compromessa, e iniziò a soffrire di perdite di memoria a breve termine.
Karen non poté rendersi conto delle condizioni della sua compagna in seguito all’incidente perché, tecnicamente, non faceva parte della famiglia. Sebbene i Kowalski fossero sempre cordiali con Karen, le sue frequenti visite in ospedale, alla fine, li lasciarono sospettosi e freddi.
Quando Karen, su suggerimento del suo psicologo, rivelò la natura del suo rapporto con Sharon a Donald e Della Kowalski, questi rimasero sbalorditi e rifiutarono di credere che la loro figlia fosse lesbica. Le proibirono le visite, e lei e i Kowalski si scontrarono sulle terapie somministrate a Sharon. Mentre Karen chiedeva una riabilitazione intensiva per arginare i danni al cervello, i Kowalski misero Sharon in una casa di riposo. Una volta lì, venne confinata a letto e le furono negate le visite degli amici e i test di competenza per determinare il suo livello di comprensione e la sua capacità di prendere decisioni.
Preoccupata dalle cure di Sharon e del fatto che fosse lasciata a vegetare in una struttura inappropriata, Karen iniziò quello che sarebbe stata la prima di tre sfide legali che l’avrebbero tenuta occupata nei sette anni successivi, mettendo lei e la sua relazione con Sharon, sotto i riflettori nazionali.
In primo luogo Karen intentò una causa per la tutela legale di Sharon, citando sia la loro relazione intima, sia la volontà espressa da Sharon. Sebbene i suoi terapeuti determinarono che aveva la capacità mentale di un bambino di cinque o sei anni, e la sua capacità di parlare fosse limitata, Sharon avrebbe potuto comunicare con una tastiera, scrivendo brevi messaggi. Donald Kowalski, in risposta, asserì che il suo legame di parentela con Sharon lo rendeva il suo miglior tutore.
Nel giugno del 1985 i Kowalski vinsero la causa, e la decisione fu confermata dalla Corte d’Appello del Minnesota. Come tutore, Donald Kowalski aveva la possibilità di scegliere i visitatori di Sharon. Karen credeva che, anche se aveva perso la causa per la tutela, avrebbe dovuto mantenere i diritti di visita, ma Donald Kowalski, dopo la decisione della corte, disse che la Thompson avrebbe potuto tentare di abusare sessualmente di Sharon.
I Kowalski dichiararono che Sharon non aveva mai detto loro di essere lesbica; e che Karen, lesbica dichiarata, si sarebbe inventata la natura della loro relazione per prendere di mira la loro figlia, vista la sua vulnerabilità.
Sia la decisione della corte del Minnesota, che l’uso della tutela da parte di Donald Kowalski, mostrano come fossero ben presenti i pregiudizi contro le relazioni omosessuali e contro i disabili. Se Karen Thompson e Sharon Kowalski fossero state una coppia eterosessuale legalmente sposata, i diritti di Karen sulla tutela sarebbero stati accettati senza batter ciglio.
Donald Kowalski, inoltre, citò vari stereotipi su lesbiche e gay “sessualmente predatori” per giustificare la sua decisione di escludere Karen dalle visite. Anche in questo caso, se si fosse trattato di una coppia eterosessuale, ben pochi avrebbero considerato inappropriato che un marito andasse a trovare una moglie disabile (o viceversa). Inoltre, la corte sottolineò la sessualità di Karen, definendola come una sfruttatrice sessuale lesbica dalla quale Sharon doveva essere protetta, mentre negavano apertamente la sessualità di Sharon e la sua identità lesbica in favore dei legami di parentela biologici. Infatti, la corte definì Karen non come la partner di Sharon, ma semplicemente come la sua “ex compagna di stanza”.
Specialmente prima dell’approvazione dell’Americans with Disabilities Act (ADA) nel 1990, le persone disabili venivano spesso trattate come bambini incapaci di prendere decisioni informate sulle loro cure. L’ADA fa parte della legislazione sui diritti civili che proibisce la discriminazione delle persone con disabilità in tutti i campi della vita pubblica. Come tale, la legge aiuta ad integrare le persone disabili nella società, e a dare loro una rinnovata visibilità.
Ma le preferenze di Sharon sul suo accudimento non furono tenute in adeguato conto, né dai Kowalski, né dalla corte. Nella lotta per la tutela si assommavano gli stereotipi nei confronti delle persone omosessuali e quelli verso i disabili. Dal momento che Sharon era considerata come una bambina a causa dei suoi danni cerebrali, la corte vedeva, di conseguenza, la sua sessualità come inesistente. Dal momento che spesso si crede che persone disabili siano come bambini, e si crede che i bambini siano sessualmente innocenti, si pensa che siano asessuate.
Completamente tagliata fuori da Sharon, Karen iniziò allora una seconda battaglia legale, presentando una petizione alla corte perché Donald Kowalski, in oltraggio alla corte, non aveva ottemperato ai diritti di visita di Karen, e di conseguenza lei tentò di togliergli la tutela di Sharon.
Sia la corte distrettuale del Minnesota, che più tardi la corte d’appello, confermarono la tutela di Donald Kowalski e il suo diritto di negare le visite a Karen, affermando che la decisione era nell’esclusivo interesse di Sharon.
Tre anni dopo la fine del diritto di visita di Karen, Donald Kowalski informò la corte di non poter più essere il tutore di Sharon a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute. Al suo posto raccomandò Karen Tomberlin, un’amica della famiglia Kowalski e insegnante di Sharon al liceo. Karen Thompson intervenne di nuovo, cercando ancora di essere nominata tutore di Sharon. Di nuovo, la corte rigettò la sua richiesta, nominando Karen Tomberlin tutore, nonostante non fosse particolarmente adatta per il ruolo e potesse fare visita a Sharon solo sporadicamente.
Finalmente, nel 1991, la corte d’appello del Minnesota, con una sentenza ribaltò la decisione, e diede la tutela a Karen Thompson, citando un esperto che testimoniò sia l’idoneità di Karen di fare da tutore, che la preferenza espressa da Sharon.
Anche se, in pratica, Sharon non aveva più memoria a breve termine, ricordava la sua relazione con Karen e la sua identità lesbica. Sebbene non fosse in grado di parlare a causa dei danni cerebrali, era capace di comunicare i suoi desideri digitando su una tastiera e a gesti. La corte concluse che: “Karen Thompson e Sharon sono famiglia per affinità, a cui bisogna tributare rispetto”.
La decisione è stata una pietra miliare sia per il movimento dei diritti omosessuali, che per quello dei disabili. Si tratta della prima volta in cui una corte di giustizia ha ritenuto i diritti di una partner omosessuale simili a quelli di un coniuge legalmente sposato.
La corte ha anche affermato i diritto delle persone con disabilità di prendere decisioni riguardo la propria salute. Karen Thompson ha prevalso sul fronte medico, legale, e familiare: tre ambiti che, storicamente, non erano ma stati dalla parte delle persone omosessuali e dei disabili.
Gli attivisti dei diritti omosessuali e dei disabili hanno seguito la vicenda di Karen Thompson organizzando un National Free Sharon Kowalski Day il 7 agosto del 1988, con processioni e veglie in ventuno città degli Stati Uniti, tra cui Boston, New York, San Francisco e Washington. A questi eventi, le folle si riunivano allo slogan: “Why Can’t Sharon Kowalski Come Home?” (“Perché Sharon Kowalski non può tornare a casa?”).
Sebbene Karen Thompson inizialmente cercasse pubblicità nazionale per il suo caso per pagare le sue crescenti spese legali, alla fine divenne un’attivista e intervenne ai gay pride, agli eventi femministi e ai raduni LGBT, usando la sua storia per aumentare la consapevolezza della discriminazione pervasiva che gay e lesbiche dovevano affrontate, particolarmente nell’ambito sanitario e in quello legislativo.
Anche se divenne il più iconico, questo caso non era certamente il primo in cui si fronteggiavano la famiglia biologica e quella omosessuale “di affinità”. Gli uomini gay, in particolare, si rivedevano nelle lotte di Karen Thompson, dal momento che a molti era proibito di stare accanto al proprio partner morto di AIDS, o venivano cacciati dalle loro case perché non avevano lo status legale di coniuge.
Sebbene Karen Thompson non fosse esplicitamente un’attivista del movimento per i diritti civili dei malati di AIDS o del matrimonio omosessuale, il suo caso riguardava entrambi gli ambiti e faceva luce sulla necessità che le relazioni omosessuali ottenessero un riconoscimento sociale e legale. Senza questo tipo di protezione, le coppie omosessuali avrebbero potuto, al massimo, redigere dei documenti legali di tutela come testamenti, mandati giuridici e procure sanitarie.
Alcuni studiosi hanno suggerito che, sebbene il matrimonio egualitario, come diritto, fosse già sul tavolo fin dai moti di Stonewall del 1969, il movimento specifico che lo sosteneva entrò nel vivo nei primi anni ’90, in parte, grazie all’intensa pubblicità data al caso di Karen durante gli anni ’80, e grazie alla vittoria definitiva, legalmente sancita, nella lotta per la tutela.
È stato anche il primo caso in cui gli attivisti per i diritti omosessuali e quelli per i diritti dei disabili hanno collaborato in una causa nazionale, sottolineando la cooperazione dei due movimenti e scoprendo che il loro lavoro era frutto delle stesse preoccupazioni riguardanti la salute.
Sebbene all’inizio il desiderio di Karen fosse semplicemente quello di riportare a casa Sharon, diventò poi un’attivista per la giustizia sociale nota a livello nazionale. Nelle sue battaglie legali si devono anche evidenziare gli sforzi i per smontare gli stereotipi sui disabili. Sharon, come Karen, aveva insistito nel far conoscere le proprie preferenze riguardo le sue cure sanitarie.
Karen, guardandosi indietro, si è rammaricata di aver vissuto senza fare coming out: avrebbe dovuto fare conoscere la natura del suo legame con Sharon per parlare dell’importanza del riconoscimento sociale e della protezione sociale di gay e lesbiche: ha capito, dolorosamente, che senza queste condizioni basilari si può ferire profondamente un’altra persona con l’amore che proviamo nei suoi confronti: “Non abbiamo ancora capito che, fino a che siamo invisibili, saremo vulnerabili” ha affermato.
* Jeffry J. Iovannone è studioso e attivista, pensatore queer, autore per varie testate queer. Email: QueerHistoryFTP@gmail.com
Testo originale: Karen Thompson: Gay and Disability Rights Activist