L’importanza per i cristiani di sfilare al Pride
Sermone di Cordelia Knits pronunciato in occasione del Gay Pride 2011 nella chiesa congregazionalista di Santa Cruz pubblicato sul blog Cordeliaknits (Stati Uniti) il 21 luglio 2011, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
“Essere gay è un dono di Dio”… ecco lo slogan che una comunità metodista di Toledo, Ohio, ha recentemente messo in mostra su un cartello, attirando l’attenzione delle varie fazioni del dibattito tra religione e sessualità, e incoraggiando l’intera denominazione a fare un passo avanti e proclamare il valore e la dignità di tutti i figli di Dio. Non è stato solo un atto di coraggio per quella comunità di Toledo, è stata anche una dichiarazione radicale. Quante volte sentiamo la gente che parla dell’omosessualità come qualcosa che “non è una scelta”, come se fosse in realtà la scelta sbagliata?
Quante volte invece sentiamo la gente che parla della lotta e del dolore di crescere omosessuale in un mondo ostile, specialmente quando si chiedono uguali diritti e tolleranza all’interno delle nostre chiese?
Le solite argomentazioni, i soliti discorsi: dovreste essere buoni con noi perché siamo stati oppressi e perché non possiamo fare a meno di essere quello che siamo… Beh, la sapete una cosa? Questo non va bene. Questo modo di ragionare è antiquato e semplicistico, e peggio ancora, è condiscendente.
Sono qui per confidarvi un segreto: essere lesbica è bellissimo, non cambierei nemmeno se potessi. Sono sempre stata convinta che essere omosessuale sia una benedizione. Dio mi ha fatta così e io gli sono grata!
Quando le discussioni sui diritti gay a livello di governo e di chiese tirano fuori l’argomentazione che non abbiamo scelta, non tengono in alcun conto il fatto che noi siamo persone complete, belle, benedette. Quelle argomentazioni servono a vittimizzarci, a farci credere che l’eguaglianza dei diritti e delle opportunità siano un benevolo dono di gente che è nata migliore di noi, invece di essere quello che ci meritiamo come cittadini e cittadine, come figli e figlie di Dio.
Quando ce ne usciamo con la dichiarazione che essere gay è un dono di Dio, noi rifiutiamo quella fallacia. Noi ci alziamo in piedi e diciamo che rifiutiamo di introiettare il loro pregiudizio. Amare il prossimo come noi stessi richiede come prima cosa di amare noi stessi.
La discriminazione è una cosa reale. Il pregiudizio è ancora in auge. Ma un modo di opporsi a questo è tenere a mente e fare sapere agli altri che benedizione è essere gay. La mia comunità lesbica, la nostra musica, la nostra arte e la nostra letteratura hanno arricchito la mia vita oltre misura.
Le amicizie e le relazioni con le donne sono state la gioia della mia vita e non le scambierei con alcun privilegio né con l’accettazione da parte della maggioranza. Comunque è importante riconoscere il fatto che ho la pelle molto bianca, gli occhi azzurri e una buona istruzione, che la mia famiglia ha sempre avuto una casa, del cibo e dei libri da leggere e, grazie a Dio, un’assicurazione sanitaria.
Quindi sono decisamente privilegiata, e questo rende più facile muoversi in questo mondo e apprezzare la benedizione di essere una outsider a causa della mia sessualità. Ma ho anche conosciuto il rifiuto, la violenza e la paura, e ho condiviso il dolore di sorelle e fratelli che hanno dovuto lottare più di me.
Facciamo le sfilate del Pride per vari motivi. Per alcuni di noi è un’occasione di farsi vedere e di essere annoverati tra gli alleati, gli amici e i famigliari di gay e lesbiche.
Per la nostra chiesa è un’occasione di alzarsi in piedi e dire ciò che molte chiese non sono disposte a dire, che non solo noi tolleriamo le persone LGBT, ma le amiamo e le rispettiamo… non solo accogliamo la comunità gay, ne facciamo parte. Sfilando in occasione del Pride vogliamo dire pubblicamente che non intendiamo amare il peccatore e odiare il peccato ma vogliamo rifiutare l’idea che l’amore possa essere un peccato! Non fraintendetemi, anche in una città che sembra così liberale e tollerante come Santa Cruz, sfilare al Pride come comunità cristiana e un’azione importante, radicale. Anche se solo una persona ci vedesse, un’unica persona che non sapeva ci fosse una chiesa che lo ama, ne varrebbe la pena.
Essere visibili come chiesa aperta e tollerante non è una cosa che riguarda solo la crescita o la sfida al bigottismo, anche se sono comunque cose giuste… essere visibili vuol dire aiutare la gente che ha bisogno di noi, del nostro messaggio, di un posto dove essere libera di adorare Dio con tutta se stessa, a trovarci. E sfilare al Pride è anche, altra cosa importante, celebrare chi siamo. Applaudire e gridare di gioia, cantare lodi a Dio, dire a noi stessi e al mondo che quello che siamo, quello che Dio ha voluto che fossimo, è bello, magnifico e sacro. AMEN!
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Testo originale: My Sermon for Gay Pride