Esaù, un orso dai capelli rossi nella Bibbia
Riflessioni bibliche di Carlos Osma pubblicate sul sito Homoprotestantes (Spagna) il 13 settembre 2013, liberamente tradotte da Marco Galvagno
Non bisogna essere particolarmente svegli per rendersi conto che la Bibbia è piena di uomini e donne che per una ragione o per l’altra escono dalle convenzioni sociali. Persone che cioè non formavano parte di quella al loro tempo era considerata la normalità.
Nemmeno dobbiamo chiederci perché nelle Chiese di oggi si parli così poco di loro: è più facile usare stereotipi accettabili e inoffensivi che non ci portano da nessuna parte, però è evidente che non tutti possono accettare tali manipolazioni e che le persone LGBT che vivono la propria fede così come sono hanno bisogno di sapere se quei personaggi biblici silenziosi o privati della loro vera personalità possano comunicare loro qualcosa.
Già nel libro della Genesi incontriamo uno dei protagonisti più queer della Bibbia: Esaù. È evidente che il primogenito di Isacco non era ben visto dagli autori della leggenda, perché già prima di farlo nascere riversarono su di lui i loro pregiudizi. Di lui si dice che era il gemello di Giacobbe, un presagio cattivo che anticipa qualcosa di male che accadrà tra di loro. Sorprendentemente aveva i capelli rossi così come li avevano del resto secondo la tradizione cristiana posteriore Caino, Dalila, Caifa e Giuda, per citarne solo alcuni.
O come, secondo l’interpretazione rabbinica, li aveva rossi Lilith, prima moglie di Adamo, che lasciò l’Eden perché si rifiutò di giacere ai piedi dello sposo sostenendo che era stato creato uguale a lei. Il rosso (malpelo) Esaù era troppo diverso da tutti gli altri, come ci narra la storia, che continua dicendo che fosse nato con molti peli in tutto il corpo. Gli uomini pelosi non venivano considerati attraenti, bensì rozzi stranieri.
Con le parole di von Rad “Così irsuti sembravano agli Israeliti loro vicini barbari”. Nemmeno il fatto di fare il cacciatore lo metteva in una situazione privilegiata. Secondo i due modi di vita in Palestina, quella dei cacciatori e quella dei contadini, i primi erano visti come persone selvagge e retrograde, mentre i contadini venivano visti come persone colte. Riassumendo, prima di arrivare stanco e affamato dalla caccia, la Genesi ci spiega che Esaù non rientra negli stereotipi del buon Israelita del momento.
Per questo, quando entra in casa e chiede a suo fratello che gli dia un piatto di quello stufato rosso che sta cucinando perché è morto di fame, già non vediamo più il suo bisogno, non ci ricordiamo tutte le volte che come lui abbiamo avuto fame e siamo incapaci di identificarci con lui. I pregiudizi funzionano così: disumanizzano e fanno credere che non abbiamo nulla a che vedere con la persona che abbiamo davanti.
Però in questo, noi persone LGBT abbiamo alcuni vantaggi e sappiamo ciò che significa essere ridicolizzati e presi in giro per quello che stiamo cercando e, anche se è umano, percepiamo come qualcosa di delicato che scatenare un conflitto. E per questo ci è più facile vedere il pericolo nello sguardo di chi gira lo stufato mentre ci guarda dall’alto in basso cercando la maniera di approfittarsi di noi.
Lo stufato rosso è in tavola e Esaù si siede a tavola; la fortuna di Giacobbe è arrivata e chiede a suo fratello qualcosa in cambio, cioè che gli ceda la primogenitura. Esaù non lo sa, però accettare quel piatto significherà anche non arrivare ad essere il terzo patriarca di Israele e rimanere escluso dalla benedizione di Dio su di sé e i propri discendenti. Però a lui non interessa niente di tutto questo, ha fame e non pensa a nient’altro.
Giacobbe ha giocato bene le sue carte. Con questo baratto continuano a giocare oggi molte persone, famiglie e comunità religiose con le persone LGBT. Lo stufato ci appare sempre davanti quando abbiamo fame e spesso dimentichiamo la nostra dignità e le promesse che Dio ci ha fatto. Preferiamo rinunciare a una vita piena perché le persone che amiamo non soffrano. Scegliamo il silenzio dei nostri lavori per evitare i conflitti, accettiamo di non essere riconosciuti nelle nostre comunità, basta poter continuare a sedere e farne parte.
Piatti di stufato offerti da quelli che hanno il coltello per il manico, in cambio della nostra dignità. Anche se lo nascondiamo, la maggior parte della volte è quello che dobbiamo affrontare. E sinceramente, proprio come Esaù, continuiamo a venderci a un prezzo troppo basso e la maggior parte delle volte, se fossimo più coraggiosi, forse potremmo comportarci in un modo diverso.
Alla fine Esaù ha mangiato lo stufato, ma non era quello che si aspettava, forse il cacciatore Esaù pensava a un piatto di carne, però trova quello che poteva dargli un contadino: verdure con lenticchie, per questo si è sentito doppiamente ingannato. Lo sappiamo bene, non è la prima volta che ci succede, quelli che si approfittano del nostro desiderio di essere accettati finiscono sempre per ingannarci. Questi piatti non ci portano da nessuna parte e l’unica cosa che facciamo è perdere ciò che abbiamo veramente dall’inizio e che vogliono rubarci: l’amore con il quale ci guarda il nostro Padre celeste e la relazione divina che abbiamo con lui già prima di nascere.
Urlano e continuano a strepitare in ogni momento che non possediamo la benedizione di Dio o ci mettono in ridicolo per farci credere che l’abbiamo persa o ci spiegano con paroline dolci che possiamo vivere nello stesso modo in cui vivono tutti gli altri esseri umani. Però questo dobbiamo avere chiaro: sono solo stratagemmi per metterci in tavola un piatto di misere lenticchie.
Abbiamo fame, però è meglio ridarglielo indietro, che se lo mangino loro! se vogliamo agire con dignità e sincerità per renderci partecipi di ciò che Dio ha pensato per noi. Vendersi significa perdere tutto. Non siamo i primi che perdono le proprie famiglie, i propri amici e le proprie comunità per aver rinunciato a piegarci a simili ricatti. Per quanto duro possa essere, nemmeno saremo i primi a costruire una nuova famiglia, un nuovo mondo e comunità più cristiane; è che a volte dimentichiamo tutto ciò che abbiamo e che ci aiuterà a farlo.
Se sappiamo che Dio è dalla nostra parte, se sappiamo che Dio è contro ogni tipo di omofobia, anche quella che molti, usurpando il suo nome, professano, allora ci sbarazzeremo di tutto e saremo accettati. Poter essere in pace con Dio a volte ha un prezzo molto alto, però se siamo disposti a pagarlo la nostra fame sarà saziata, prima o poi, da Colui che mai ci ha ingannato.
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Testo originale: Esaú, un “oso” pelirrojo en la Biblia