La chiesa cattolica francese che vuol ricostruire il dialogo con gli omosessuali
Articolo di Claude Besson* pubblicato su La Croix (Francia) l’8 marzo 2014, traduzione di www.finesettimana.org
(In Francia) Dopo le rumorose manifestazioni dello scorso anno e di queste ultime settimane, molte persone omosessuali e le loro famiglie pensano forse che non ci sia più molto da sperare da parte di una certa frangia della Chiesa cattolica.
In effetti si potrebbe credere che non è cambiato nulla, o che il modo di considerare le persone omosessuali abbia addirittura fatto passi indietro. C’è scoraggiamento, cosa assolutamente legittima e comprensibile.
All’ultimo incontro della nostra associazione Réflexion et partage (riflessione e condivisione), una madre di famiglia ci confidava: “Mi sveglio la notte e mi chiedo perché tanto disprezzo per le persone omosessuali”.
Nonostante tutto, non posso impedirmi di pensare a coloro che desiderano continuare a vivere la loro fede nella Chiesa, ma che non trovano luogo di parola per loro, che sono isolati, sconosciuti, colpevolizzati talvolta, che non vivono nelle grandi città e che si nascondono.
Personalmente, non posso disinteressarmene ed è innanzitutto per queste persone che desidero continuare ad agire e a credere che possano nascere situazioni possibili.
Ci vorrà tempo, dialogo, incontro, riflessione, attuazione di iniziative che potranno, a poco a poco, cambiare lo sguardo di certi cattolici sul vissuto delle persone omosessuali tramite una migliore conoscenza della realtà. Alcuni potranno stupirsene, non mancano documenti, libri, articoli su questo tema.
Ma, come ho constatato tenendo delle conferenze in un certo numero di diocesi francesi, tale ignoranza porta la paura. E la paura genera l’esclusione, il disprezzo, la confusione, i conflitti talvolta, i ghetti e, alla fine, il desiderio di sbarazzarsi dell’altro. La paura è cattiva consigliera.
Invece, diverse diocesi organizzano iniziative per accogliere meglio le persone omosessuali e le loro famiglie. Ad esempio, nella diocesi di Grenoble, si è costituito un “gruppo di parola” tra persone omosessuali, genitori e responsabili ecclesiali. In una dozzina di diocesi almeno, sono state costituite delle équipe, i cui primi incontri sono stati ricchi di scambi, di condivisione e di dialogo.
Alcuni hanno elaborato nuove proposte, come il Chemin d’Emmaüs (iniziativa della diocesi di Nanterre), pellegrinaggio di un giorno aperto a tutti e particolarmente alle persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’omosessualità. Avendovi partecipato, posso assicurarvi che ha fatto cadere molti pregiudizi sull’omosessualità. Sono anche stato testimone di un “gruppo di parola” costituito recentemente in una parrocchia della diocesi di Lione, su iniziativa di genitori.
È stata anche apprezzabile l’organizzazione di sei seminari al Collège des Bernardins a Parigi su “Fede cristiana e omosessualità” con rappresentanti di associazioni (David et Jonathan, Devenir Un an Christ, Communion Béthanie, Réflexion et Partage).
L’ultimo seminario, sul tema “Fare coppia”, ha permesso di presentare le esperienze di coppie omosessuali ed eterosessuali nell’ascolto, nel dialogo, nella costruzione del vivere-insieme e di fraternità che porteranno i loro frutti.
Credo nella possibilità di procedere a piccoli passi, nel lavoro di porosità, come il fatto di inserirsi in una équipe di animazione pastorale, in una équipe di condivisione biblica, in una riflessione sulla coppia, ecc.
Questo non è possibile ovunque, certo, ma conosco molte persone omosessuali che, inserendosi nelle comunità cristiane, hanno fatto fare dei passi avanti al modo di pensare di molti cattolici sull’omosessualità. Come una coppia di uomini con più di dieci anni di vita comune che cerca di inserirsi in una riflessione parrocchiale per le coppie (etero, certo) che hanno dieci anni di vita comune. Queste esperienze di porosità mi sembrano particolarmente fruttuose.
Si potrebbero aggiungere, a tutte queste esperienze sul campo, i recenti documenti del Consiglio Famiglia e Società della Conferenza episcopale francese, che lasciano intravedere delle aperture: “Non è per il fatto che la Chiesa accorda uno statuto particolare alla relazione d’amore tra un uomo e una donna, che non accordi valore ad altre relazioni d’amore… Possiamo stimare il desiderio di un impegno alla fedeltà di un affetto, di un attaccamento sincero, della preoccupazione
per l’altro e di una solidarietà che va oltre la riduzione della relazione omosessuale ad un semplice impegno erotico” (2). In un altro documento dello stesso Consiglio si legge: “Ogni persona ha diritto ad un’accoglienza d’amore, così com’è, senza dover nascondere un aspetto o un altro della sua personalità” (3).
Il vero dialogo, nel senso di lasciarsi attraversare dalla parola dell’altro (dia = traversare; logos = parola), è una ricchezza che bisogna iniziare e proseguire ovunque sia possibile. Penso che molti cristiani e responsabili ecclesiali siano persone di buona volontà e cerchino di riflettere e di comprendere meglio.
“Per restaurare la comunione, si potrebbe già cominciare con incontri tra persone omosessuali e sostenitori della ‘manif pour tous’”, dichiarava recentemente Mons. Descubes, arcivescovo di Rouen (su La Croix del 3 febbraio). Persone omosessuali nelle associazioni cristiani sono disponibili e desiderano questi incontri…
“Un albero che cade fa più rumore della foresta che cresce”, dice l’adagio. Non possiamo prevedere l’avvenire, ma spetta a noi farlo “avvenire”, lì dove siamo, ognuna e ognuno di noi.
* Claude Besson è copresidente di “Réflexion et partage” e (1) autore di Homosexuels catholiques. Sortir de l’impasse, ed. de l’Atelier
(2) Elargir le mariage aux personnes de même sexe? Ouvrons le débat! (settembre 2012)
(3) Poursuivons le dialogue! (maggio 2013)
Testo originale: Reconstruire le dialogue entre catholiques et personnes homosexuelles