La chiesa cattolica ha bisogno di vedere i suoi Santi LGBT+
Riflessioni di padre Jim McDermott SJ pubblicate sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 2 giugno 2022, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Mi piacciono le grandi pale dei santi, quelle dove ci sono quindici, venti, trenta persone che circondano Maria o Gesù e ci guardano, le teste circondate da aureole gialle come il sole. È come vedere i membri della Justice League (o gli X-Men) tutti insieme; si può anche fare il gioco di riconoscerli tutti, vedere se si riesce a ricordare le loro storie e i loro superpoteri.
Per me è anche rassicurante vederli tutti riuniti, soprattutto se fra di loro non ci sono solamente maschi bianchi celibi: è come vedere un’anticipazione del Regno di Dio, una casa dove c’è posto per tutti e per ciascuno.
Poi, un paio di anni fa, mi sono ritrovato alla cattedrale di Nostra Signora degli Angeli a Los Angeles a mostrare ad alcuni amici i meravigliosi arazzi dei santi appesi alle pareti. Sono opere d’arte straordinarie, create da John Nava, e raffigurano giovani e anziani, europei, africani, asiatici, latinoamericani e popoli indigeni, donne e uomini, che ci stanno tutt’attorno e assieme a noi rivolgono lo sguardo verso Dio.
Mentre sedevo nella cattedrale con i miei ospiti e guardavo quelle belle immagini, mi è venuto improvvisamente in mente che nemmeno una di quelle persone è stata mai identificata come gay, lesbica, bisessuale o transgender, nonostante sia fuor di dubbio che alcune di loro lo fossero, e in effetti la Chiesa Cattolica non ha ancora mai riconosciuto un santo o una santa LGBT.
Il semplice fatto che stia sollevando questo problema può parere scandaloso ad alcuni: dipende da come siete stati cresciuti. Questo è il mio modo istintivo di pensare da uomo gay. Non importa quanto facciano papa Francesco, vescovi, sacerdoti e altre persone per cercare di dare alle persone LGBT un posto da normali cattolici nella Chiesa, il fatto è che, per molti cattolici di una certa età, essere LGBT sembra ancora una cosa sbagliata, una cosa da disobbedienti. In questo modo la Chiesa ha sovente cercato di parlare delle persone LGBT: “Ama il peccatore, odia il peccato”. Chi usa questa frase pensa che essa chiarisca che il problema non sono le nostre identità, bensì i nostri atti e i nostri desideri. Questa frase asserisce che le persone LGBT sono peccatrici, ma insegna anche che dobbiamo essere amate in ogni caso. E quando le persone LGBT odono questa frase molte volte, cominciano a crederci.
Quindi, se dico che il fatto che non ci siano santi e sante LGBT sia un problema, sono convinto di dire qualcosa di trasgressivo, ma il fatto è che noi cattolici crediamo che ciascuno di noi è nato a immagine e somiglianza di Dio: non solo chi è etero, bianco o maschio, ma tutti. Su questo punto del Catechismo non ci sono note a margine: questo insegna la Chiesa, anche se alcuni cattolici non sono d’accordo, o ci trattano in modo opposto.
Ed è questa verità di fede che ha fatto dire a papa Francesco, ad una domanda sui preti gay, “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?”; è la verità di fede che gli ha fatto spendere parole di lode per il lavoro di associazioni come New Ways Ministry e di persone come suor Jeannine Gramick e il mio confratello gesuita padre James Martin, tutte persone che si occupano della cura pastorale delle persone LGBT (nel caso di suor Jeannine, da più di cinquant’anni); che gli ha fatto invitare in Vaticano un gruppo di persone transgender a vaccinarsi contro il Covid, e restituire la dignità sacerdotale al teologo padre James Alison, apertamente gay, dopo vent’anni di incubo “kafkiano” durante i quali non ha potuto sapere di cosa era accusato, non ha potuto avere un rappresentante legale e non gli è stato permesso di appellarsi. Se noi siamo figli e figlie di Dio come chiunque altro, allora ci spettano la medesima cura e il medesimo rispetto di chiunque altro. “Sappiate che è Dio che vi ha creati, che vi ama e che è dalla vostra parte” hanno affermato il cardinale Joseph Tobin e altri tredici vescovi e arcivescovi statunitensi lo scorso dicembre, rivolgendosi ai giovani LGBT.
Ma c’è altro, oltre al rispetto e all’amore. Dire che Dio ci ha creati, e che siamo fatti a Sua immagine, significa dire che in noi c’è un frammento di Dio, che ciascuno di noi è un mezzo attraverso il quale altre persone possono apprendere che anch’esse sono a immagine di Dio, amate e custodite da Lui. È incredibile pensare che ciascuno di noi può essere un dono, un mezzo per cui gli altri possono conoscere meglio Dio e se stessi; eppure noi crediamo che sia vero di ogni essere umano.
Moltissime persone LGBT hanno dedicato la vita a essere speranza e consolazione per gli altri, come il frate francescano Mychal Judge, cappellano dei pompieri di New York, che è morto l’11 settembre al World Trade Center mentre faceva forza ai soccorritori. Precedentemente fra Mychal aveva messo in piedi uno dei primi ministeri di New York rivolto alle persone sieropositive, si occupava dei senzatetto e offriva il suo ministero anche agli alcolisti, in quanto egli stesso aveva compiuto il percorso degli Alcolisti Anonimi, e negli ultimi dieci anni della sua vita aveva svolto il ministero di cappellano dei vigili del fuoco. Era gay, aveva aiutato innumerevoli persone, che oggi parlano di quanto siano state ispirate da lui. Sempre più voci si alzano per chiedere la sua canonizzazione.
Prendiamo anche il teologo olandese padre Henri Nouwen. I suoi scritti spirituali hanno aiutato milioni di persone a connettersi con Dio, e dopo decenni passati a insegnare nelle facoltà teologiche di Yale e Harvard, ha passato l’ultima parte della sua vita con i disabili delle comunità dell’Arca. La sua vita è stata una profonda testimonianza di servizio, semplicità e amicizia.
Padre Nouwen non si è mai dichiarato pubblicamente gay; nei suoi diari leggiamo la sua continua lotta per integrare l’omosessualità nella sua vita, un duro fardello che sciolse solamente negli ultimi anni. Un fardello che è stato però anche un carburante per il suo ministero, permettendogli di trattare le persone in difficoltà con empatia e sagacia.
Le persone LGBT cattoliche conoscono anche troppo bene la difficoltà di accettare se stesse, e quanto questo insegni la compassione. Chi, meglio di chi ha percorso questo cammino, può essere proclamato santo?
Spero sia chiaro che ciò che mi preme non è in primo luogo offrire alla nostra comunità un santo “tutto nostro”. Padre Nouwen e padre Judge hanno dedicato la loro vita ad aiutare persone di ogni tipo, persone da cui sono stati riconosciuti santi. La loro santità non è in funzione della loro sessualità, ma dei doni che hanno portato all’intera Chiesa.
Ma al tempo stesso va anche detto che è dura essere una persona LGBT cattolica. Sono sicuro che molti cattolici non ne possono più di sentir ripetere “Ma chi sono io per giudicare?”, ma per molti di noi quella frase di Francesco è stata la prima dichiarazione che abbiamo udito in vita nostra in cui ci è stato permesso pubblicamente di esistere come persone LGBT nella Chiesa.
Diamo uno sguardo alla storia della Chiesa: prendiamo santa Brigida e suor Darlughdach, che vivevano insieme, lavoravano insieme e condividevano il letto; prendiamo san John Henry Newman e padre Ambrose St. John, che hanno vissuto insieme per trentadue anni e sono stati sepolti insieme, o la venerabile Juana Inés de la Cruz, la quale credeva che Dio le avesse cambiato il genere nel ventre materno e immaginava Gesù come padre e madre, moglie e marito, a seconda dei bisogni di chi si rivolge a Lui.
La nostra effettiva presenza nella storia della Chiesa, però, non è mai stata riconosciuta, e non sono mai state riconosciute le benedizioni che vi abbiamo portato. Da nessuna parte troverete statue o pale d’altare raffiguranti persone come noi. Bene che vada, siamo ospiti nella storia della salvezza, ma più spesso siamo come Hagar, la seconda moglie di Abramo, esiliati lontano dalla nostra terra.
Le persone LGBT hanno sempre fatto parte della Chiesa, fin dalle origini, per quanto nelle epoche passate non si sarebbero definite così. Alcune hanno contribuito alla sua missione, e sono state persone ispiratrici e sante, e in molti casi (vedi padre Nouwen) l’hanno fatto portando silenziosamente un terribile fardello. È tempo che venga riconosciuto il posto che compete loro nella storia della Chiesa.
Quando noi persone LGBT guardiamo alla Comunione dei Santi, dovremmo essere in grado di vedere qualcuno che assomiglia a noi, e questo non per via della nostra identità, ma per quello che erano e che hanno fatto quelle persone.
* Padre Jim McDermott SJ è aiuto redattore del settimanale America. Seguitelo su Twitter: @PopCulturPriest
Testo originale: The Catholic Church needs L.G.B.T. saints