La Chiesa cattolica impantanata: riuscirà Francesco a smuoverla?
Riflessioni del teologo José Maria Castillo pubblicato sul suo blog Teología sin Censura (Spagna) il 2 maggio 2016, liberamente tradotte da Dino
La dottoressa Elske Rasmussen qualche giorno fa si lamentava di coloro (cardinali, vescovi, preti, frati…) che si impegnano a difendere il concetto che “il Papa è autorizzato soltanto a ripetere ciò che ha detto il Magistero precedente, specialmente da Pio XII fino a Benedetto XVI”.
Cioè, se ho ben compreso, gli “uomini di Chiesa” che fanno resistenza a papa Francesco sono persone che, forse senza rendersi conto di ciò che realmente stanno facendo, difendono in realtà una “Chiesa impantanata”, non nella melma e nel fango di un percorso impraticabile, dove non è possibile avanzare e non si va da nessuna parte, ma una “Chiesa impantanata” in qualcosa che è peggio di un percorso fangoso, cioè in un tempo e in una cultura che ormai non esistono più. Perché così è, in ultima analisi, la Chiesa di Pio XII, quella di Giovanni Paolo II e quella difesa da Benedetto XVI (fin che ha potuto).
Il nocciolo della questione, a mio giudizio, sta in questo: la preoccupazione primaria e determinante della Chiesa deve consistere nel rimanere focalizzata sulla fedeltà al Magistero e le sue verità o deve incentrarsi sulla sofferenza del popolo e le sue carenze? Nella risposta che si dà a questa domanda sta la chiave che spiega la differenza e la distanza che si percepisce tra il papato di Benedetto XVI e quello di Francesco. Senza dubbio è importante nella Chiesa difendere e mantenere il Magistero dei nostri predecessori. Ma non è più urgente porre rimedio alla sofferenza degli innocenti?
Non si tratta di dar ragione ad un papa e dar torto ad un altro. La questione è più grave e più determinante. In fin dei conti, ciò che stiamo vivendo nella Chiesa, con i contrasti e gli attriti tra i difensori del papato precedente e gli entusiasti di Francesco, non è altro che la riproduzione, in piccola scala, dello scontro tra i “Maestri della Legge”, difensori delle loro tradizioni religiose, e il comportamento di Gesù, che guariva gli infermi, dava da mangiare ai poveri e si faceva amico di peccatori e pubblicani. È evidente che Gesù nel suo tempo non fu un uomo esemplare. Ma è altrettanto certo che i soggetti “esemplari” (di allora e di oggi) in breve restano abbandonati nel baule dei ricordi mentre, come ha ben fatto notare il professor Reyes Mate, resta sempre in piedi l’inconfutabile enunciato di Theodor W. Adorno: “Far parlare la sofferenza è la condizione di ogni verità”. Questo mi porta a concludere ponendomi una domanda fondamentale: Quale verità possono difendere coloro che, quando gli conviene, lasciano da parte la sofferenza?
In questo, mi sembra, sta la grandezza, la novità e l’attualità della Amoris laetitia, la visione nuova (e ancora sconosciuta) della famiglia che ci viene presentata da papa Francesco.
Testo originale: La Iglesia atascada