La chiesa cattolica, le persone omosessuali e lo spirito che soffia dove vuole
Il nostro problema fondamentale, dopo esserci accettati personalmente, è quello di essere accettati dagli altri, dalla società. Tuttavia non sempre si tratta di una conseguenza logica, anzi di solito le due cose sono complementari, interdipendenti e la difficoltà nell’ottenere l’autostima dipende proprio dalla negata possibilità di inserimento sociale.
Siamo un po’ come lo scemo del villaggio, ovvero la strega, e facciamo di tutto per negarlo, incoscienti dei nostri fondamentali diritti esistenziali. Partecipiamo al gioco che ci sta negando, mettendoci penosamente dalla parte degli “altri”, esercitando anche la nostra incattivita cattiveria nel mettere in risalto le diversità (quelle altrui).
In questo sì che rientriamo nella maggioranza, nel mucchio di tutti quelli, i più, che a diversi livelli stanno soffrendo le più diverse crisi di identità, i più svariati complessi di inferiorità. In questo infatti non ci distacchiamo per nulla dalla “normalità” di questa nostra società insicura, che si nutre di ansie e di paure. Si tratta purtroppo di un circolo che sta sempre chiuso su se stesso, da sempre.
Io ho vissuto a lungo in Germania ed ora mi sono stabilito in Grecia, da dieci anni. Praticamente ho scelto la via della fuga, di fronte alle difficoltà che mi si sono parate dinnanzi in Italia. Ho scelto di eliminare il problema e non mi sono preso la briga di risolverlo. Non mi sento in colpa per questo, tuttavia ogni volta che torno in Italia per un breve soggiorno, mi sento un po’ come un disertore, nel constatare come le difficoltà, dalle quali sono fuggito, siano ancora tutte lì, irrisolte.
Anzi, sembrano quasi accresciute, dal momento che il problema viene messo sempre più in evidenza, dopo l’uscita dalle “catacombe”, nelle quali eravamo confinati ai tempi della mia giovinezza, nella sottaciuta intesa del “si fa, ma non si dice”.
Il “caso Italia”, a questo proposito, è ben determinato dal fatto che la nostra società stia ancora faticando a svezzarsi e ad emanciparsi dalla tutela della cultura clericale, che fino ad oggi sembra essere stata la sola autorità intellettuale e morale specifica su argomenti di questo tipo.
Con una certa curiosità mi sono avvicinato ad alcune associazioni di omosessuali “credenti”, anche perché da sempre cerco nel Vangelo di Gesù le risposte fondamentali per la mia esistenza. Devo dire che mi sono trovato a disagio e che ho finito per non frequentarle più.
Questo non significa che io non apprezzi i loro sforzi e l’accoglienza positiva che rappresentano, soprattutto per molti giovani in difficoltà, ma ho come l’impressione che non ci sia il coraggio di affrontare il toro per le corna…
Io non ho certo la ricetta per risolvere il problema, ma vorrei proporre il mio punto di vista, per dare il mio contributo ai dibattiti che si accendono nella attività del vostro sito, che non conosco a fondo, ma del quale ho già apprezzato l’entusiasmo e la disponibilità. Vi sarei grato se voleste pubblicare questo mio scritto, o quella parte di esso che più vi sembrerà opportuna.
Mi astengo da ogni critica nei confronti delle argomentazioni, come pure degli sforzi sinceri di interpretazione, da parte di quel clero “docente” che si cimenta nell’affrontare il nostro problema a partire dalle “Scritture”, nelle quali da tempo ho smesso di andare a cercare la spiegazione di tutto. Considero il Vangelo di Gesù qualcosa di completamente diverso da quel fenomeno letterario che si è prodotto dopo la sua morte e che è stato poi canonizzato in momenti storicamente poco chiari; pur riconoscendo i valori di quella letteratura che, in qualche modo è stata anche il tramite che ci ha dato la possibilità di avvicinarci al messaggio di Gesù.
Ritengo, per esempio, che l’abisso che separa il Vangelo (con la maiuscola mi riferisco alla testimonianza di Gesù, non necessariamente alle Scritture) dalla Torah e dal Corano sia proprio dovuto al fatto di non essere una “religione del Libro”, in quanto nasce sì sull’esperienza della Torah, ma non ha la pretesa di riscriverla; ne scopre semplicemente la corretta chiave di lettura, proponendo addirittura la centralità dell’uomo (il lettore) sulla Legge, in quanto la Legge è stata scritta per l’uomo e non è l’uomo ad essere stato fatto per la Legge.
Mi riferisco, fra l’altro, a quel passo (in qualche modo devo pur ricorrere ai “vangeli” scritti) dove Gesù contesta il valore del sabato e ad altri dove ripete quello che sembra essere un leit-motiv della sua predicazione: “E’stato detto… ma io vi dico”.
Più semplicemente: sono stato conquistato da un Maestro che non ha lasciato nulla di scritto, ma ha lasciato un esempio di coerenza di vita ineguagliabile, ma stimolante.
Un Maestro che ci ha presentato il Mistero di Dio in un modo completamente nuovo e consolante, regalandoci una speranza assolutamente inedita; e che, al momento del commiato, ci ha assicurato che non saremmo rimasti soli, perché ci lasciava lo Spirito, quello stesso Spirito che all’inizio “vagava sulle acque” e che aveva percorso tutta la storia, fino alla sua vita (quella di Gesù) attraverso la quale era passato in modo unico.
Ed è lì che dobbiamo leggere, in quel libro che abbiamo dentro noi, “tempio dello Spirito”, cercando di interpretare la sua voce, che parla dentro ognuno di noi: una miriade di espressioni diverse destinate a confrontarsi per unirsi in un accordo finale, quello dell’amore. Perché il messaggio di Gesù non è un messaggio personale, o non è solo quello, ma anche e soprattutto un messaggio “ecclesiale”, destinato a diventare un coro di tutte le voci dove lo Spirito si esprime. Questa dovrebbe essere la “cattolicità”, indipendentemente dalle redini romane…
Non sto vagheggiando una nuova religione, sto considerando il messaggio di quel Gesù, che non voleva fondarne nessuna di nuova, ma voleva valorizzare la propria, che era diventata un’ortoprassi indegna del Mistero di Dio e dell’uomo.
Mi metto pertanto nella lunga schiera di tutti quelli che sono stati colpiti dal suo Vangelo, unendo il mio balbettio a quello degli altri. E nel contempo considero una allucinazione la pretesa di interpretarlo per intero da parte della risorta schiera degli “Scribi”, che si è subito formata dopo la sua Morte e che pretende ancora di circoscrivere il Mistero con mummificate affermazioni teologiche.
La mia tesi, a proposito di quanto detto sopra, è semplicemente questa: quella Chiesa che si è autodefinita “docente” non ha alcun motivo di essere, se non nell’umiltà di riconoscere che, ancora oggi, l’unico Maestro che ci è vicino è quel “Creator Spiritus” che soffia quando e dove vuole. Bisogna solo cercare di mettersi tutti insieme nelle condizioni di poterlo ascoltare, giorno dopo giorno, anno dopo anno, generazione dopo generazione. Tutti insieme, ognuno sforzandosi di riconoscere i propri limiti, tendendo a quell’amore che sembra essere la chiave di tutto.
Un bel programma! E’ chiaro che si può solo essere presuntuosi nella pretesa di realizzarlo. Ma si tratta del programma di tutta la storia dell’umanità. Noi dobbiamo solo cercare di dare il nostro piccolo contributo, accettando i nostri ripetuti insuccessi, senza scoraggiarci mai. L’entusiasmo di Gesù, che essenzialmente è la fiducia nella bontà di questo nostro viaggio verso l’incommensurabile Mistero, ci sta trascinando da sempre, già fin dalla prima risposta del creato al “fiat lux!” iniziale.
Tuttavia è proprio su questi argomenti che ci sono state tarpate le ali.