La chiesa Valdese al bivio della benedizione delle coppie gay
Articolo di Gregorio Plescan, pastore Valdese
Il dibattito sulla benedizione delle nozze omosessuali nella chiesa Valdese è ancora aperto. Certo l’approccio omofobo del passato è stata superato un po’ da tutti e la domanda delle coppie “nuove” viene sempre più considerata comprensibile, per non dire legittima.
Però la chiesa valdese “non è ancora concorde su questo punto” ci sono ancora troppe sensibilità diverse per prendere una decisione condivisa da tutti”. Non resta perciò che confrontarsi per giungere a una decisione condivisa. Ma sino a quando?
Uno dei punti di discussione che talvolta ricorrono nei dibattiti sinodali (ndr il massimo organo decisionale della chiesa Valdese) ha a che fare con il matrimonio e/o la benedizione dei matrimoni tra coppie omosessuali. Questo è un discorso non molto semplice, per due ragioni.
La prima ragione – a cui si è accennato già nell’intervento precedente – ha a che fare con le diverse letture della Bibbia e al fatto che, evidentemente, la chiesa non è ancora concorde su questo punto: soprattutto nel rapporto dialettico tra le tre denominazioni “storiche” che in Italia collaborano e sono in stretta comunione tra di loro (Battisti, Metodisti e Valdesi).
Nell’autunno del 2007 si è tenuto a Roma un incontro (denominato “assemblea/sinodo” per rispettare le diverse ecclesiologie) nel quale si è anche discusso di questo argomento e si è notato come vi fossero troppe sensibilità diverse – trasversalmente – per prendere una decisione che fosse condivisa da tutti: forse questo può sembrare strano a chi non è protestante, ma così funziona il nostro mondo.
La seconda ragione è legata al significato del matrimonio nel mondo evangelico: esso è un atto eminentemente statale. Non è il caso di fare storia dell’”istituzione matrimonio” in occidente, ma per semplicità possiamo dire che noi pensiamo che la nozze siano un affare “di Stato”: non è la chiesa che dice chi e perché si può sposare o meno, ma è la legge che lo fa.
In sintesi si potrebbe dire che se la nostra legge dicesse “sì” alle nozze omosessuali, difficilmente la chiesa si sentirebbe autorizzata a dire di “no” – secondo la legislazione vigente le chiese evangeliche in Italia possono celebrare matrimoni con effetti civili, anche se molte persone preferiscono sposarsi civilmente e poi avere le nozze benedette durante il culto domenicale.
Non si deve però neppure dimenticare che la chiesa non è un agenzia matrimoniale, e di solito le nozze che vengono celebrate (o benedette nel caso di celebrazione civile) sono quelle dei suoi membri.
Dopo queste premesse, forse un po’ pedanti ma utili per chi non si orienta bene nelle specificità dei protestanti, possiamo dire che il dibattito sulle nozze omosessuali è ancora molto aperto: è abbastanza chiaro che l’approccio omofobo del passato è stata superato un po’ da tutti – pur con diverse sfumature – e che la domanda delle coppie “nuove” viene sempre più considerata comprensibile, per non dire legittima; sicuramente la maggioranza dei protestanti ritiene più che legittime le richieste di diritti civili da parte di persone non spostate regolarmente.
Del resto per la nostra concezione della chiesa, essa non è un entità che sa e che “insegna” a un popolo ignorante che deve imparare, ma piuttosto un gruppo di persone che sanno di aver incontrato Dio, che ha annunciato loro che le salvezza è possibile e che viene da Gesù.
E non siamo noi a poter fissare i confini dell’annuncio di questa misericordi: anzi, forse è proprio là dove c’è più disagio che la parola di simpatia ha più senso, per es. risultano francamente incomprensibili le idee di scomunicare (in senso letterale: rifiutare la comunione) a chi è divorziato.