La chiesa valdese di fronte all’omosessualità
Articolo di Gregorio Plescan, pastore valdese
La chiesa valdese ha dovuto percorrere una strada lunga e un pò “accidentata” per arrivare alle riflessioni odierne sull’omosessualità.
Infatti, com’è noto, ci sono diversi modi di leggere la Bibbia e per molti secoli le chiese protestanti hanno avuto delle posizioni conservatrici: la Scrittura veniva interpretata più come una serie di regole – anche in questione di morale sessuale – che come un libro capace di presentare diverse sfumature.
Emblematica può essere la storia dell’interpretazione del “peccato di Sodoma”: se uno legge i commenti alla Genesi fino al XIX sec., noterà che tutti concordano che esso è quello di omosessualità (o comunque di una sessualità “sbagliata”); oggi probabilmente tutti concordano senza difficoltà che esso era la violazione della “legge dell’ospitalità”.
La chiesa valdese ha cominciato in tempi relativamente recenti a discutere del tema, anche perché a partire dal 1980 presso il centro ecumenico di Agape si sono cominciati a tenere dei campi omosessuali.
Un primo documento ufficiale è del 1995, quando, parlando di bioetica, si dice anche che: “l’omosessualità è una realtà documentata in ogni epoca e in ogni tipo di società umana. Ogni generazione vi si trova confrontata e ogni presa di posizione è sempre culturalmente situata.
Oggi noi possiamo assumere una posizione di apertura e di rispetto per gli omosessuali, liberandoci da molti preconcetti che hanno provocato inumane discriminazioni.
Le ricerche sull’omosessualità hanno ormai superato l’idea che le radici primarie dell’orientamento omosessuale possano essere attribuite a forme di malattia psichica e pur non essendo oggi dimostrabile scientificamente una predisposizione genetica, vi è largo consenso sul fatto che l’omosessualità non sia una scelta, quanto piuttosto una condizione esistenziale che si impone come dato oggettivo a un dato momento della vita…”.
Negli anni seguenti si è discusso della consacrazione di pastore/i omosessuali, concludendo che il nodo della sessualità è una questione privata delle persone e che quindi né il loro stato civile, né le loro inclinazioni affettive sono un impedimento a svolgere il loro ministero, in quanto tali.
Nel Sinodo del 2007 è stato deciso di invitare le comunità locali ad organizzare e/o partecipare alle veglie contro l’omofobia: il sito gionata.org ha cercato di monitorare l’iniziativa, per cui è possibile capire quanto questa sia stata un’affermazione di principio e quanto una forma di solidarietà e sensibilizzazione realmente messa in pratica.
Come possiamo immaginare la questione non trova solo sostenitori, ma anche persone che sono in disaccordo o che ritengono che sia un argomento troppo scabroso per essere discusso apertamente o in luoghi ufficiali.
D’altra parte non dobbiamo dimenticare che in qualsiasi chiesa – entità complessa e articolata, soprattutto quando si pensa che la chiesa valdese rifiuta l’idea della “setta”, cioè di essere un gruppo compatto e animato dalle stesse convinzioni e dalle medesime vie per metterle in pratica, ma incoraggia la discussione, anche su argomenti difficili – ci sono molteplici sfumature nella lettura della Bibbia: ce ne sono di “aperte” – che sottolineano il contesto storico e culturale che ha contribuito a far sì che i testi che leggiamo siano quelli che sono – ma anche altre, più tradizionali, che potremmo definire in maniera semplicistica “fondamentalisti”.
In realtà non si dovrebbe dimenticare che il confine tra lettura fondamentalista e “liberale” della Bibbia è labile, perché ciascuno sente molto vicino a sé alcuni brani e lontani, per diversi motivi, altri.
Il nodo che si cerca di affrontare nei dibattiti, quindi, non è semplicemente “cosa dice la Bibbia sull’omosessualità”, o se la chiesa ha il diritto/dovere di accogliere le persone omosessuali o di chiamarle a un cambiamento di stile di vita: il punto è cercare di stabilire una maniera per interpretare dei testi e le tradizioni bibliche senza dimenticare la predicazione dell’amore di Dio che supera le nostre convinzioni e i nostri pregiudizi.