La compassione non conosce limiti (Lc 10, 36-37)
Riflessioni del Rev. David Eck Asheville* tratte dal blog jesuslovesgays (Stati Uniti) del 30 agosto 2012, liberamente tradotte da Adriano C.
“Chi di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa” (Luca 10, 36-37). Kathleen Norris, nel suo gradevole libro “Amazing Grace: un vocabolario di Fede,” condivide la storia che segue durante il tentativo di trovare una definizione per la parola “prossimo” ….
“Di recente ho letto nel sermone di un amico sacerdote, la storia di un croato di origine serba, un cristiano che aveva il compito di organizzare il reinsediamento dei rifugiati di una parte della Croazia.
Lavorando sui piani per ricostruire un villaggio musulmano che era stato completamente distrutto durante la guerra, l’uomo ha trovato, con sua grande sorpresa, che non era prevista la costruzione di nessuna moschea.
Quando ha chiesto a questo proposito, il sindaco gli disse che probabilmente le organizzazioni cristiane non sarebbero state disposte a finanziare la ricostruzione di una moschea. L’operatore sociale ribatté che proprio per il fatto che erano seguaci di Gesù Cristo, avrebbero aiutato nella ricostruzione. ‘Gesù raccontò la storia di un buon samaritano’, disse ‘che ha aiutato il suo prossimo senza chiedergli della sua religione’.”
Quando si legge la storia del buon samaritano, non si può fare a meno di notare che il modo più semplice per passare attraverso la vita è quello di “passare dall’altra parte”. La compassione è un lavoro rischioso. Essa ci spinge ad uscire dalle nostre zone di benessere.
I Samaritani erano disprezzati dagli ebrei del tempo di Gesù, perché erano considerati “mezzosangue”, il loro sangue era stato corrotto dai Gentili che avevano sposato i loro antenati ebraici. Essi venivano anche considerati come eretici dall’istituzione religiosa, perché il vero culto di Dio era stato compromesso dal lato Gentile dei loro antenati.
Nella nostra epoca ci accorgiamo spesso che molti cristiani vedono i fratelli e sorelle LGBT come Samaritani. Vedono la nostra fede con sospetto nella migliore delle ipotesi e un fallimento spirituale nel peggiore dei casi. Spesso mi è stato detto [e sono sicuro che lo avete sentito molte volte anche voi] che non si può essere omosessuale e cristiano allo stesso tempo.
Forse possiamo cominciare a cambiare le menti di coloro che ci vedono come “bastardi” della fede, seguendo l’esempio del Samaritano della parabola. Se siamo in grado di essere riconosciuti come persone di compassione straordinaria, non esiste alcun modo che i nostri oppositori possano riuscire a tentare di convincere l’opinione pubblica che noi siamo dei pagani empi.
* Il Rev. David Eck Asheville della North Carolina (USA) è un pastore della Chiesa Evangelica Luterana d’America (ELCA). Oggi può raccontarsi, senza nascondersi, nel suo blog jesuslovesgays
Testo originale: Compassion Knows No Bounds