In Uganda essere gay o lesbica fa rima con “morire”
Articolo tratto dal sito Stop Homophobie (Francia), liberamente tradotto da Marco Galvagno
Non si sceglie di essere gay o lesbica, in Uganda come altrove. Tuttavia in Uganda esiste una legge contro l’omosessualità, promulgata dal presidente Yoweveri Museveni a febbraio che prevede l’ergastolo anche se i rapporti sono avvenuti tra due uomini adulti consenzienti. Alcuni parlamentari reclamano addirittura la pena di morte per questo “crimine”.
Nel momento in cui il papa fa dichiarazioni che vanno nel senso della tolleranza verso i gay (Se una persona è omosessuale e cerca il Signore con buona volontà, chi sono io per giudicarla?) sono le chiese protestanti a condurre in Africa la “crociata” contro i gay.
Parlano di flagello che bisogna sradicare e diffondono idee false come quella che i gay sarebbero anche pedofili. Questo clima di odio che viene seminato istiga la gente ad aggredire i gay e le lesbiche.
Un giornale ugandese ha pubblicato una lista di cento personalità sospettate di essere omosessuali, allegando le loro foto e i loro indirizzi. Il titolo aggiungeva inoltre “Impiccateli”.
Tre mesi dopo, il capo di un’organizzazione gay, la cui foto era comparsa su quel giornale, è stato barbaramente assassinato nella propria abitazione. Da allora in poi i difensori dei diritti umani vivono nel terrore.
Kasha Jacqueline Nabagesera, che ha ricevuto un prestigioso premio internazionale per il suo impegno a favore delle persone omosessuali, non è più al sicuro nel proprio paese: deve cambiare continuamente casa e non può più vedere i propri familiari.
Kasha è lesbica e si batte perché le persone non vengano discriminate in base al loro orientamento sessuale. Infatti si reca regolarmente in Svizzera per testimoniare la difficile situazione dei suoi connazionali ed ha tenuto un discorso in pubblico anche durante il Gay Pride di Zurigo.
Come ricorda Manon Schick, direttrice della sezione svizzera di Amnesty International, i difensori dei diritti delle persone LGBT hanno bisogno di protezione. Il riconoscimento che possono offrire loro i governi europei è essenziale, poiché dà credibilità e legittimità alle loro battaglie.
Di fronte a questa nuova legge contro l’omosessualità molti governi occidentali hanno reagito congelando gli aiuti allo sviluppo. Gli Stati Uniti hanno affermato che avrebbero riconsiderato gli aiuti accordati a Kampala.
I Paesi Bassi, dal canto loro, hanno sospeso gli aiuti dati ai tribunali e al sistema giuridico del paese, ma hanno mantenuto l’assistenza a progetti umanitari di sviluppo sociale per non penalizzare la popolazione.
Le sanzioni che colpiscono la popolazione non sono una panacea, ma è essenziale mantenere la pressione sulle autorità ugandesi nei prossimi mesi. “Siamo essere umani come tutti gli altri” continua a declamare Kasha nelle conferenze internazionali. I suoi appelli non devono rimanere inascoltati.
Testo originale: L’homosexualité n’est pas un choix !