La gioia di sentirsi accolti. Dalla tre giorni del Progetto Giovani Cristiani LGBT
Testimonianza di Matteo S. sull’incontro nazionale del Progetto Giovani Cristiani LGBT, tenutosi a Roma dal 20 al 22 ottobre 2017
Scrivere un buon inizio è sempre difficile ma ci provo. Sono Matteo, ho 27 anni, primo di cinque fratelli, figlio di genitori neocatecumenali. Ciò che da sempre mi guida è un forte bisogno di risposte, conoscenza e verità.
Vita nel mondo della chiesa cattolica romana: dodici anni in associazione AGESCI (scout cattolici italiani), sei nel cammino neocatecumenale, tre di gioventù francescana, percorso dei dieci comandamenti, ritiri e tanto altro più o meno continuativo o anche no.
Matteo nel mondo: due occupazioni al liceo, cinque anni di accademia di belle arti, tre marce per la pace, centri sociali, servizio civile, volontariato in CARITAS, dopo scuola vari.
Serie tv: ancora adoro Will e Grace!!! Musica: balcanica, taranta, indi-italiano, e soprattutto De Gregori. Look : ho tagliato i miei lunghi rasta da un anno, ora traino per Roma zaini troppo grandi: mi mancava un peso da trascinare!
Città in cui ho vissuto: Perugia, Firenze, Roma e diciamo che il centro Italia non ha segreti per me.
Matteo e l’amore: dopo un premio come crocerossino dell’anno (e chi non ce l’ha?), anni bui e anni meno, ora vivo una promettente storia con le sue sfide ma più che altro con le sue grandi gioie… e decisamente tanto tanto tanto altro.
Cosa c’entra tutto questo? E’ importante dirvi ciò? Forse sì, perché con questa storia sono arrivato al ritiro del Progetto Giovani Cristiani LGBT. Tutto questo, nulla escluso, sono io. Senza fare tagli alla mia storia, senza omettere, senza indorare pillole ho potuto essere Matteo, fidanzato con Fabrizio.
Al ritiro del Progetto Giovani Cristiani LGBT mi accoglie in ascensore una bimba di due anni, figlia di una giovane ragazza russa, rifugiata politica in Italia. Sorrisi e moine sono il primo contatto.
Risiediamo in un convento di suore. Animazione, momenti di preghiera, e tutto il lavoro sui dati raccolti per il sinodo dei giovani verranno fatti nella parrocchia romana di S. Fulgenzio. La sera è invitato don Michele, a parlare, forse ad ascoltare… Le esperienze risuonano, si mostrano quasi involontariamente mentre ci presentiamo, e prima che ce ne rendiamo conto un semplice giro di presentazioni diventa occasione di conoscenza delle nostre intimità, dei bisogni di ognuno di noi da reclamare alla Madre Chiesa.
Don Michele prova a farsi alla nostra altezza, parla di una chiesa cattolica che ha conosciuto l’omosessualità solamente da titoli di giornali e dalle storie dei vip. Quello che è mancato per tanto tempo al clero, alle alte sfere vaticane sono state le storie delle persone, la verità e la semplicità delle vite comuni della gente. Ascoltare era lo scopo.
L’indomani ci raggiungono nella parrocchia S. Fulgenzio i responsabili delle pastorali per le persone LGBT, le poche esistenti, e genitori AGEDO. Con loro ci dividiamo in gruppi di lavoro per sviscerare le tematiche del sinodo dei giovani.
Mi sono sorpreso a vivermi questo momento con un’inaspettata coesione, con una riscoperta voglia di proporre linee comuni. Sia in questo tempo che nella mattina della domenica, ho gustato attraverso gli altri presenti amore per un futuro costruttivo, incentrato sul conoscersi e sulle relazioni.
Il pomeriggio si tiene una conferenza con testimonianze e interventi. Mi colpisce dei genitori cattolici con figli LGBT e dei responsabili delle pastorali presenti, la voglia di rispetto. Leggo volti che ascoltano, che sentono l’urgenza di capire, di trovare risposte.
A messa il parroco ci presenta come giovani LGBT provenienti da tutta Italia, alla preghiera dei fedeli qualche parrocchiano prega per noi. Non c’è paura, non ci sono sguardi duri, c’è solo accoglienza. Vedo molta voglia di andare avanti e questo mi riempie. Sento crescere il piacere di stare con i fratelli e le sorelle attraverso una condivisione oramai senza orpelli, diretta semplice, con i segni delle nostre quotidianità, col sapore delle nostre differenze e similitudini sempre in bocca.
Domenica mattina concludiamo il confronto sul sinodo cesellando il rapporto portato dai diversi gruppi di lavoro. Ho visto tanti sentieri incontrarsi, voglia di pregare, tante persone mettersi davanti al Padre e respirare un “Signore sono serenamente tutto questo, accoglimi!”.
Fa bene la speranza, fa bene tirare un respiro di sollievo! Bello poter essere te stesso senza dover lottare per esserlo, almeno in chiesa.
Bello poter pregare in una comunità, accanto alla persona che ami. Bello poter dimenticare le etichette Differenza, Minoranza. La parola può essere coltello anche una singola volta eppure siamo venuti perché questo rapporto con Dio noi lo vogliamo. E’ la nostra storia che conta ed è quella che farà luce. Era tempo che non mi meravigliavo. Mi sono potuto permettere il lusso di non difendermi, sono potuto stare con Colui che ha dato tutto per me salendo sulla croce, ancora una volta, ma in un modo del tutto nuovo alla mia esperienza.
“Il cuore si indurisce quando non ama. Signore dacci un cuore che sappia amare!” dice papa Francesco. Quando siamo aiutati da una comunità, guidati da un parroco, dalla chiesa, invitati a dare tutto, a mettere tutto nelle mani del Signore, a non tenerci niente per noi, a non sottostare alla vergogna, alla paura, allora si può fiorire, si può sentire l’azione del bene nel cuore e si può veramente amare l’altro. Questo e tanto tanto tanto altro mi ha lasciato il ritiro giovani.
Un grazie e un abbraccio grande a tutti i partecipanti, agli invitati, e a te che leggi chiunque tu sia!!!