La mia psicologa è lesbica
Articolo di Rozenn Le Carboulec pubblicato sul sito del trimestrale LGBT Têtu (Francia) il 22 aprile 2019, liberamente tradotto da Lavinia Capogna
“La mia psicologa è lesbica” (Ma psy est lesbienne) è il nome di una associazione lanciata di recente da tre psicoterapeute omosessuali che desiderano offrire uno spazio accogliente per le persone LGBT. Têtu ha intervistato due di loro per saperne di più su questa ottima iniziativa.
Questa è la storia di un incontro, di un’amicizia e di un’osservazione condivisa: consultare una/o psicologo non è facile, soprattutto se si è una persona LGBT così Agnès e Oksana, entrambi psicoterapeute ed omosessuali, hanno deciso di creare, con una terza collega, “La mia psicologa è lesbica“, una ‘rete’ di professioniste della salute mentale a Parigi.
Agnès, 51 anni, che ha anche una formazione in filosofia, lavora come psicoterapeuta a Parigi da 13 anni, dopo aver lavorato per 15 anni come “consulente aziendale” ed aver supportato degli alti dirigenti. Anche l’altra psicoterapeuta, Oksana, esercita da nove anni, dopo essere stata docente di inglese. Americana di origine russa, 43 anni, da un anno fa consulenze a Pantin (una zona di Parigi ndt) in lingua francese e inglese.
Entrambe sono sposate con una donna e lo dicono apertamente anche se non lo mostrano pubblicamente. Anche loro hanno subito lesbofobia in diverse occasioni, nel loro ambiente professionale ed altrove. Ecco perché hanno chiesto di non pubblicare i loro cognomi, né le loro foto, in questo articolo. Il che prova anche se non ce ne era bisogno che le lesbiche e le persone LGBT+ in generale hanno bisogno più che mai di un luogo sicuro dove parlare e di un’accoglienza non giudicante.
Le abbiamo incontrate entrambe in un caffè parigino per intervistarle sulla loro associazione che hanno lanciato da un anno e mezzo (nel 2019 ndt). Il loro programma è tanta solidarietà – anzi sorellanza – ed accoglienza.
“Era importante poter dire: siamo psicologhe, siamo lesbiche e siamo qui“.
Come vi siete incontrate ?
Agnès: Ci siamo conosciute tramite mia moglie, che è una ex partecipante del team di Cineffable (una associazione che promuove il cinema lesbico ndr) e di cui fanno parte anche Oksana e sua moglie.
Oksana: Abbiamo scoperto il lavoro l’una dell’altra, abbiamo iniziato a parlare e ci siamo rese conto che c’era una mancanza, un vero bisogno nella comunità lesbica (di una associazione del genere ndt).
Attraverso la nostra pratica e il nostro giro di amicizie e professionale ci siamo rese conto che per molte donne lesbiche consultare una/o psicologa/o può essere difficile. Hanno spesso paura del suo giudizio. C’è una reale necessità che queste donne possano essere accolte come lesbiche da una/un professionista che non abbia pregiudizi verso le lesbiche, la quale a volte è inconscia in alcune/i di loro.
Come vi siete rese conto di questa paura ?
Agnès: Entrare per la prima volta in uno studio di una/o psicologa/o significa affrontare la vergogna e il giudizio. Entrambe abbiamo fatto questo percorso come donne lesbiche. Conosciamo questa difficoltà. Sappiamo fino a che punto, nelle nostre vite, a volte siamo costrette a scegliere dove parlare e dove no. Ma se c’è un luogo in cui è veramente importante essere se stesse e non essere costrette a scegliere ciò è proprio la psicoterapia.
Ad esempio, durante un seminario che avevamo organizzato, una donna ci ha detto che aveva consultato una psicologa perché era stata violentata da bambina. È andata bene fino al giorno in cui la professionista non le ha detto: “Una volta che avremo risolto questo problema della sua infanzia lei non sarà più lesbica…”.
Oksana: Non dobbiamo dimenticare che la prima volta che si entra nello studio di una/o psicologa/o si ha paura. Può essere molto stressante. Per questo abbiamo ritenuto importante poter dire: siamo psicologhe, siamo lesbiche e siamo qui. È essenziale essere visibili, offrire all’altra questo specchio, perché aiuta nella costruzione di sé.
Tu stessa hai provato molta apprensione prima del tuo primo appuntamento con una o un terapeuta?
Agnès: La prima volta che ci sono andata è stata dopo la morte di mio padre che è stata brutale in quanto inaspettata. Non l’avrei consultat* riguardo alla mia vita sentimentale e sessuale ma è stato importante per me, ad un certo punto, dirlo. Tuttavia ero preoccupata per la sua reazione e per il suo eventuale giudizio, quindi ho provato una sofferenza in più. Soprattutto perché non sapevo dove fossi in quel momento (cioè se era un luogo accogliente o meno ndt) quindi quando dico che può riguardare la vergogna o il rifiuto questo mi racconta qualcosa. Mi ci è voluto molto tempo per interrogarmi su questo.
Abbiamo parlato molto in questi mesi della recrudescenza della violenza omofobica. Ne avete sentito parlare molto durante le sedute ?
Agnès: Quello che mi colpisce molto è la sofferenza dei giovani. Colgo un rischio di suicidio nei miei giovani pazienti e mi vengono i brividi quando ne parlo, è molto difficile (…).
Osaka: C’è anche la violenza del silenzio, del non detto, di persone che non hanno diritto di esistere (per una parte della società ndt).
Agnès: Se poni una domanda alle persone intorno a te “ti senti libera/o di tenere per mano la tua compagna o il tuo compagno per strada ?” la loro risposta sarà no, anche se si trovano nel centro di Parigi !
Abbiamo appena fatto un video su questo tema alla rivista Têtu. Abbiamo posto la stessa domanda alle persone LGBT e molti di loro non si sono sentiti a proprio agio nel tenere per mano una/un partner, perfino nel Marais…(la zona più gay friendly di Parigi ndt).
Osaka: Anche per questo per me essere visibili è così importante. Per noi, ma anche per gli altri, che si veda che noi esistiamo. E non solo che esistiamo ma che è normale (essere lesbiche, gay e trans ndt).
(Nota: questa intervista è del 22 aprile 2019, attualmente le psicologhe di ‘Ma psy est lesbienne” sono in Francia quasi venti. Chi volesse contattarle può inviare loro un email a mapsyestlesbienne@gmail.com).
Testo originale: “Ma psy est lesbienne” : notre rendez-vous avec un réseau de thérapeutes homosexuelles