La scopertà dell’omosessualità di un figlio raccontata da una madre
Testimonianza di Becky Groves tratta dal sito emptyclosets (Stati Uniti), liberamente tradotta da Pina
A volte, nella vita, viviamo determinati momenti che ci cambiano. Come genitore di un ragazzo gay, questo è stato indubbiamente uno di quei momenti. Prima di essere etichettati come “diversi”, eravamo considerati una famiglia media americana. Appartenevamo al ceto medio. Avevamo allevato i nostri figli con i valori della famiglia di cui ogni genitore sarebbe orgoglioso. Li portavamo in chiesa, trascorrevamo del tempo con loro a scuola. Eravamo invidiati da molti familiari e amici perché nessuno dei nostri figli era mai stato coinvolto, in vita sua, in qualche guaio serio. I nostri ragazzi erano ottimi studenti, abituati al lavoro sin da tenera età e a guadagnare denaro per comprare le prime macchine e parte del guardaroba.
Erano responsabili e grandi lavoratori, tutti laureati con lode. Cosa potevamo chiedere di più?
Guardando indietro nel tempo, credo di aver sempre saputo che mio figlio fosse un po’ diverso dalla maggior parte degli altri ragazzi. Avevo aiutato molti di loro a crescere nel mio lavoro come assistente sociale per adolescenti. Non era mai stato turbolento come molti di loro. Ricordo che una zia gli comprò una Jeep giocattolo quando aveva 5 anni e pensai che non ci avrebbe mai giocato. Era creativo ed intelligente e avrebbe preferito fare qualcosa legato all’arte o cucinare biscotti con la sua bisnonna.
Non si interessava mai alle ragazze. Mio marito pensava che forse sarebbe sbocciato in ritardo, come lui, ma presto ci rendemmo conto che non era così. Mio figlio aveva sempre avuto problemi con i cambiamenti, così non potevo che essere preoccupata quando l’ansia mostrò la sua brutta faccia nel momento in cui passò dalla scuola superiore all’Università. Fu un guaio.
Vomitava e piangeva prima di uscire, la mattina. Fu all’epoca che suggerii un consulto. Non sembrò affatto stare meglio. Il giorno del Martin Luther King Day mio figlio compì 19 anni, ed uscì allo scoperto con me, con suo padre e le sue sorelle tramite la posta elettronica. Fu molto sintetico e, al riguardo, disse semplicemente di essere ancora la stessa persona e che avrebbe risposto a qualsiasi nostra domanda.
Non riuscivo a dormire quella notte a causa della tensione per una lezione che avevo tenuto in serata. Mi alzai per controllare la posta e fu allora che feci la scoperta. Rientrai in camera, svegliai mio marito e gli dissi:” Adam è gay “. La sua risposta fu: “ No, non è vero. Torna a dormire!”. Una delle mie figlie non fu affatto sorpresa da questa rivelazione, ma le altre si. Quando ci alzammo, la mattina seguente, mio marito ed io andammo nella stanza di Adam. Io lo abbracciai e gli dissi che lo avrei sempre amato e che tutto era a posto.
Il padre di Adam era preoccupato che ciò fosse dovuto a qualcosa che aveva fatto o che non aveva fatto come genitore. Io espressi il mio turbamento perchè non si sarebbe mai sposato o non avrebbe mai avuto figli. Lui mi rispose che voleva adottarne uno e che forse, un giorno, la legge sarebbe cambiata e anche lui si sarebbe potuto sposare. Dopo quella mattina, comprai alcuni libri e mi documentai su questo tema che conoscevo poco.
Probabilmente, i talk show furono la mia migliore istruzione sull’argomento. Nessuno di noi aveva mai dubitato del fatto che Adam fosse nato in questo modo. Ero molto preoccupata per come i nonni di Adam avrebbero accolto la notizia. La famiglia di mio marito fa parte di una chiesa cristiana fondamentalista che ha sempre insegnato “i peccati dell’omosessualità”.
Io evitai accuratamente di dirlo loro per diversi mesi. La voce si diffuse e, un giorno, mia suocera si avvicinò e mi disse: “Sappiamo tutto e non c’è problema. Entrambi crediamo che l’omosessualità sia innata”. Rimasi scioccata e sorpresa. Adam volle dirlo agli altri nonni il giorno seguente. Ciò mi rese estremamente nervosa perché sapevo che mio padre era omofobico.
Infatti, una volta che mio figlio era fuori ad esercitarsi nella guida con lui, gli disse bruscamente che l’omosessualità non era una cosa buona e che se qualcuno gli avesse detto il contrario, stava mentendo.Mio padre disse ad Adam che lui era “il suo nipote preferito e nulla avrebbe cambiato le cose”. Mio padre ha momenti in cui penso che faccia progressi e altri in cui credo che abbia ancora molta strada da percorrere. Di solito, questo è qualcosa che non avviene in un giorno.
Ci vuole molto coraggio per cambiare il cuore e la mente e questa è la ragione per cui si esce allo scoperto e si parla con i propri genitori ogni volta che si può: li aiuterà a muoversi nel senso che si vuole.
Dopo la confessione di Adam, cercammo un buon professionista GLTTB (per gay, lesbiche, trans e bisex) che gli desse un aiuto. Tutta l’ansia e la depressione di cui soffriva finalmente sarebbero svanite. Alla fine sarebbe stato in grado di vivere nei suoi panni.
Ecco perché abbiamo partecipato attivamente al PFLAG (Associazione americana per genitori, famiglie e amici di lesbiche e gay) sin dall’inizio. La nostra triplice missione è sostenere, educare e difendere i nostri amati gay, lesbiche, trans, transgender e bisex (GLTTB). E’ un percorso che non avrei scambiato per niente altro. Ho fatto cose che non avrei mai creduto di poter fare. Ho cercato di influenzare lo stato e i livelli nazionali, fatto dichiarazioni scritte e orali per aiutare a cambiare le leggi per gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. Ho lavorato per 3 anni in qualità di Presidente della PFLAG e nel consiglio direttivo per un ulteriore anno.
Oltre a questo compito, ho aiutato i genitori turbati e sconvolti ad amare e accettare i loro ragazzi così come sono. Sono particolarmente orgogliosa di questo! PFLAG è un’organizzazione basata interamente sull’amore incondizionato e non so dire se ci sia qualche altra organizzazione che si possa paragonare ad essa! Adam, inoltre, ha fatto parte del consiglio del PFLAG ed ne è ancora membro, rimane in contatto tramite le e-mail dalla Louisiana, dove attualmente vive con il suo compagno, Michael.
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Testo originale: Homosexuality: a mother’s perspective