La tua storia merita di essere raccontata
Articolo di Shauna Niequist pubblicato sul sito del Relevant Magazine (USA) il 9 novembre 2010, liberamente tradotto da Marzia Di Bartolomeo
Racconti quello che sai, quello che hai guadagnato, quello che hai imparato nel modo più duro. Lo guardi cadere in quello che sembra essere il vuoto, e mormori qualcosa sotto il tuo respiro, qualcosa per quanto riguarda lo gettare perle ai porci. Ma poi, 10 anni dopo, ti rendi conto che un frammento della sua storia è stata ora tessuto in quella di qualcun’altro.
Una cosa molto necessaria, un ponte verso un nuovo modo di intendere e di vivere. Non avevo bisogno di una prova da un teologo o di un suggerimento dalla chiesa. Avevo bisogno di un pezzo di una storia, qualcosa di reale e pieno di vita, e di sangue, e il respiro, e mal di cuore, qualcosa molto più di un’idea, qualcosa che qualcuno aveva vissuto, un pezzo di saggezza guadagnato nel modo più duro. Ecco perché raccontare le nostre storie è così importante.
Ci sono due miti a cui tendiamo a credere sulle nostre storie: il primo è che sono su di noi, e il secondo è che non contano, dato che si tratta di noi. Ma non sono solo su di noi, e sono importanti più che mai in questo momento. Quando noi, qualsiasi persona trasformata da Cristo, raccontiamo le nostre storie, stiamo raccontando la storia di chi è Dio. La predicazione è importante, certo. Ma non può essere l’unico modo in cui permettiamo che la storia di Dio possa essere raccontata in mezzo a noi.
Sono sempre meno interessato alle ruminazioni di uno studioso e sempre più sottomesso da storie con grinta e consistenza, e sangue, e budella e umanità. Sono sottomesso da storie di persone comuni la cui vita sembra molto più simile alla mia che alle storie delle superstar e di importanti uomini d’azione. Sono sottomesso da storie che sono brutte all’inizio, e che poi diventano stranamente belle. Storie da tutto il mondo, storie che ridono nei volti del genere, dei confini razziali e socio-economici.
Non sono interessato alle teste parlanti che conversano di guerra e di povertà da dietro una scrivania o da dietro un pulpito. Voglio qualcuno che mi guardi negli occhi e che mi dica che anche lui ha paura a volte, per la confusione che abbiamo diffuso nel mondo, e per la violenza intorno a noi e dentro di noi. E poi voglio che la persona mi inviti a mettermi in ginocchio accanto a lei, ad ascoltare il respiro reciproco ed espirare.
La storia più grande e bella di tutto il mondo, merita di meglio che essere raccontata dalle stesse voci più e più volte. La storia in realtà deve essere raccontata attraverso le nostre piccole storie, e condividendo la nostra vita, non solo le nostre prediche, stiamo raccontando la storia di Dio in modo così riverente e divino come è sempre stata raccontata.
Quando ho lavorato in una chiesa pochi anni fa, il mio compito era aiutare le persone a raccontare le loro storie presso i nostri incontri della domenica mattina. Ed è accaduta una cosa divertente. Quando eravamo al bar solo io, loro e la loro storia, essa è uscita a singhiozzi, nuda e cruda. Abbiamo pianto e riso, e ogni volta ero stupito di ciò che Dio aveva fatto nella vita di questa persona.
E quasi ogni Domenica, quando arrivavano, sembravano sempre meno loro stessi. Erano una lontana, lucida ed elaborata versione di se stessi e, ancora più sorprendente, era quando camminavano su quel palco, lo sembravano sempre meno. Smisero di credere che la loro storia era abbastanza e iniziarono a citare quei versi che tutti abbiamo sentito mille volte, trasformandoli da canti sacri in banalità e cliché.
Non potrei essere più in disaccordo. Resistiamo alla tentazione di nasconderci dietro la teologia nel modo in cui un cattivo professore si nasconde dietro teoremi e formule. Diluiamo la bellezza del racconto evangelico quando divorziamo dalle nostre vite, i nostri mondi, le parole e le immagini che Dio sta scrivendo in questo momento nelle nostre anime.
E smettiamola di recitare come se i professionisti religiosi fossero gli unici che hanno il diritto e la responsabilità di raccontare la storia di Dio. Se sei una persona di fede, è di vostra responsabilità raccontare la storia di Dio, in ogni modo possibile, ogni forma, ogni mezzo, ogni momento. Raccontate storie di amore, di redenzione e di perdono ogni volta che li sperimentate. Raccontate le storie di riconciliazione, di nuova vita, di sorpresa e ovunque li trovate.
La mia vita non è una storia che parla di me. E la tua vita non è una storia che parla di te. La mia vita è la storia di chi è Dio e ciò che Lui fa nel cuore umano. Non c’è nulla di piccolo o insignificante sulle nostre storie.
Vi è, infatti, niente di più grande. E quando diciamo la verità sulla nostra vita-le parti rotte, le parti segrete, le belle parti, allora il Vangelo prende vita. Una storia sulla redenzione, al posto dell’astrazione, della teoria e delle cose che si impara nella scuola della Domenica.
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Testo originale: Your story must be told