La Via Crucis di un ragazzo omosessuale: Gesù muore in croce
Riflessioni sulla Via Crucis inviateci da un ragazzo omosessuale
Dodicesima stazione: Gesù muore in croce
Era verso mezzogiorno quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito!». E, detto questo, spirò. (Luca 23:45-46)
E dunque mi ami così. Mi ami fino a questo punto. Fino a dire «Do la mia vita per te», e a darla sul serio. Tutte le volte in cui qualcuno mi vuol convincere che non merito; tutte le volte in cui qualcuno – e magari io stesso mi dico che sono sbagliato; tutte le volte che qualcuno mi dice «Prima devi cambiare»; tutte le volte in cui qualcuno mi fa credere che forse dovrei guarire; tutte le volte in cui qualcuno mi dice che così non va bene, che così tu non mi ami, che così tu non mi vuoi; tutte le volte in cui qualcuno si inventa ogni regola, ogni norma, ogni rito, ogni virgola, per tenermi lontano da te – tutte queste volte, la tua morte in croce è bestemmiata.
Tu, invece, stringimi a te, e ripetimi che mi ami così come sono. Stringimi a te, al tuo petto, fino a tenermi dentro a quella ferita che ti sei fatto aprire dopo morto.
Per essere proprio sicuri, ti colpirono al cuore con una lancia; e quella lancia – quella ferita che si apre – è l’ultimo dono per me. È perché io abbia un rifugio dall’odio di alcuni. È perché io abbia un nascondiglio dall’ignoranza del mondo. È perché io abbia sempre un posto – casa – dove lasciare il mio spazzolino e il mio pigiama, per venire a dormire – anche senza avvertire, anche senza bussare, quando la notte è brutto da soli.
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