L’accoglienza delle persone LGBTQ+ fatta da Papa Francesco, oggi è più necessaria che mai
Riflessioni di Maxwell Kuzma pubblicate su New Ways Ministry (Stati Uniti) il 9 ottobre 2025. Liberamente tradotto dai volontari del Progetto Gionata.
È passato un anno da quando ho incontrato Papa Francesco.
Da allora, il mondo e la chiesa cattolica sembrano cambiati in modi profondi e talvolta dolorosi. Eppure, se chiudo gli occhi, rivedo ancora quel momento nitido: la luce nei suoi occhi, la stretta di mano calda e sincera, il sorriso che non chiedeva spiegazioni.
Quando gli ho detto: «Soy un hombre transgénero» — “Sono un uomo transgender” — lui ha sorriso. Non con confusione, né con esitazione, ma con una gioia quieta, come se avesse riconosciuto in me qualcosa di familiare.
In quell’attimo ho sentito che non vedeva uno scandalo, ma un figlio.
Da quel giorno porto dentro di me quella accoglienza come un seme di chiesa cattolica possibile.
Con un solo gesto, Papa Francesco mi aveva donato ciò che tanti altri cattolici non erano riusciti a offrirmi: accettazione, benvenuto, amore.
Ripenso spesso a quell’incontro, soprattutto oggi, quando essere una persona trans negli Stati Uniti è diventato sempre più difficile. Le nuove leggi e politiche cancellano diritti fondamentali, limitano l’accesso alle cure sanitarie, distorcono le nostre vite in caricature, riducendoci a “teorie” o “ideologie”.
Ma noi non siamo concetti astratti: siamo persone. Persone con una storia, un corpo, una dignità. Persone che meritano di essere amate.
Quando ho incontrato Papa Francesco non ho dovuto spiegare nulla.
I suoi occhi dicevano ciò che le parole non potevano dire: «Sei il benvenuto qui».
Oggi, in questa nuova stagione della chiesa cattolica, mi chiedo cosa resterà di quel benvenuto.
La chiesa che mi ha accolto con la sua tenerezza continuerà a fare spazio a persone come me? O quello spirito svanirà ora che la guida è cambiata?
Il nuovo pontefice, Papa Leone XIV, il primo papa americano, ha espresso il desiderio di continuare l’eredità di Francesco, quella dell’ascolto e della vicinanza. Ha incontrato padre James Martin e ha ribadito che tutti sono benvenuti: «a tutti, tutti, tutti».
Quelle parole contano, e tanto. Ma, come ha chiesto suor Jeannine Gramick, “le azioni del Papa confermeranno le sue parole? Incontrerà davvero le persone LGBTQ+, mangerà e berrà con loro come faceva Francesco?” È la stessa domanda che porto nel cuore.
Finora Leone XIV ha mostrato calma e coraggio nell’affrontare le grandi questioni del nostro tempo. Come ha raccontato Christopher Lamb su CNN, ha già attirato critiche da parte dei cattolici più conservatori dopo aver chiesto se chi si oppone all’aborto ma accetta la pena di morte o il trattamento disumano dei migranti possa davvero definirsi “pro-life”.
In un tempo in cui “pro-vita” viene ridotto a un solo tema, Leone XIV ci ricorda che la dignità umana non può essere divisa secondo ideologie.
Difendere i migranti, i poveri, le persone incarcerate — e sì, anche le persone LGBTQ+ — non è separato dalla difesa della vita.
Lo stesso sguardo di accoglienza che ho trovato in Papa Francesco è ciò che richiede una vera etica della vita: vedere ogni persona come degna di cura e protezione.
Non mi aspetto cambiamenti immediati.
La chiesa cattolica si muove lentamente, spesso in modo doloroso per noi persone queer e trans, che restiamo in attesa o ci sentiamo dimenticate.
Eppure credo nei semi che Francesco ha piantato.
Li vedo germogliare nelle piccole comunità di cattolici queer e trans che continuano a vivere la fede apertamente, con tenerezza e ostinazione, anche in tempi bui.
Papa Francesco una volta disse: «Chi sono io per giudicare?»
Per tanti di noi, quelle cinque parole hanno spalancato una finestra di misericordia in una chiesa che troppe volte aveva chiuso le porte.
Difendere la vita, in fondo, non significa solo far rispettare delle regole, ma anche ascoltare, proteggere, amare.
E se più cattolici vivessero davvero partendo da quella domanda, forse la chiesa imparerebbe a vedere la vita non più come un campo di battaglia tra purezza e peccato, ma come una comunione sacra di dignità umana.
Qualunque cosa accada, porterò con me il ricordo di Papa Francesco, quel pastore che mi ha accolto non con sospetto ma con amore.
Il suo benvenuto mi ha insegnato come potrebbe essere davvero la chiesa cattolica.
La domanda ora — quella che custodisco come una preghiera — è se noi, popolo di Dio, sapremo continuare quel benvenuto nelle nostre comunità, civili ed ecclesiali.
L’accoglienza di Francesco resta la mia bussola: mi ricorda che lo Spirito continua a muoversi, che la fede può germogliare nei luoghi più inaspettati, e che la verità — anche la più piccola e silenziosa — può ancora trasformare la chiesa cattolica.
In ogni cattolico queer che osa ancora pregare, costruire comunità, sperare, io vedo riflessa la sua benedizione.
*Maxwell Kuzma è uno scrittore e attivista transgender cattolico che vive in una fattoria nell’Ohio (Stati Uniti).
Attraverso i suoi racconti e riflessioni su fede e identità queer, cerca di costruire ponti di dialogo all’interno della chiesa cattolica e di mostrare che ogni vita, nella sua diversità, è amata da Dio.
Testo originale: Pope Francis’ LGBTQ+ Welcome Is Needed Now More Than Ever

