L’amore è vero solo se è fecondo
Riflessioni di Piotr Zygulski per il Progetto Giovani Cristiani LGBT su un brano di “Amare nella libertà” di Timothy Radcliffe
L’amore è vero solo se è fecondo.
In che modo possiamo essere fecondi, considerando che se non è fecondo non è amore? Dobbiamo insomma trovare lo spazio della fecondità del nostro amore. Può essere fecondo non tanto se figlia biologicamente, quanto se ci libera dall’ipocrisia di voler amare genericamente e non concretamente.
La parola “fecondità” ci interpella e ci libera. Perché l’alternativa è quella dei lucchetti al nostro cuore e al nostro corpo, dei sensi di colpa, della sterilità nella quale ci chiudiamo quando pensiamo che il nostro amore non sarà mai abbastanza.
Non amiamo mai abbastanza, è vero. Ma questa considerazione possiamo orientarla verso un senso di colpa sterile oppure verso la feconda libertà che ci rilancia nell’amore. Che di fatto è la libertà di rifiutare che sia l’insoddisfazione per i nostri limiti di fronte a ideali elevatissimi a incatenarci, con astinenze forzate mascherate da castità, o con libertinaggi impalpabili mascherati da amore. Un amore non integrato, ma disintegrato, ci disintegra.
Libertà è invece rischiare la trasformazione integrale di ogni senso di colpa in coraggio, quando liberamente scegli di farti amare; quando scegli di imparare ad amare, anziché di dover insegnare tu agli altri come si ama.
Ami quando ti fai amare dalla misura totale, che però ha sempre le sembianze fragilissime di un corpo umano come me, come te, come noi, come quelle di Gesù in cui si incarna Dio.
Proprio rischiando di lasciarti amare puoi amare. Dio è quell’amore che tu accogli; Dio è quell’amore che ci dà, che ti dà, che si dà. Tu ami quando accogli; quando Lo accogli, Lo ami: ami e accogli la sua sconfinata misura.
Allora sì che puoi rischiare la vertigine di guardare con gli occhi di Dio la tua relazione e ogni relazione, che è pur sempre l’avvento di una persona che l’amore ci dona.