L’Amoris Laetitia è il primo test sulla sinodalità nella chiesa cattolica
Articolo di Brian Flanagan* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 19 ottobre 2021, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
In questo articolo, piuttosto che concentrarmi sul contenuto della Amoris laetitia, vorrei mettere in luce il processo attraverso cui è venuta alla luce. Spero che questa analisi potrà dare indicazioni sul potenziale e sulle difficoltà che potrà vivere il Sinodo che sta per iniziare e la sinodalità totale che papa Francesco sta cercando di promuovere, due cose che contengono grandi promesse per una Chiesa più inclusiva.
L’Amoris laetitia, pubblicata da papa Francesco a seguito del Sinodo sulla Famiglia, è stata probabilmente il documento più collegiale prodotto dalla Chiesa Cattolica universale dopo quelli emanati dal Concilio Vaticano II. Nelle precedenti assemblee del Sinodo dei Vescovi, non solo il tema in esame veniva sviscerato già prima dell’arrivo dei delegati in Vaticano, ma spesso le domande, le risposte e il documento finale erano già pronti prima che i delegati atterrassero all’aeroporto di Fiumicino.
Al contrario, l’Amoris laetitia è stato il prodotto di un processo sorprendentemente aperto (alcuni potrebbero dire pericolosamente aperto) di consultazioni, discussioni e discernimento condivisi tra i vescovi delegati.
Il Sinodo sulla Famiglia si è svolto in due distinte sessioni del Sinodo dei Vescovi nel 2014 e nel 2015, con consultazioni molto ampie dei fedeli tra i due incontri. È noto come papa Francesco abbia incoraggiato i vescovi a parlare con “parresia” e reciproca “franchezza”: “Parlate chiaro. Che nessuno affermi: ‘questo non si può dire’” ha raccomandato ai vescovi, dicendo loro anche di ascoltarsi l’un l’altro con umiltà, per “accettare con cuore aperto quel che dicono i vostri fratelli”.
Queste due virtù gemelle, franchezza ed umiltà, hanno portato a una ricognizione sorprendentemente ampia del matrimonio e della famiglia. I vescovi hanno espresso apertamente punti di vista diversi sulla dottrina della Chiesa riguardo il matrimonio e la sessualità, e su come insegnare e praticare la dottrina della Chiesa in contesti complessi e pieni di sfide.
La versione finale dell’Amoris laetitia include delle note a piè di pagina e dei paragrafi che, lungi dal nascondere le differenze di opinione e di enfasi, avvertono invece della complessità del processo e della continua necessità di ulteriore discernimento e dialogo.
Penso che ci siano quattro lezioni, nell’Amoris laetitia, che possono preparare i cattolici LGBTQ per l’imminente Sinodo universale.
Primo, dovremmo essere grati di avere un Pontefice che tenta davvero di fare spazio, nella Chiesa, al dialogo, su una varietà di temi. Papa Francesco vuole coinvolgere tutta la Chiesa nel discernimento collettivo del senso della fede, iniziando dalla concretezza delle nostre vite di cattolici, e di cattolici LGBTQ. Ci incoraggia a parlare con audacia e ascoltare con umiltà.
Le discussioni sulla sessualità e l’identità di genere, che in precedenza venivano considerate assolutamente fuori agenda, non sono solo permesse, ma incoraggiate. Ogni atto di sinodalità è un atto di fede nello Spirito Santo e nel suo guidare la Chiesa.
Papa Francesco sta spingendo la Chiesa universale a fidarsi sempre più dello Spirito, e ci chiede di confidare che nel nostro parlare e ascoltare si possa discernere la voce di Dio.
La seconda lezione è che dobbiamo avere bene in mente che la resistenza a questo modo di essere cattolici è, e continuerà ad essere, sincera e largamente condivisa. Il processo che ha portato all’Amoris laetitia è stato una sorta di assaggio di come sarà il futuro: le possibilità di discernimento collettivo e condiviso, ma anche il timore della sinodalità espresso da cattolici, pericolosamente attaccati all’idea di una Chiesa inamovibile, che non ha nulla da imparare.
Ovviamente, la stabilità della dottrina è una buona cosa, ma il rispetto per tale stabilità può facilmente diventare un’idolatria che ostacola il Vangelo. Come cattolici LGBTQ, che sperano che una maggiore libertà di confronto possa cambiare le menti e i cuori della gente circa la nostra identità e il nostro amore, dovremmo parlare con umiltà e con la consapevolezza che la strada davanti a noi non diventerà improvvisamente più semplice, anzi, potrà rendere sempre più acute i dissidi intraecclesiali riguardo la sessualità e il genere.
Terzo, l’Amoris laetitia ci insegna che i processi sinodali sono relativamente conservatori, specialmente se confrontati con l’evoluzione dei diritti LGBTQ in alcune parti del mondo. La sinodalità non cerca di far vincere una “parte” della Chiesa a discapito dell’altra, ma di portarla tutta intera ad un maggiore consenso.
Questo richiede tempo, ed una pazienza sovrumana. Per i cattolici LGBTQ, l’Amoris laetitia ha migliorato l’ambiente… leggermente. Il processo che ha permesso di ascoltare e conoscere parte della nostra esperienza è sia nelle bozze di dichiarazione che nel Sinodo stesso, ma il documento finale è rimasto fondamentalmente conservatore, c’e stato un piccolo passo invece di un grande balzo in avanti. Avere pazienza con i propri fratelli e sorelle in Cristo può essere frustrante, ma è anche un atto d’amore verso l’unità della Chiesa.
La lezione finale dell’Amoris laetitia è quanto sia cruciale, per l’intero processo, la questione di chi parla e di chi ascolta. Il Sinodo si è concentrato sui giovani e sull’opportunità che la campagna di Amazon sull’Amoris laetitia sia un invito al dialogo per un gruppo sempre più ampio di persone.
L’imminente processo sinodale cerca di fare lo stesso a livello locale, diocesano, regionale ed internazionale, ma, a meno che non ci sia un dialogo ed un ascolto profondo di tutti i battezzati (inclusi coloro che vivono ai margini, coloro i cui matrimoni non sono riconosciuti, o la cui identità di genere viene messa in discussione, quelli che sono rimasti e quelli che se ne sono andati), ogni occasione di questo genere rimarrà limitata ad un viaggio a Roma per firmare un documento già redatto prima di partire per l’aeroporto.
* Brian Flanagan è professore associato di teologia alla Marymount University di Arlington, in Virginia. La sua ricerca si concentra sull’ecclesiologia, la teologia liturgica ed il dialogo ecumenico e interreligioso. Il suo libro più recente si intitola Stumbling in Holiness: Sin and Sanctity in the Church (Inciampare nella santità. Il peccato e la santità nella Chiesa). Dal 1996 al1999, mentre studiava alla Catholic University, Brian ha lavorato per New Ways Ministry, e adesso fa parte del suo comitato consultivo.
Testo originale: Amoris Laetitia: A Beta Test for Synodality