Le chiese e gli omosessuali
Riflessione tratta da Cristian Demur – Denis Muller, L’omosessualità. Un dialogo teologico, Claudiana editrice, 1995, pp.16-18
L’omosessualità è un tema “scottante” per molte chiese protestanti e per la stessa chiesa cattolica, accomunate dalla difficoltà di affrontare questo tema, con serenità e pacatezza.
Si può ben dire che il tema dell’omosessualità sia un tema ecumenico quanto mai attuale. In questi ultimi anni numerose Chiese hanno preso posizione e, come per altre questioni, anche per l’omosessualità i fronti confessionali si rivelano fragili.
Non esiste una posizione protestante, così come non esiste una posizione cattolica, nonostante i pronunciamenti ufficiali del papa o della Congregazione per la dottrina della fede, All’interno delle chiese protestanti e cattoliche (diversa la situazione dell’ortodossia) vi sono pareri discordanti, e non può che essere così.
In campo cattolico — mi limito a segnalare la posizione “ufficiale”— va ricordato il primo testo magisteriale che si sia spresso sulla questione. Si tratta della Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali della Congregazione per la dottrina della fede (CDF), deI 1986.
In questo testo si riprende la distinzione già proposta nella dichiarazione Persona humana del 1975 fra «condizione e tendenza omosessuale e atti omosessuali» (n. 3). Si precisa che «la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev ‘essere considerata come oggettivamente disordinata» (n. 3).
La Lettera guarda con preoccupazione alla «nuova esegesi» delle Scritture da cui emergerebbe l’idea che la Bibbia non ha «niente da dire» sull’omosessualità o, addirittura, ne darebbe «una tacita approvazione» o ancora, «offrirebbe prescrizioni morali così culturalmente e storicamente condizionate che non potrebbero più essere applicate alla vita contemporanea» (n. 4).
Di conseguenza si ribadisce che «i testi sacri non sono realmente compresi quando vengono interpretati in un modo che contraddice la Tradizione vivente della Chiesa» (n. 5).
Si potrà notare, in questo punto, quanto siano vicine le posizioni del fondamentalismo biblico protestante e la posizione ufficiale del Magistero cattolico.
Conoscendo la diversità di posizioni presenti nelle chiese, la Lettera mette in guardia da «una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche» (n. 9).
Il pericolo è di dimensione internazionale e vi è, secondo la Lettera, un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi astori, nello sforzo di volto a cambiare le norme della legislazione civile» (n. 9).
Pur trattandosi di un testo che intende essere «pastorale», lo scritto della Congregazione per la dottrina della fede dimostra scarsa sensibilità pastorale, nel senso che l’unica indicazione concreta è la pratica della castità (n. 12).
L’argomento sarà ripreso dalla stessa Congregazione per la dottrina della fede nel 1992 in un testo indirizzato alla Conferenza dei vescovi cattolici degli U.S.A. per contrastare l’introduzione di nuove leggi non-discriminatorie nei confronti degli omosessuali.
È sorprendente notare come la Congregazione per la dottrina della fede consideri illegittimi i timori di discriminazione verso gli omosessuali. Si afferma: «La tendenza sessuale di un individuo non è in genere nota ad altri, a meno che egli identifichi pubblicamente se stesso come avente questa tendenza o almeno che qualche compotamento esterno lo manifesti. Di regola, la maggioranza delle persone a tendenza omosessuale che cercano di condurre una vita casta non rende pubblica la sua tendenza sessuale. Di conseguenza il problema della discriminazione in termini di impiego, alloggio, ecc, normalmente non si pone» (n. 14). Qui la preoccupazione «pastorale» si è veramente eclissata.
Il recente Catechismo della Chiesa cattolica, che tratta brevemente dell’omosessualità nel contesto del 6° comandamento («non commettere adulterio»), riconosce che «un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (2358).
Ma questo riconoscimento viene, ancora una volta, interpretato nell’ottica della morale cattolica, con l’invito alla castità: «Le persone omosessuali sono chiamate alla castità» (2359). Questa “soluzione” del problema omosessuale in una prospettiva cristiana è condivisa anche da numerosi ambienti protestanti nordamericani.
Se ci si sposta sul terreno protestante, ogni Chiesa ha cercato o cerca di assumere una propria posizione. Alcune Chiese hanno assunto, da tempo, una posizione ufficiale che ha riconosciuto la «condizione omosessuale» e si sono poste il problema dell’accettazione o no di ministri omosessuali (U.S.A., Olanda, ecc.)” […].