Le chiese evangeliche dicono si alla benedizione delle unioni gay
A cura del Gruppo Varco-Refo (Valorizzazione della Comunità Omosentimentale) tratto da gaynews.it dell’8 gennaio 2007
Nelle chiese evangeliche è in corso una complessa discussione sul tema delle unioni gay, con diverse prese di posizioni improntate spesso ad una generale apertura, ma non mancano contrastri e difficoltà. Molti sono stati gli aspetti emersi nell’ultimo convegno REFO (Rete Evangelica Fede e Omosessualità) avente come suo tema “Le chiese di fronte alle Benedizioni delle Unioni: un panorama europeo”.
Il tema delle unioni omosessuali è entrato da tempo nella discussione tra le chiese evangeliche, con prese di posizioni diverse ma, in generale, improntate ad una generale apertura… Molti sono stati gli aspetti emersi nell’ultimo convegno REFO (Rete Evangelica Fede e Omosessualità) avente come suo tema “Le chiese di fronte alle Benedizioni delle Unioni: un panorama europeo”. […]
Il quadro europeo mostra un panorama variegato. La Chiesa evangelica della Renania è stata la prima a discutere dell’argomento, avendo deciso nel 2000 in favore del culto di benedizione di coppie omosessuali purché non assomigli a un culto di matrimonio.
Anche nella Chiesa Evangelica dell’Austria è prassi consolidata il culto di benedizione di due partners omo, così come in varie chiese evangeliche riformate della Svizzera, come quelle dei cantoni di Basilea, Zurigo e San Gallo.
Il FEREDE, invece, il maggiore organismo delle chiese evangeliche spagnole, grazie alla legge 13/2005 del Codice Civile spagnolo, minaccia di ritirare la licenza di pastore a chi sposerà omosessuali, espellendo al tempo stesso la comunità “responsabile” del gesto.
Sembra paradossale, quindi, che la Chiesa spagnola continui a marcare il passo e la distanza rispetto alla società civile, ormai chiaramente orientata alla piena accettazione della componente omosessuale.
Durante il convegno si è poi discusso dei vari tipi di benedizione che si potrebbero adottare nelle chiese italiane BMV (Battiste, Metodiste e Valdesi) durante il rito dell’unione tra due partners omo, da quelle del Cantico dei Cantici alle formule della Bibbia usate al momento in cui si benediceva il viaggio di qualcuno.
Purtroppo, le chiese protestanti mostrano una vera e propria forma di pudicizia nei confronti del rito d’unione, non per questioni omofobe, ma per motivi caratteriali e storici. Poche, infatti, sono le richieste di benedizione da parte delle stesse coppie etero.
L’idea di un protestante, di solito, è infatti che l’amore, insieme ad altre questioni intime, vada gestito nella propria sfera privata. Certo è che tale pudicizia si deve a una teologia del peccato di lunga data che rende ostile qualunque argomento basato sul corpo e sul piacere.
Sarebbe dunque necessario sostituire ad essa una teologia della creazione, imperniata sul rispetto del creato nelle sue molteplici forme, non ultimo l’aspetto sessuale.
L’intervento di Letizia Tomassone ha richiamato l’attenzione sul rischio d’avarizia corso da alcune chiese protestanti italiane, qualora si pretenda di insegnare cos’è l’affetto invece di sostenerlo nel suo percorso, nella falsa convinzione che ciò che avviene dentro le chiese superi in maturità quanto possa arrivare dal suo esterno.
La chiesa sbaglia, quando pensa di parlare alle coppie invece di ascoltarle. L’amore è un dono prezioso che non va contenuto, ma celebrato e condiviso.
Carlos Osma ha da parte sua sottolineato come il processo di liberazione degli omosessuali passi inevitabilmente attraverso il processo di liberazione delle donne. Un pensiero femminile maturo, ricco e plurimo, basato sul rispetto dell’altro, sulla esaltazione della diversità costituisce un valido strumento attraverso cui veicolare il messaggio di rispetto e di attenzione per gli omosessuali.
Non si è sottolineato mai abbastanza in questi giorni la necessità di un vero e proprio coming out da parte delle nostre chiese sul tema dell’omosessualità, le quali sembrano replicare in grande le dinamiche in piccolo del singolo omosessuale.
Si teme così di causare una spaccatura con le giovani chiese africane, che aderiscono sempre più numerose al circuito protestante. Si ha timore di attirare la famelica attenzione dei mezzi di comunicazione, provocando il “ caso televisivo”. Si crede di non aver parlato abbastanza della questione con i membri delle nostre chiese.
Alle chiese possiamo dire che queste paure sono state anche le nostre, quando al ”salir del armario” ( espressione della lingua spagnola traducibile con “uscire dall’armadio” e che sta per coming out) temevamo di ferire i nostri cari, di richiamare le critiche dei vicini, di non aver parlato abbastanza con i nostri amici in modo da prepararli alla notizia.
E’ un processo psicologico che richiede pazienza e conoscenza della propria comunità, ma va affrontato con decisione.