Le “conversazioni notturne” del cardinal Martini
Recensione di D. P. tratta da Acqua di fonte n.49 del Dicembre 2008
C’è chi pensa che le recensioni si scrivono per far vendere un libro. Può essere. Ma non è questo il caso. Un libro del cardinal Martini non ha bisogno di alcun supporto pubblicitario. E in effetti la sua ultima opera (Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede, Mondadori, 2008)a una settimana dall’uscita è già alla seconda edizione! Personalmente amo intendere la “recensione” come l’occasione per riflettere su problemi o temi oggetto del volume in questione e suggerire, eventualmente, l’utilità che ne può derivare.
Me lo sono chiesto ancora una volta leggendo con avidità queste sue “Conversazioni notturne a Gerusalemme sul rischio della fede”, un libro in cui risponde alle domande che gli rivolge un confratello gesuita austriaco, p. Georg Sporschill, che da anni assiste minori di strada e bambini abbandonati in Romania e Moldavia.
Un esempio: “Non so che farmene della fede. Non ho nulla in contrario, ma cosa dovrebbe darmi la Chiesa? Qualcosa di superiore esiste senz’altro. Amo la natura, mi piacciono gli animali. Per me gli amici sono la cosa più importante. Sto bene, che altro mi serve?” (David), oppure: “Il papa ha attaccato i musulmani, poi ha criticato i protestanti, e adesso torna la messa in latino. Per me si mette male (René).
Chiarezza e immediatezza, tanto nelle domande quanto nelle risposte. Chiarezza che comprende nel cardinale la confessione onesta delle difficoltà che rimangono, delle crepe che sussistono, della fatica che bisogna fare.
I temi affrontati nel volume sono molti: non è possibile anche solo farvi un accenno. Sono gli interrogativi che oggi molti si pongono, dentro e fuori la Chiesa. Per questo il libro aiuterà molti a “respirare”. Ciò che rende accattivante la scrittura del cardinale è la maniera con cui si mette personalmente in gioco in modo disarmante, lontanissimo da quel linguaggio “ecclesiastico” formale e distaccato che riesce a rendere fredda e burocratica persino l’omelia di un funerale!
Data la circostanza da cui è nato, nel volume si parla moltissimo di giovani, ma anche su questo devo dire che il linguaggio è alieno da certa retorica giovanilista fatta di proclamazioni astratte che lasciano il tempo che trovano.
I giovani, per Martini, devono esere ascoltati, presi sul serio, responsabilizzati, chiamati al coraggio (quante volte ritorna questa parola!) di rischiare scelte impegnative sempre più difficili nella nostra società del benessere che addormenta e rende pigri. La “cordialità” con cui molte situazioni e problemi sono affrontati non va disgiunta dalla radicalità della proposta che non deve mancare.