Le diocesi francesi creano dei gruppi per cristiani GLBT
Articolo di Claire Lesegretain tratto dal sito del quotidiano La Croix (Francia), del 13 dicembre 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Nella diocesi di Grenoble a partire da settembre (2013) si è formato un piccolo gruppo di discussione tra persone omosessuali, genitori e responsabili ecclesiastici, nel quadro della pastorale per le famiglie. “Solo tre o quattro anni fa, un gruppo simile sarebbe stato impensabile!”.
Questa constatazione rallegra i circa quindici membri del gruppo recentemente creato in collaborazione con la pastorale per le famiglie e Isèreanybody, la pastorale dei giovani della diocesi di Grenoble-Vienne, con il sostegno della sezione lionese dell’associazione Devenir un en Christ (Duec).
Questo gruppo, battezzato Duec 38, dalla fine di settembre si è già riunito tre volte e ogni volta c’è qualche partecipante in più, cosa che conferma l’intuizione di numerosi responsabili diocesani che “c’è veramente un’urgenza pastorale” in questo campo.
A partire dallo scorso febbraio [2013], in pieno dibattito sul “matrimonio per tutti”, un sacerdote ha informato il vescovo, monsignor Guy de Kerimel, sulle “sofferenze” dei giovani di orientamento omosessuale, feriti da ciò che odono dire nelle parrocchie.
Assieme ad altri, ha partecipato al lancio del gruppo di discussione. “Abbiamo annunciato il primo incontro nella prima pagina del sito diocesano” spiega Marie-Jo Verlucco, madre di famiglia e responsabile della pastorale per le famiglie a Grenoble, che aveva già messo in linea tre “Lettere informative per le famiglie” sull’omosessualità, la teoria di genere e il matrimonio omosessuale.
Primo obiettivo di questi gruppi è dare una mano perché “l’omosessualità non sia così tabù nella Chiesa”. Per esempio, una delle tre coppie di genitori impegnati in parrocchia che partecipano a questi incontri “non avevano mai osato parlare in chiesa del figlio omosessuale”.
Inoltre, i cristiani che scoprono la loro omosessualità, l’omosessualità di un figlio o del coniuge, generalmente si sentono del tutto abbandonati dall’istituzione ecclesiale. “Con chi parlarne?” è la domanda che si è posta dolorosamente Anne-Marie, 56 anni, quando qualche anno fa ha vissuto “una vera passione per una donna”.
Anne-Marie era catechista volontaria da tredici anni e seguita da un padre spirituale. “Per tre anni ho continuato la mia missione nella Chiesa senza che nessuno si rendesse conto di nulla” prosegue questa madre di tre figli, attualmente alle soglie del divorzio ”dopo 23 difficili anni di matrimonio” e impegnata da qualche mese nella Communion Béthanie [associazione cristiana ecumenica LGBT n.d.t.].
“Sono convinto che la vita di molti omosessuali sarebbe meno scissa se ascoltassero delle omelie in cui si parla di loro in maniera positiva” dice Frédéric, cattolico praticante da 33 anni, che dopo aver vissuto due anni in coppia con un uomo durante il periodo degli studi, ora accetta il suo celibato “pregando il Signore di donargli un compagno”.
Un altro obiettivo di questi gruppi diocesani è contribuire alla sensibilizzazione e alla formazione del clero poiché, secondo Marie-Jo Verlucco, “le reazioni di rifiuto e di paura di fronte a questo orientamento psicoaffettivo derivano molto spesso da una grande ignoranza”.
In questo senso Jacques e Martine, i genitori di Frédéric, si augurano “che la Chiesa aiuti a spiegare cos’è l’omosessualità e che la distingua chiaramente dalla pedofilia”.
“Il Magistero dovrebbe evolversi nella sua formulazione, in particolare sopprimendo l’espressione, molto mal compresa, di ‘intrinsecamente disordinato’” aggiunge Marie-Christine, che nel 2000 è venuta a sapere dell’omosessualità del figlio allora ventiduenne e che oggi rappresenta le famiglie con figli omosessuali all’interno della pastorale per le famiglie di Grenoble.
Secondo lei “la Chiesa dovrebbe dire che l’episodio di Sodoma non riguarda l’omosessualità e ricordare che i testi biblici hanno 2.000 anni”.
Questi gruppi, nel dipartimento dell’Isère e altrove, auspicano soprattutto che la Chiesa “moltiplichi le occasioni di frequentarsi, senza pregiudizi”, secondo la formula di Anne-Marie. Frédéric si spinge più in là: a lui, padrino di molti figli di amici, piacerebbe che i cattolici omosessuali vengano integrati nei servizi diocesani di pastorale per le famiglie. “Abbiamo delle cose da condividere anche sull’amore e la fedeltà” insiste Frédéric.
E perché non prevedere, come sogna Anne-Marie, dei corsi prematrimoniali che accolgano i divorziati e chi vive un rapporto omosessuale? “Questo permetterebbe una riflessione più profonda” dice ancora Anne-Marie, deplorando che la Chiesa rimanga troppo spesso ferma a “un’immagine di coppie e famiglie privilegiate, per le quali tutto va a gonfie vele”.
Ma è proprio la sua esperienza d’amore con una donna che le ha permesso di conoscere meglio l’amore di Cristo: “Prima lo annunciavo agli altri, ma senza crederci veramente per quanto mi riguardava!”.
Il giovanissimo gruppo di Grenoble non si è ancora confrontato con delle richieste sacramentali da parte di persone omosessuali, come quelle evocate dal questionario in vista del Sinodo delle famiglie del 2014, ma Marie-Jo Verlucco partecipa al gruppo di riflessione sull’omosessualità organizzato nel maggio scorso dai vescovi della provincia ecclesiastica di Lione “per fare una lista delle domande pastorali poste e inventare un linguaggio il più appropriato possibile per fornire dei punti di riferimento di fronte a situazioni in cui si esprimono spesso delle profonde sofferenze” riassume padre Frédéric Pelletier, vicario generale della diocesi di Belley-Ars, incaricato della pastorale famigliare nella sua diocesi e animatore del gruppo interdiocesano.
Durante la prima riunione di lavoro il 26 novembre i delegati della pastorale per le famiglie hanno tutti fatto la medesima constatazione: “Siccome la Chiesa dice loro di vivere nell’astinenza, ma per molti omosessuali questo non è possibile, allora costoro lasciano la Chiesa!” come dice padre Pelletier.
Testo originale: Dans le diocèse de Grenoble, faire tomber les préjugés sur l’homosexualité