Le nuove tecnologie una grande sfida alla nostra storia
Articolo di Yuval Noah Harari* pubblicato sull’edizione in lingua francese del magazine online Slate (Stati Uniti) il 12 luglio 2019, quarta e ultima parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
È ovvio che la tecnologia non è in sé cattiva. Diciassette anni fa ho incontrato mio marito grazie a uno dei primissimi siti di incontri gay, e provo una profonda riconoscenza verso gli ingegneri e gli imprenditori che hanno sviluppato quel sito. Vivendo in una piccola città conservatrice in Israele, l’Internet era l’unico mezzo con cui potevo incontrare altri uomini. Le persone LGBT+ sono particolarmente vulnerabili alla sorveglianza online, proprio perché hanno approfittato pienamente delle nuove opportunità che l’Internet ha loro offerto; di conseguenza, il mio messaggio non è che dovremmo tutti disconnetterci e fermare ogni progresso tecnologico, ma che queste tecnologie hanno una rilevanza politica senza precedenti.
Nel XX secolo gli esseri umani hanno utilizzato le medesime tecnologie per costruire regimi politici molto diversi fra loro: alcuni Paesi hanno utilizzato la radio, l’elettricità e i treni per creare delle dittature totalitarie, mentre altri si sono serviti di quelle stesse invenzioni per dare alla luce le democrazie liberali. Nel XXI secolo noi possiamo utilizzare l’informatica e le biotecnologie per costruire sia il paradiso che l’inferno, a seconda dei nostri ideali politici.
Nulla è ancora stabilito, e per quanto sinistro possa apparire il futuro ad alcuni di noi, bisogna sapere che nel 1969 esso sembrava ancora più inquietante. La maggior parte degli scenari distopici che terrorizzavano la gente nel 1969 non si sono realizzati, perché sono stati in tanti a lottare perché non diventassero realtà. Se volete evitare gli scenari distopici del XXI secolo, potete agire in molti modi, ma la cosa più importante è unirsi a un gruppo. La cooperazione dona potere gli esseri umani, è l’essenza dei moti di Stonewall, quel momento in cui un grande numero di sofferenze individuali si è coagulato in un movimento collettivo. Prima di Stonewall le persone LGBT+ portavano avanti lotte isolate per sopravvivere contro un sistema terribilmente ingiusto; dopo Stonewall, un numero sufficiente di persone si è unito per poter cambiare il sistema.
La lezione di Stonewall è valida oggi come nel 1969 e riguarda tutti gli esseri umani, non solo chi si considera LGBT+. Cinquanta persone che lavorano assieme in quanto membri di un gruppo organizzato possono ottenere di più di quanto non possano cinquecento individui. Le nuove tecnologie rappresentano la più grande sfida della nostra storia, e se vogliamo raccoglierla in maniera efficace, dobbiamo unirci. Non posso dirvi con quale organizzazione dovreste lavorare, quelle buone non mancano, ma vi prego di farlo, e in fretta. Fatelo adesso, questa settimana. Non restate a casa a lamentarvi, è tempo di agire.
* Yuval Noah Harari, nato nel 1976, si è laureato in storia all’Università di Oxford. I suoi tre saggi (Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità, Homo Deus. Breve storia del futuro e 21 lezioni per il XXI secolo, editi da Bompiani) sono dei fenomeni internazionali, tradotti in quasi cinquanta lingue e presenti in molte classifiche di bestseller in tutto il mondo.
Testo originale: Cinquante ans après Stonewall, la mise en garde de Yuval Noah Harari sur les droits des LGBT+