Le risposte dei gay cristiani di Ruah al questionario sulla famiglia
Le risposte del gruppo Progetto Ruah, cristiani omosessuali di Trieste, al questionario del Sinodo sulla Famiglia 2014
“Progetto Ruah” è un gruppo nato tre anni fa dall’incontro tra persone omosessuali provenienti da diverse zone del Friuli Venezia Giulia e del Veneto Orientale, appartenenti a diverse chiese di diverse confessioni cristiane, che hanno deciso di condividere un cammino di ricerca e crescita umana e spirituale.
Abbiamo accolto con grande gioia e interesse la proposta di ascoltare il Popolo di Dio in preparazione del Sinodo straordinario sulla famiglia del 2014, nel quale la Chiesa Cattolica discuterà tematiche importanti, rilevanti e di grande attualità.
Inviamo una risposta soltanto ad alcune delle domande proposte, relativamente a temi per noi importanti e sui quali possiamo riflettere a partire dalle nostre personali esperienze che, nei nostri incontri, cerchiamo di illuminare e discernere alla luce della Parola e dell’insegnamento delle Chiese.
Abbiamo letto anche i contributi inviati dai gruppi di cristiani omosessuali “Kairos” di Firenze e “Nuova Proposta” di Roma verificando una sintonia di letture e riflessioni in quanto da loro scritto. Rimandiamo pertanto anche ai loro contributi nei quali ci ritroviamo pienamente.
Nella consapevolezza della nostra umiltà, presentiamo le nostre riflessioni con lo sforzo costante di riferirci alle nostre esperienze di vita e alle situazioni oggettive che conosciamo, sapendo bene che è certamente necessario approfondire e studiare tematiche così importanti e complesse ma contemporaneamente consapevoli del valore della vita concreta e dell’esperienza che abbiamo maturato nel faticoso cammino di ricerca di coerenza con la nostra Fede e di accoglienza dell’uomo con le sue contraddizioni.
Con questa umiltà proponiamo le nostre riflessioni alla Chiesa, chiedendole che come maestra ci aiuti ad approfondirle nel dialogo e nel confronto, e mettendoci a disposizione per condividere i talenti che ci sono stati donati e ci sforziamo quotidianamente di mettere a frutto.
1 – Sulla diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa riguardante la famiglia
a) Qual è la reale conoscenza degli insegnamenti della Bibbia, della “Gaudium et Spes”, della “Familiaris Consortio” e di altri documenti del Magistero post-concilare sul valore della famiglia secondo la Chiesa Cattolica? Come i nostri fedeli vengono formati alla vita familiare secondo l’insegnamento della Chiesa?
b) Dove l’insegnamento della Chiesa è conosciuto, è integralmente accettato? Si verificano difficoltà nel metterlo in pratica? Quali?
A nostro avviso l’ambito della famiglia è oggi uno di quelli nei quali i fedeli vivono la maggiore dissociazione tra l’insegnamento del magistero e le scelte poi compiute nella vita reale. Purtroppo, degli insegnamenti della Chiesa in questo campo, molte volte sono conosciute soltanto alcune norme e divieti mentre restano per lo più conosciute solo dagli “addetti ai lavori” le motivazioni bibliche e il loro reale significato spirituale.
Nelle Chiese particolari spesso i sacerdoti esprimono posizioni di buon senso anche quando questo può essere in parziale o apparente disaccordo con il magistero, dando priorità alla ricerca e testimonianza di pratiche coerenti con i principi evangelici. Questo avviene per esempio sulle tematiche della contraccezione, dell’accoglienza delle coppie omosessuali, dei divorziati e risposati.
Ci sembra pertanto urgente e di grande valore la scelta di riaprire un confronto e un cammino di discernimento per colmare l’attuale divario tra vita concreta del popolo di Dio e magistero, perché quest’ultimo possa essere anche oggi un utile strumento di speranza e di orientamento per aiutare le persone e le chiese a camminare sui passi del Maestro di Nazareth.
2 – Sul matrimonio secondo la legge naturale
a) Quale posto occupa il concetto di legge naturale nella cultura civile, sia a livello istituzionale, educativo e accademico, sia a livello popolare? Quali visioni dell’antropologia sono sottese a questo dibattito sul fondamento naturale della famiglia?
b) Il concetto di legge naturale in relazione all’unione tra l’uomo e la donna è comunemente accettato in quanto tale da parte dei battezzati in generale?
Sempre più persone anche praticanti e credenti, non si riconoscono nella visione di “famiglia naturale” intesa esclusivamente come unione tra un uomo e una donna. Noi crediamo che senza nulla togliere al valore e alla centralità di tale modello, sia giunto il tempo di valorizzare anche gli altri modelli di famiglia che si stanno formando e diffondendo, come plurale declinazione del comandamento di Amore del Vangelo.
È ormai esperienza comune che molti bambini crescano in contesti differenti dalla famiglia tradizionale.
Eppure vivono con naturalezza quella loro particolare esperienza di famiglia, come possono confermare innumerevoli insegnati ed educatori che li accompagnano. L’idea di “non naturalezza” di una determinata famiglia viene invece trasmessa dal contesto sociale ed è spesso proprio questa pressione esterna ad essere causa di vergogna e stigma che possono essere fonte di gravi difficoltà per lo sviluppo della persona: oggi è fondamentale superare l’eccessiva semplificazione con cui questi temi vengono affrontati, con il coraggio di rivedere modelli e orientamenti tradizionali.
Crediamo che al centro della riflessione sulla famiglia debba essere il tema della qualità dei rapporti: famiglia è la piccola chiesa dove nella quotidianità diventiamo capaci di vivere il Vangelo, dove nella molteplicità di situazioni che la vita produce, gli adulti riescono a vivere relazioni accoglienti, rispettose dell’alterità e dell’originalità di ognuno, capaci di sostenere e accompagnare i suoi membri nella loro avventura umana.
È l’amore che, naturalmente, qualifica un’unione come cellula costituente della società, che la rende capace di accogliere e accompagnare la vita e la rende culla di ogni fecondità che lo Spirito rende possibile.
Amore inteso certo non tanto come romantico sentimento, ma come impegno concreto e responsabile di rispetto di ogni vita, di rinuncia all’odio e alla violenza, di costante ricerca del bene comune. Gesù, quando gli dicono che i “suoi” lo cercano, risponde: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? … Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” e la volontà di Dio si esprime nel comandamento dell’Amore.
Pensiamo che la Chiesa Cattolica possa oggi accogliere le istanze di riconoscimento delle unioni omosessuali (omoaffettive) e considerarle una piccola parte del grande cambiamento che investe e ha sempre investito la storia dell’uomo. Si tratta di un cambiamento nella storia della famiglia, di riconoscimento ed accoglienza di relazioni che sono anch’esse basate sull’amore, sul rispetto e sul supporto reciproco e non di un attacco alla famiglia.
3 – La pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione
Ci preme, nell’ambito delle diverse domande di questa area, proporre alcune riflessioni specifiche sulla situazione delle persone omosessuali. Confermiamo, come già argomentato approfonditamente nelle risposte dei gruppi di Cristiani Omosessuali sopra citati, che è pressoché inesistente una pastorale per le persone omosessuali anche nelle nostre diocesi, fatta eccezione per esperienze di accoglienza da parte di singoli pastori. Di conseguenza manca una adeguata riflessione pastorale anche in merito ad alcune questioni a questo connesse, che riguardano la pastorale della famiglia in genere. Ci riferiamo in particolare:
1. Alla tematica dell’accoglienza delle persone omosessuali in famiglia, chiamata, come la Chiesa stessa, ad essere capace di rispettosa accoglienza e non discriminazione.
2. Alle sfide educative che il riconoscimento della naturalezza dell’orientamento omosessuale come inclinazione “profondamente radicata e non modificabile” (vedi catechismo della Chiesa Cattolica) pone in ogni ambito educativo, in relazione all’educazione all’affettività di tutte le persone di ogni orientamento (come pensare oggi percorsi educativi davvero liberanti, capaci cioè di far crescere nella capacità di vivere relazioni sane e mature?)
3. Alla tematica dell’accompagnamento delle coppie omosessuali chiamate esse stesse a vivere il Vangelo e desiderose di essere parte della Chiesa portando il loro specifico contributo alla costruzione del Regno.
4. Alla problematica delle persone omosessuali sposate che, anche a causa del clima culturale stigmatizzante e svalorizzante, possono essere spinte a costruire una famiglia “tradizionale” e a sposarsi, accogliendo spesso anche dei figli, e alle sofferenze che a volte si creano quando queste relazioni si rompono. Come evitare tali percorsi? Come stare vicino a chi li vive?
In generale, sogniamo e crediamo che sarebbe da perseguire una pastorale familiare che, senza creare “recinti” per persone “diverse”, possa essere rivolta a tutte le persone in un comune cammino, in cui grazie al confronto costante e al rispettoso dialogo, tutti possiamo crescere in una maggiore comprensione di noi stessi e degli altri, imparando a costruire un nuovo modello di famiglia che, fondato sulle solide basi del vangelo, sappia dare risposte credibili agli uomini e alle donne di oggi.
Anche nella pastorale delle coppie in formazione, ma pure di quelle in crisi, sarebbe importante non separare, proponendo un messaggio aperto e rispettoso dei diversi orientamenti sessuali e aiutando il popolo di Dio a camminare nella pluralità e ricchezza dei diversi cammini.
Per le persone omosessuali, il non riconoscimento della legittimità e bontà del loro desiderio di una vita di coppia e l’imposizione di una castità e di una solitudine forzate, unita alla conseguente mancanza proposta di modelli e progetti di vita positivi in comunione con il resto della società e della chiesa, sono spesso causa di profonde difficoltà che ostacolano il raggiungimento della maturità umana ed affettiva oltre a portare, in alcuni casi, a veri e propri stati di depressione della persona.
Queste difficoltà e sofferenze sono più spesso la causa che l’effetto del “disordine relazionale” contestato alle persone omosessuali.
L‘atteggiamento di chiusura e rifiuto di alcuni genitori nei confronti dei figli omosessuali è spesso ricondotto e sostenuto da motivazioni di Fede. Oltre a creare una frattura tra genitori e figli, che inevitabilmente si ripercuote sulla serenità e sulla sicurezza di vita del giovane o della giovane coinvolta, questo rifiuto è spesso causa di una vera cesura tra persona e Dio con gravi conseguenze spirituali e psichiche. Molte persone si avvicinano ai nostri gruppi dopo anni di allontanamento dalla Chiesa e dalla fede.
Purtroppo, come esistono persone operanti nella Chiesa capaci di accoglienza e rispetto, ci sono tuttavia molti religiosi, sacerdoti, e laici che continuano a promuovere comportamenti discriminanti e di censura. Vengono tutt’ora proposte terapie riparative che sono rifiutate dalla comunità scientifica e prive di serie dimostrazioni di efficacia. Tali terapie hanno spesso l’effetto di danneggiare la personalità e l’integrità psichica della persona, così come emerge dal racconto di diverse persone che si sono sottoposte a tali dolorosi percorsi.
5 – Sulle unioni di persone della stesso sesso
a) Esiste nel vostro paese una legge civile di riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso equiparate in qualche modo al matrimonio?
Come noto in Italia non esiste oggi nessun riconoscimento delle unioni civili al di fuori del matrimonio, certamente anche a seguito di una forte pressione della CEI e di altre realtà conservatrici nella o vicine alla Chiesa Cattolica.
Questo nonostante sia evidente a tutti che gli esponenti politici che si fanno paladini della difesa della “valori della famiglia” e ostacolano l’approvazione di leggi che riconoscano i diritti delle coppie di fatto e delle persone conviventi unite da vincoli di affetto, siano spesso essi stessi pubblicamente e gravemente incoerenti con le norme morali sancite dal Magistero.
b) Quale è l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo Stato civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione?
In occasione di timide aperture come la proposta di registri delle unioni civili (ad esempio attuata dalla provincia di Gorizia), frequentemente i vescovi hanno preso apertamente posizioni ostili e di condanna, con retoriche affermazioni sulla difesa della famiglia tradizionale che a nostro avviso poco hanno aiutato a fare chiarezza, limitandosi non poche volte a rafforzare posizioni ideologiche poco argomentate e poco credibili e ad aumentare la sofferenza delle persone coinvolte.
Di fronte a queste manifestazioni ci siamo sentiti a disagio e ci dispiace vedere i nostri pastori in difficoltà nel riuscire a tradurre il messaggio del vangelo in linguaggi e proposte di cui oggi il mondo ha più bisogno che mai.
In realtà il discorso non è molto diverso anche a livello nazionale, di fronte ai progetti di legge per il riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto e delle persone conviventi. Pensiamo invece che tali progetti dovrebbero essere valutati in positivo perché valorizzano la scelta consapevole di persone che vogliono costruire un progetto di vita in coppia, in controtendenza rispetto alle spinte individualistiche e disgreganti del tessuto sociale oggi molto diffuse.
Un atteggiamento positivo e accogliente nei confronti delle richieste di riconoscimento delle differenti forme di unione, metterebbe la Chiesa nella provvidenziale posizione di autorevole punto di riferimento, dal quale proporre ed annunciare, non imporre, la buona notizia di cui è custode.
c) Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni?
A nostro avviso, come già detto più sopra, sarebbe importante non costruire una pastorale del tutto separata e specifica per le persone che scelgono di vivere questo tipo di unioni. Pensiamo che le coppie che costruiscono diversi tipi progetti di vita, adeguati alla loro propria condizione e ai diversi contesti normativi in cui si trovano a vivere, possano condividere un cammino comune finalizzato a diffondere e concretizzare gli stessi, comuni, valori evangelici. Sarà così possibile un positivo scambio e aiuto reciproco che, grazie al confronto delle diverse sensibilità ed esperienze, porterà una maggior capacità della chiesa di comprendere e stare vicino al cammino di ognuno.
Constatiamo infatti che i problemi e le sfide che ogni famiglia e ogni unione si trovano ad affrontare, siano gli stessi: come divenire capaci di vivere in fedeltà e coerenza le relazioni affettive e il rapporto con il partner in particolare? Come proseguire e nutrire la propria crescita spirituale senza che le spine e gli affanni dell’oggi la soffochino? Come trasmettere la fede e come educare oggi?
La non presenza di figli nelle coppie omosessuali (cosa tra l’altro non generalizzabile in quanto non sono poche le coppie dello stesso sesso che vedono presenti dei figli nei loro nuclei) non andrebbe vista come condizione di preclusione e di inutilità dei sentimenti che legano la coppia, ma semmai come una delle tante fatiche della vita, che tutti noi siamo chiamati ad affrontare con fede e amore. Esiste altresì una fecondità in senso lato che anche le coppie senza figli sono chiamati a vivere, declinandola secondo la propria vocazione personale e di coppia.
Il mancato riconoscimento e più in generale la sfiducia da parte della Chiesa nei confronti dell’amore tra due persone dello stesso sesso può determinare una sfiducia interiore che a sua volta si può trasformare in sfiducia verso la vita, solitudine, abbandono.
d) Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?
In Italia non è possibile l’adozione da parte di coppie di persone dello stesso sesso. È un fatto però sempre meno raro che coppie omosessuali vivano l’esperienza della genitorialità, sia in relazione a figli avuti in precedenti relazioni eterosessuali o matrimonio, sia per la scelta di avere figli all’estero attraverso pratiche altrove ammesse.
Crediamo che, anche in questi casi, accoglienza e rispetto, senza per questo cadere nel rischio di relativismo etico, debbano essere alla base di un pastorale aperta alla vita in tutte le sue forme.
Il rifiuto dei sacramenti o il crescere vedendo che i genitori sono esclusi o non rispettati, potrebbe essere un “vaccino contro la fede” per i figli.
Siamo convinti che le coppie omosessuali possano educare come le altre. Al di là di ogni posizione preconcetta, esistono innumerevoli ricerche scientifiche che constatano che crescere in una coppia non tradizionale non sia affatto un fattore di “rischio” per la crescita di un figlio, per il suo sviluppo affettivo e persino per la costruzione della sua identità sessuale.
Sono piuttosto altri i fattori che dovrebbero essere oggetto della nostra attenzione e preoccupazione: la povertà culturale, l’isolamento relazionale, la mancanza di tempo e di strumenti e capacità educative, la violenza in famiglia.
Come una coppia omosessuale può efficacemente crescere figli sani, allo stesso modo potrà annunciare e trasmettere la fede. Per questo anche in merito all’attenzione pastorale alle coppie omogenitoriali, crediamo che la scelta migliore sia di non pensare percorsi specifici ma favorire la piena integrazione di tali coppie e dei loro figli nei normali percorsi, dove potranno trovare il supporto e lo stimolo necessario per dare ai propri figli ciò di cui hanno bisogno.