Leggi omofobe, il punto della situazione nei Paesi islamici
Articolo tratto dal sito Slate (Francia) del 7 febbraio 2012, liberamente tradotto da Domenico
Sui 7 paesi che condannano sempre gli omosessuali alla pena capitale (Mauritania, Nigeria, Sudan, Somalia, Arabia Saudita, Iran e Yemen), tutti sono musulmani. E quando i gay non sono condannati, la persecuzione è endemica. The Economist ritorna sul dibattito circa l’omosessualità nelle società islamiche.
Il giornalista racconta che, soprattutto in Iran, gli omosessuali maschi sono , in genere, perseguitati per altre ragioni e non per il loro orientamento sessuale. Eppure, nel 2010, tre uomini sono stati condannati a morte per sodomia. I paesi dalle leggi più severe non sono di fatto quelli che condannano l’omosessualità maggiormente.
Infatti, l’Arabia Saudita o la Siria sono i paesi in cui la polizia “raramente” arresta i gay. E quando le leggi sono più morbide, le autorità trovano altri mezzi di repressione.
The Economist spiega che in Giordania , ad Amman per esempio, parecchi luoghi di ritrovo gay hanno dovuto chiudere i battenti per la vendita illegale di alcol, cioè per falsi motivi. Anche quando l’omosessualità non è illegale, come in Turchia, la censura ufficiale può essere dura: nel 2010, Selsa Aliye Kavaf, allora ministro della famiglia, ha parlato dell’omosessualità come di una “malattia”.
Indizi di omosessualità, poi, possono essere usati ugualmente nella repressione politica. Dal 1998, il capo dell’opposizione malese, Anwar Ibrahim, è stato condannato parecchie volte per sodomia.
Il giornalista di The Economist cita un esempio inquietante di regressione dei diritti LGBT: l’Irak. Se il regime di Saddam Hussein era molto repressivo politicamente, le abitudini sessuali non interessavano alla giustizia. Dall’invasione americana del 2003 in poi, racconta la rivista Têtu sul sito Rue 89, sempre più uomini sospettati di essere gay , senza un processo regolare, sarebbero presi in ostaggio e torturati a morte. Ali Hili, il leader del movimento iracheno LGBT, intervistato da The Economist, sostiene che, dall’invasione del 2003, più di 700 persone sono state uccise a causa della loro sessualità, facendo dell’Irak la nazione più pericolosa al mondo per le minoranze sessuali.
Fine gennaio, racconta la rivista Têtu, nella Repubblica turca di Cipro del Nord, per la terza volta in otto mesi, due uomini sono stati accusati e imprigionati per aver avuto delle relazioni sessuali. Una condanna per sodomia sulla base di una legge del 1929, vale a dire del periodo coloniale britannico dell’isola. La Repubblica di Cipro del Sud, invece, l’ha abrogata, ma il Nord turco l’applica ancora nonostante le pressioni costanti delle lobbies e delle associazioni LGBT.
In questo contesto , internet potrebbe offrire la sicurezza e la discrezione agli omosessuali, ma essere soprattutto un luogo per poter dibattere circa l’interdizione dell’omosessualità nella religione islamica. Si tratta di un’interdizione recente in quest’ultima.
Infatti, come spiega il giornalista, numerosi racconti e poesie, che risalgono all’xi secolo, raccontano l’amore omosessuale. Vari pensatori musulmani ricordano che il Corano non condanna in niente gli uomini che non sarebbero attratti dalle donne, ma gli attivisti LGBT tentano, ormai, di allontanarsi dal dibattito teologico.
I religiosi musulmani, d’altronde, sostiene sempre il giornalista, sono per la condanna dell’omosessualità, ma condannano sempre più le violenze per indicare la strada dell’informazione e della preghiera in alternativa. Insomma, una forma di progresso.
Testo originale: L’homosexualité masculine en pays islamique