Lettera a mia figlia perché sappia che l’amerò qualunque orientamento avrá
Lettera aperta di Lily Burana pubblicata sul sito della PFLAG, Associazione di famiglie con figli LGBTQ, nel gennaio 2015, libera traduzione di Chiara Spasari
Mia adorata Figlia, mi ero ripromessa di scriverti questa lettera nel caso tu ne avessi bisogno quando sarai più grande, ma pensavo di poter rimandare di almeno un paio d’anni. Adesso, dopo aver appreso del suicidio dell’adolescente transgender LeelahLeelah Alcom, il 28 dicembre scorso, sento l’urgenza di buttarla giù.
Ora come ora, non hai ancora un anno, sei troppo piccola per capire la tragedia di Leelah, che sentendosi isolata e rifiutata dai suoi genitori cristiani, si è gettata sotto al rimorchio di un camion in corsa sull’interstatale 71, diretto a sud, a Union Township, nell’Ohio, in una tranquilla domenica mattina. Aveva appena 17 anni. Da madre, la sua morte mi spezza il cuore. Da cristiana, mi spinge a far sentire la mia voce.
Quando ero incinta di te di pochi mesi e il perinatologo mi disse che le analisi del sangue perinatali “non mostravano segni di cromosoma Y” e seppi che eri una bambina, ero elettrizzata. Nonostante la diffusa opinione per cui “ le femmine sono molto più difficili” e “le bambine portano un mare di guai”, io non vedevo l’ora di dire a tutti: TEAM ROSA! (È una bambina)
Nel soleggiato pomeriggio di primavera in cui sei nata, le infermiere ti hanno avvolta in una copertina e ti hanno messo sulla testina un minuscolo berretto neutro, a righe rosa e blu. Ti hanno portata da me, rosea e urlante. Appena ho iniziato a parlarti, con la mia voce ferma, ti sei calmata e ho realizzato che eri mia figlia.
Ma se si scoprisse che non lo sei? Ma se fossi, in realtà, mio figlio?
L’anno della tua nascita, il 2014 ha assistito a un enorme passo avanti per la visibilità dei transgender. L’attrice Laverne Cox ha aperto nuovi orizzonti diventando la prima persona trans a ricevere una nomination agli Emmy, per il suo ruolo in Orange Is the New Black, e di nuovo quando è apparsa sulla copertina di Time magazine in un articolo sul movimento transgender. La modella Gena Rocera ha raccontato l’ illuminante vicenda del suo coming out in una conferenza, che ha totalizzato 2.5 milioni di visualizzazioni. Le leggi e le politiche aziendali riguardo ai transgender hanno conosciuto finalmente una positiva svolta.
Il suicidio della piccola Leelah, tuttavia, ci rivela che la strada da percorrere è ancora lunga.
Metti che, col passare degli anni, via via che il tuo corpo, la tua mente, la tua identità matureranno, tu scopra che la tua fisicità non si accordi con la percezione che hai del tuo genere. E se, a prescindere dal corpo femminile, ti sentissi maschio? O di non avere un tuo genere? Come ti crescerei? Come ti amerei?
Allo stesso modo. Ti crescerei e ti amerei allo stesso modo.
Secondo un messaggio postato su Tumblr da Leelah— che ora è stato disattivato, ma i cui contenuti sono stati salvati da coloro che si dedicano a tenerne vivo il ricordo— quando Leelah rivelò ai suoi genitori di essere transgender sua madre, dichiaratamente cristiana, “reagì in maniera estremamente repressiva, dicendo (a Leelah) che quella era una fase, che non sarebbe mai diventata veramente una ragazza, che Dio non commette errori, che (lei) si sbagliava”. Poi arrivò il suo blocco sui social e i tanti terapisti (cristiani) che dicevano a Leelah di essere “egoista e in torto” e che Leelah “doveva chiedere aiuto a Dio”.
Il Primo Comandamento nell’educazione dei bambini è di allevare il figlio che hai, non il figlio che vorresti avere. Non riesco a pensare ad un torto più grande del rifiutare un bambino per quello che è veramente.
Neanch’io credo che Dio faccia errori: i bambini trans meritano di essere trattati come esseri divini, non come malattie. Devono essere allevati e supportati, non curati. La terapia di conversione (ndr per vuol provare a fare diventare eterosessuali le persone LGBT) ha un indice di successo disastroso e l’isolamento a cui spinge, cme è stato più e più volte dimostrato, è fatale. Come risulta ovvio dalla prima riga del messaggio di Leelah: “Se stai leggendo, significa che mi sono suicidata…”.
Sia chiaro, figlia mia, ti stiamo crescendo in una casa cristiana, per quanto multiconfessionale. Una croce celtica presbiteriana è appesa nell’ingresso principale e il crocifisso d’oro di famiglia, che hai indossato al tuo battesimo cattolico, è conservato in un carillon sulla cassettiera della tua cameretta.
Dovesse il tuo cammino essere simile a quello di Leelah, voglio che tu sappia che sì, puoi chiedere aiuto a Dio.
Non per aiutarti a superare la tua condizione di transgender ma, semmai, per trovare un sostegno che ti aiuti nella lotta al pregiudizio che riscontrerai verso di essa.
Qualche anno addietro, la canzone “Brave” di Nicole Nordeman è stata una grande hit nella radio cristiane.
“Immobile, per così tanto tempo
Penso che mi lascerò andare
Mi fate venire voglia di essere coraggiosa”.
Questi versi descrivono esattamente come io vorrei che tu ti accostassi a Dio— come a un supporto per diventare chi davvero vuoi essere, un posto sicuro nel corso di un viaggio insidioso.
Non essendo la radio cristiana solitamente nota come una fucina di politiche di genere progressiste, francamente dubito che chi ha scritto la canzone si proponesse di realizzare un inno per i transgender, ma se dovesse quello essere il tuo destino, possa tu vedere Dio come tuo alleato, non come un avversario, che ti possa aiutare a essere coraggiosa. Ci sono Chiese, organizzazioni e religiosi che ti accoglieranno senza riserve.
Spero che col passare del tempo, l’accoglienza possa diventare l’essenza dominante dei cristiani americani, in luogo della rigida struttura, ottusa, mossa dalla paura che sembra predominare oggi. Come molti altri credenti, sono davvero molto, molto stanca dell’intolleranza e dell’ostinata ignoranza mascherata da principi cristiani. Avevo quasi rinunciato per questo motivo alla Chiesa, ma recentemente ci ho ripensato. La rinuncia ha iniziato a sapermi di rassegnazione e ho deciso che preferisco cercare di costruire ponti invece di tagliarli.
(Ti chiederai come abbia avuto io il tempo di scrivere questa lettera mentre eri sotto la mia custodia : digitavo freneticamente mentre tua zia, pastore presbiteriano, ti accudiva. Dopo averti intrattenuto con una stramba playlist sull’iPhone di classici da ludoteca per bambini, come “The Farmer in the Dell,” vivaci canzoncine da campo estivo cristiano, ti ha letto un libro che ti ha portato in regalo “La prima Bibbia illustrata per bambini” da lì la citazione: Gesù ama tutti i bambini del mondo—sottolineatura mia.)
Tu sarai sempre mia figlia, ma la tua identità sarà sempre solo tua.
Se crescendo diventassi un aitante giovanotto, il tuo papà militare ti insegnerà a lucidare a dovere uno stivale di pelle nera.
Se finissi per diventare una donna che punta in alto, io farò luccicare le tue ali. Se il giorno del tuo matrimonio dovessi trovarmi a raddrizzarti la cravatta invece che a lisciarti il velo, lo farò con il più grande orgoglio e, sono sicura, con più di qualche spudorata lacrima. (Ti avverto però: che tu diventi una femminile ragazza etero o una mascolina bisessuale o una trans queer, probabilmente ti tormenterò per avere un nipotino o due. Mi spiace, piccola. Nessuno è perfetto!)
Alla fine del suo messaggio di suicidio, Leelah scriveva, “L’unica condizione in cui riposerò in pace è che un giorno i transgender non siano trattati come me, che siano trattati da persone, con dei sentimenti legittimi e diritti umani. Si dovrebbe parlare di genere nelle scuole, il più presto possibile. La mia morte deve essere aggiunta alla statistica delle persone trans suicidatesi quest’anno. Vorrei che qualcuno guardasse quelle cifre e dicesse “che casino” e le sistemasse, migliorando la società. Per favore.”
Come madre, come attivista, come cristiana, farò del mio meglio. E non sono la sola.
Jack Kerouac diceva “Nient’altro conta al mondo se non la gentilezza della grazia, dono di Dio alle persone sofferenti.”.
Nella sua spaventosa perdita, la grazia rende questa un’opportunità per attivarsi per il cambiamento, per educare, per affermare l’essenziale bontà della Cristianità.
Mia splendida bambina, possa tu conoscere sempre l’amore per quella che sei. Se non sarà il mondo ad assicurarti questo amore, sappi che almeno da me lo avrai sempre.
A Leelah, ad ogni anima transgender, gender fluid o pansessuale, faccio questa promessa: forse non riuscirò a migliorare la società, ma non smetterò mai di provarci. Dio mi sia testimone.
Ti amo per sempre. Tua madre Liz Owen
*Questo pezzo, della scrittrice Lily Burana, è stato originariamente pubblicato da Dame Magazine. Grazie a Dame e alla sig.ra Burana per averci consentito di condividerlo con voi qui su A Note to My Kid. Per sapere di più sulla sig.ra Burana, seguila suTwitter: @LilyBurana.
Titolo originale: a letter to my (possible) Son… from Mom